«Con la xenofobia, non con il razzismo, attenzione, si deve fare i conti. E si deve considerare il crescere di un’ostilità verso lo straniero risvegliata dalla crisi economica e da una crisi della stessa concezione universalista dell’illuminismo. Eppure io credo che la politica possa ancora riscattarsi, mostrare la propria autonomia dal linguaggio dei sondaggisti e delle tv, e approvare con uno scatto di reni lo ius soli». Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani del Senato, è in tensione su un tema, quello del rapporto con l’altro inteso come straniero, che lo ha spinto a scrivere un libro analitico ma denso di preoccupazioni, Non sono razzista, ma. Un lavoro pubblicato con Federica Resta e segnato da un approccio sociologico originale. La tensione non gli fa perdere speranza in una svolta sul riconoscimento della cittadinanza a chi cittadino italiano lo sarebbe già nei fatti. Prova a svegliare il governo e la maggioranza con uno sciopero della fame a staffetta che inizia oggi. La lotta vede coinvolti «almeno 30 senatori e 40 deputati, abbiamo già due sottosegretari, Benedetto Della Vedova e Angelo Rughetti: raccoglieremo firme e ci batteremo affinché non si chiuda lo spiraglio».

D’accordo, senatore. Ma in- tanto nel suo libro scrive che il prurito xenofobo si insinua e che la politica non sa eliminarlo.

Primo: la tentazione xenofoba ha forse un suo radicamento lontano, quanto meno ha una sua storia antropologica, e ora l’ansia diffusa dalla crisi la ripropone. C’è un altro elemento di novità: i sistemi di valori che hanno accompagnato la storia europea negli ultimi secoli, l’illuminismo e la democrazia, si mostrano inadeguati a respingere il ripiegamento etnocentrico. Però non è che la politica strettamente intesa sia estranea a tale processo.

Che intende dire?

La destra ha sicuramente saputo lavorare sullo spazio in cui si accumula l’ansia collettiva, lo osservo dalla fine degli anni Ottanta. Nello stesso periodo non ho notato alcuna particolare iniziativa di segno contrario da parte della sinistra. Va anche detto che neppure la Lega può essere ridotta a partito xenofobo: la sua sostanza non è semplificabile in quello. Come italiani, e italiani di sinistra, potremmo dirci fortunati ma inerti.

Ergo lo ius soli non passerà mai?

Se lo dicesi io perderebbe di senso lo sciopero della fame a staffetta che intraprendo proprio oggi. Ma prima di trarre conclusioni sul suo quesito vorrei dire cosa finora la politica non ha fatto.

Prego.

C’è un dato che precede ogni insulto, ogni offesa calderoliana, ogni gergo da osteria o ammiccamento un po’ lascivo un po’ offensivo. Quel dato, che è la causa di tutto il resto, è nella sproporzione tra il numero complessivo dei comuni italiani, 7972, e il numero dei comuni che aderiscono al Servizio di protezione per i richiedenti asilo, lo Sprar, che è di appena 1300. È chiaro che se il peso oggi sopportato da questi ultimi ricadesse sull’intero Paese, la gestione dell’accoglienza sarebbe assai meno affannosa. Concordo sulla richiesta dell’Anci: l’adesione allo Sprar sia volontaria. Ma qui, per estendere la platea delle adesioni, deve intervenire la politica vera.

Nel suo libro, l’odio razzista diffuso via internet resta ai margini.

Vero, è una scelta chiara: non intendevamo proporre un libro antirazzista. Non ci interessava dunque rispondere agli insulti. E anzi, dare del razzista a chi usa un certo linguaggio induce l’interlocutore a radicarsi nel proprio atteggiamento. Piuttosto, il segnale che arriva dall’opinione pubblica e dalla stessa politica, oggi, è una richiesta d’aiuto: aiutateci a non essere razzisti.

Tre settimane fa il Cnf ha riunito a Roma tutte le avvocature dei G7: l’odio diffuso attraverso i social media è un fattore disgregativo per la stessa democrazia, è stato l’assunto condiviso da tutti.

Verissimo, concordo in pieno. L’odio abbatte la possibilità di trovare mediazioni, quindi la dialettica della democrazia. Ma ripeto: è la conseguenza, non la causa, di un’inerzia della politica.

Ma la politica pare terrorizzata dall’idea di mettersi contro i sondaggi e la tv, in materia di accoglienza.

Sono pronto a giocarmi tutto sul fatto che qualora il segretario del Pd facesse una battaglia sullo ius soli fino a porre la fiducia, guadagnerebbe un notevole vantaggio in vista delle prossime elezioni. Dimostrerebbe che il suo partito persegue gli obiettivi e li raggiunge, e che sa sottrarsi al ricatto di alleati pavidi.

E se non andasse così?

Vorrebbe dire che la politica è segnata in modo profondo dalla pusillanimità. Che è vittima delle proprie ansie, incapace di qualunque autonomia, che è subalterna ai sondaggisti, ai messaggi televisivi e persino alla platea internettista. Iniziamo lo sciopero della fame proprio perché, a quest’idea, non intendiamo rassegnarci.