Sul Corriere della Sera di lunedì, Angelo Panebianco ripropone la questione della dicotomia destra/ sinistra come reperto d’antiquariato politico che sarebbe giusto e opportuno abbandonare relegandola all’archeologia del secolo scorso. Tesi, appunto, tutt’altro che nuova ma che Panebianco condisce con una spezia di stretta attualità: a riprova della loro inutilizzabilità, infatti, se all’indomani delle prossime elezioni ci fosse una maggioranza Lega- Cinquestelle, sarebbe impossibile definirla sulla base di quelle categorie d’antan. Insomma destra e sinistra pari sono: specificatamente nell’inservibilità.

Al quesito di Panebianco si potrebbe replicare sottolineando che l’eventuale intesa Carrocciogrillini - non solo in Italia ma in tutto il resto del mondo - tra le tante formule identificative mai e poi potrebbe essere etichettata come di sinistra. Lasciando così’ intendere che resterebbe un vasto campo politico con dentro non solo, ma anche e soprattutto, la sinistra che considererebbe quella maggioranza politicamente e programmaticamente altro da sè. Cer- to, ciò che non si è non basta a stabilire il proprio profilo politico: però è indubbio che aiuta. Anche i cittadini ad orientarsi.

Tuttavia è legittimo immaginare che la critica “nominale” di Panebianco ne sottenda un’altra assai più corposa: quella per cui se ci si ostina a leggere le differenziazioni politiche e sociali con le lenti di cento e più anni fa non solo si fa un errore ma ci si autoimpedisce di capire le evoluzioni della società, sbagliandone diagnosi e terapia. Destra e sinistra risultano così il riflesso di un passatismo che non passa: al contrario, colpevolmente blocca. Il mondo “nuovo”, quello contraddistinto dalla globalizzazione, rifiuta entrambe quelle etichette, si ribella ad esse. Insistere a volerle usare è sintomo di un’anchilosi mentale fuorviante e perdente.

Non sono pochi coloro che sostengono le ragioni di Panebianco. Assai meno quelli che le contestano: temono forse di finire nel ripostiglio della Storia. Ma invece è proprio la Storia a fornire dovizie di elementi a sostegno dell’importanza e attualità della divisione destra- sinistra, e di come chi ne invoca l’abbandono invece che un passo avanti nella comprensione dei fenomeni in atto ne compie due o più indietro. Destra e sinistra sono categorie ideali prima ancora che politiche che affondano le radici nel modo in cui le società nel corso dei secoli si sono andate strutturando. Senza voler troppo approfondire, la primazia alla giustizia sociale, ossia ad un criterio che privilegi la ripartizione delle risorse economico- finanziarie e sociali in senso lato secondo meccanismi di sostengo ai più deboli, da sempre caratterizza partiti, movimenti, associazioni di sinistra. Mentre l’accento sulle garanzie di tutela della libertà individuale all’interno di regole comunitarie condivise ma mai così stringenti da reprimere l’iniziativa del singolo, è tipica di strutture ideali e politiche di destra. E’ ovvio e anche giusto che nel corso del tempo contenuti e articolazioni nei due schieramenti siano cambiati, e anche che idee e concezioni nate all’interno di uno dei due contenitori si siano poi travasati nell’altro, spesso con effetti improvvidi. Ma, indubitabile, resta che quel discrimine non è frutto di improvvise pensate: piuttosto il risultato di diverse, a tratti anche opposte, concezioni del modo di funzionamento delle società. C’è un mondo di opzioni ideali e di valutazione dei bisogni umani che sottende ed alimenta il discrimine destra- sinistra.

Quella dicotomia, perciò, è un patrimonio della storia: se non il più importante e significativo, poco ci manca. Non a caso, chi ne teorizza il superamento sono proprio i Cinquestelle e grandissima parte dei movimenti populisti che oggi vanno per la maggiore. Lo fanno perché hanno l’obiettivo di cancellare la storia convinti di essere depositari di una modalità altra di concepire il governo del mondo. Cos’altro è, infatti, l’adorazione del totem della Rete se non l’idea che l’articolazione politica e sociale fin qui adottata va abbandonata per inseguire forme completamente nuove o addirittura opposte di aggregazione sociale e di ripartizione del consenso politico? Ma la critica al grillismo è solo un aspetto, pur se rilevante. Cancellare destra e sinistra, ancorché impossibile visto che miliardi di persone insistono a collocarsi su quello spartiacque, relativizzerebbe fin quasi a farla evaporare la discriminante che ha reso l’umanità ciò che è nel tragitto dalla vita nelle caverne fino ai viaggi interstellari. Prima di dire che non serve più, meglio pensarci alcuni secoli ancora.

UN DISCRIMINE PRODOTTO DALLA STORIA: CHI PENSA CHE SI TRATTI DI CATEGORIE SORPASSATE INVECE DI UN PASSO AVANTI NE RISCHIA DUE INDIETRO. E’ LA STRADA DEI POPULISMI