«Il nuovo Testo Unico sulla dirigenza? Alla prova dei fatti non serve quasi a nulla considerato che nella nomina dei capi degli uffici la discrezionalità del Consiglio superiore della magistratura è totale. E lo dimostreremo con il sondaggio online!».

Rispondono in questo modo le toghe di Autonomia& Indipendenza, la corrente fondata dall’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo al vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che solo il giorno prima aveva rivendicato le scelte fatte dall’attuale consiliatura in tema di incarichi direttivi. «Basta con gli attacchi demagogici basati su valutazioni prive di motivazioni - aveva dichiarato Legnini - e basta anche con le polemiche strumentali: le 720 nomine fatte in questi tre anni sono state largamente condivise». «I magistrati la smettano di fare polemiche sulle mailing list associative in quanto producono solo il risultato di delegittimare il Csm e la magistratura agli occhi della collettività», aveva poi tagliato corto il vicepresidente del Csm.

Di tutt’altro avviso Davigo e i suoi, da sempre molto critici con l’attuale sistema di scelta dei vertici degli uffici giudiziari, caratterizzato - a loro avviso - non dal merito ma da logiche spartitorie fra le correnti della magistratura. «Sono stati nominati presidenti di Corti di Appello colleghi che non hanno mai svolto un giorno con funzioni di appello; abbiamo visto nominare direttivi o semidirettivi troppi magistrati provenienti direttamente da prolungati fuori ruolo che hanno scavalcato colleghi con esperienze organizzative ben più pregnanti svolte tutte nell’ambito della giurisdizione; abbiamo visto nominare procuratore aggiunto un collega che faceva il giudice civile e non svolgeva da quasi dieci anni funzioni penali; abbiamo visto in più occasioni gli ultimi candidati per anzianità scavalcare colleghi anche con dodici anni di servizio in più, con motivazioni non comprensibili», scrivono le toghe di A& I presentando la loro consultazione online. «Decisioni incomprensibili - proseguono i davighiani - che hanno suscitato le proteste di molti magistrati, a volte con lettere ufficiali inviate al Csm, a volte con decine e decine di mail di stupore e di denuncia delle ingiustizie perpetrate» . Per dimostrare, dunque, che la meritocrazia è esclusa nella scelta dei vertici degli uffici giudiziari, da ieri è stata attivata la petizione digitale fra tutti i magistrati italiani. Il sistema ricorda molto da vicino le consultazioni del Movimento 5 Stelle. È necessario registrarsi alla piattaforma Wufoo, il form builder che permette di condurre un sondaggio online. Dopo essersi profilati, bisogna rispondere ad una serie di quesiti, 5 per la precisione. Di questi, 4 sono un ritorno al passato, puntando alla reintroduzione del criterio dell’anzianità di servizio per il conferimento degli incarichi di vertice che possono essere attribuiti a magistrati giovani «solo in casi eccezionali e se dotati di curricula giurisdizionali di spiccato rilievo oggettivo». Se fosse in vigore questo criterio, va detto, la quasi totalità dei vertici delle procure e dei tribunali non sarebbe al suo posto. Dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo a quello di Palermo Francesco Lo Voi, tanto per fare due esempi molto conosciuti. Il quinto quesito è all’insegna della trasparenza: «Sei favorevole, per tutte le procedure concorsuali espletate dal Csm, a prevedere la pubblicazione sulla rete intranet del Consiglio dei curricula di tutti i concorrenti?». Al momento non è previsto un termine per effettuare la votazione.

E nessuno azzarda previsioni sull’esito. Una riflessione, però, può essere fatta. Considerando l’età media di ingresso in magistratura, queste regole se approvate taglierebbero le gambe ai magistrati più giovani che mai potrebbero aspirare ad un incarico di vertice. Basare la scelta dei vertici dell’ufficio sul criterio dell’anzianità di servizio è, nella società attuale, anacronistico. Tale criterio sopravvive solo in ambito militare dove i criteri di avanzamento sono ancora dominati da regole ottocentesche.