«Il nostro processo amministrativo telematico è all’avanguardia nel mondo, vantiamo il 100% dei ricorsi presentati telematicamente». Filippo Patroni Griffi, Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, analizza la situazione della giustizia amministrativa e le nuove sfide da affrontare, a partire dallo smaltimento dell’arretrato e all’eccessiva durata dei procedimenti, «che hanno provocato un calo di fiducia nella giustizia da parte dei cittadini». Un problema, questo, di cui «politica e magistratura devono farsi carico sinergicamente».

Presidente, anzitutto proviamo a fare un quadro dello stato della giustizia amministrativa. I problemi dell’arretrato e della durata dei procedimenti sta trovando una risposta?

Distinguiamo i due problemi: la durata dei procedimenti si sta abbreviando grazie anche alle innovazioni contenute nel Codice del processo amministrativo e ad alcune misure organizzative interne che mirano a una maggiore specializzazione delle Sezioni e alla previsione di udienze tematiche. Questo, però, vale soprattutto per le cause di rilevanza economica che sono soggette ad un rito accelerato e per le cause più recenti. Resta, invece, il problema dell’arretrato che - pur essendosi sensibilmente ridotto negli ultimi anni grazie anche ai nuovi riti specialiincide ancora negativamente sulle statistiche relative alla durata dei processi. Stiamo rispondendo con un piano straordinario di smaltimento, già deliberato dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, e con le mi- sure organizzative di cui parlavo. Dobbiamo, tuttavia, tener conto che, fino al 2016, la Magistratura amministrativa ha dovuto fare i conti con una scopertura di organico del 40%.

Il nuovo processo amministrativo telematico sta portando risposte soddisfacenti?

Il nostro processo è all’avanguardia nel mondo. Lo dimostrano i dati divulgati a fine settembre nel corso dell’incontro internazionale dell’AIHJA, l’Associazione internazionale che mette in rete le Alte Corti Amministrative di ben 89 Paesi del mondo. I dati italiani del Processo Amministrativo Telematico parlano di oltre 170 mila depositi tra ricorsi e documenti, con soli 16 mila non andati a buon fine. Dal raffronto con gli altri Paesi emerge che è la Finlandia con l’ 85% ad avvicinarsi al Paese più virtuoso che è l’Italia, che vanta il 100% dei ricorsi presentati telematicamente; segue la Francia con il 60% in primo grado, il 90% in secondo grado e il 70% in ultimo grado.

La collaborazione con l’avvocatura può essere una risposta? In che cosa sarebbe necessario un maggior dialogo tra uffici e difesa?

La sinergia con l’Avvocatura è fondamentale. Per l’avvio del PAT, per esempio, è stata vitale la continua interlocuzione con l’Avvocatura, che ne è protagonista. Così è stato anche per l’elaborazione del decreto sulla sinteticità degli atti. Più in generale, credo che il processo sia un luogo di confronto tra tutti gli attori e che questo confronto debba avvenire con lealtà, e soprattutto, comprendendo sempre le ragioni dell’altro. La giustizia amministrativa, peraltro, vanta questa tradizione di ' leale collaborazione'.

Tra le maggiori critiche mosse, soprattutto dai privati, alla giustizia amministrativa, è l’onerosità del contributo unificato. E’ sbagliato parlare di giustizia per ricchi?

La questione è delicata. Va premesso che la giustizia, come tutte le risorse, è limitata, e quindi, inevitabilmente accedervi ha un costo. Del resto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto legittimo il contributo. Naturalmente c’è un problema di quantificazione e questo deve essere ancorato saldamente ai valori economici in gioco. In altri termini, se la causa ha un grande valore economico, tutto è proporzionato: dai costi della difesa a quelli delle eventuali consulenze, fino ai costi di accesso al giudice.

Allargando l’analisi alla situazione della giustizia in Italia, lei ritiene si viva in un momento storico complesso nel rapporto del cittadino con la giustizia?

Sembra esserci questo calo di fiducia. Credo dipenda, essenzialmente, da due fattori: dai tempi troppo lunghi dei processi e dalla frammentazione del quadro normativo che non dà più certezze. E’ un problema di cui deve farsi carico la politica, e quindi il Legislatore, ma anche noi giudici, che non possiamo aspettare che la soluzione arrivi sempre dagli altri. Naturalmente si pone un problema di equilibrio tra i poteri e di rispetto dei ruoli. Il sistema è fatto a vasi comunicanti: dove arretra la politica, avanza il giudice. Quando la politica esercita pienamente il proprio ruolo, la supplenza del giudice viene meno.

Quali strumenti sarebbero necessari per aumentare la fiducia di privati e imprese?

E’ essenziale ridurre i tempi, per dare una celere risposta ai cittadini e agli operatori economici. L’incertezza deriva dalla pluralità delle fonti nazionali e sovranazionali e dalla complessità dei fenomeni sociali che devono essere regolati. Una risposta può essere quella del rafforzamento della nomofilachia delle Corti Superiori, cioè degli indirizzi che queste Corti forniscono agli orientamenti giurisprudenziali, per assicurarne una maggiore prevedibilità.

Lei è stato ministro del Governo tecnico di Mario Monti. E’ in corso, secondo Lei, un conflitto tra poteri dello Stato, in particolare tra giustizia e politica?

Le tensioni tra giustizia e politica sono fisiologiche. In particolar modo, per quanto riguarda il giudice amministrativo che da sempre svolge un ruolo di sostanziale controllo sulla legittimità dei pubblici poteri. Non mi sembra, però, che ci sia in atto un conflitto. Le sentenze per loro natura sono divisive, perché risolvono un conflitto a favore di una parte e a danno dell’altra. Tutte le sentenze, del resto, possono essere criticate sia dalla politica che dall’opinione pubblica. L’importante è non delegittimare mai il giudice e l’Istituzione.

Che cosa sarebbe necessario fare per depotenziarlo?

Che ognuno facesse la propria parte….