«Di giustizia si rischia di morire. Eppure non è una notizia. Nonostante i media, la tv, siano invasi dai processi, un fatto assolutamente drammatico come l’aggressione subita nel tribunale di Perugia da due magistrati e da un cancelliere è trattata come un episodio marginale». Eugenio Albamonte è presidente dell’Anm da circa 6 mesi. Sono bastati a farne conoscere l’equilibrio e la misura nei toni. Stavolta, pur senza mettere una parola fuori posto, risponde al telefono senza riuscire a nascondere l’enorme preoccupazione. Lunedì mattina, infatti, il 53enne Roberto Ferracci si è inoltrato con un paio di coltelli in tasca all’interno del tribunale di Perugia. Ha individuato la stanza della giudice fallimentare Francesca Altrui, titolare di un procedimento su un immobile appartenuto alla famiglia dell’aggressore. Ferracci ha tentato di uccidere la dottoressa Altrui con fendenti alla schiena. L’hanno salvata un altro magistrato, Umberto Rana, e un impiegato intervenuti e feriti a loro volta. Il primo in particolare è stato colpito al petto e in modo abbastanza grave da imporre il ricovero.

Tragedia davvero evitata di un niente, presidente Albamonte.

I colleghi e il cancelliere sono vivi per miracolo.

Il Paese che si vanta di prevenire il terrorismo non impedisce di accoltellare chi lavora nei palazzi di giustizia: com’è possibile?

Ci troviamo a fronteggiare un rischio assai diverso da quelli del passato. Sicuramente i nostri sistemi di sicurezza si sono specializzati nella tutela del singolo magistrato particolarmente esposto. Ma oggi ci si trova di fronte a un tipo di pericolo completamente diverso. Che riguarda chi esercita la quotidiana amministrazione della giustizia in settori quasi sempre di ambito civilistico, finora non considerati a rischio. È chiaro che si debba cambiare sistema.

In che modo?

Vanno predisposti in tutte le sedi giudiziarie sistemi di vigilanza, di controllo, strutture come i metal detector, che siano in grado di proteggere chiunque lavori all’interno di un ufficio giudiziario. Parliamoci chiaro: verifichiamo ancora gli effetti di una crisi economica che innesca sfoghi violenti imprevedibili, episodi che possono costare la vita a qualsiasi magistrato, cancelliere o avvocato.

Magistrati, avvocati e cancellieri di Perugia sono in assemblea: l’Anm umbra potrebbe proclamare un’astensione?

Intanto ribadisco: l’aggressione è arrivata a un millimetro dal costare la vita ai due colleghi e all’impiegato: parliamo di coltellate all’altezza della colonna vertebrale e al petto. E proprio perché si tratta di una tragedia sfiorata, sono sconcertato e davvero allarmato per come i media se ne occupano.

I fatti non sono stati riportati nella loro gravità?

C’è stata un’attenzione davvero scarsa. Come se ci si fosse assuefatti a questo genere di tragedie, come se l’aggressione in cui nel 2015 sono rimasti uccisi un avvocato, un magistrato e un consulente del Tribunale di Milano fosse il paradigma di una sequenza divenuta ormai banale. Assurdo.

Come se lo spiega?

Con il fatto che il sistema mediatico riporta le vicende giudiziarie solo se si prestano alla spettacolarizzazione. Se un processo è adatto a costruirci sopra una trasmissione televisiva se ne parla, altrimenti non esiste. Non esiste, per i media, la quotidiana amministrazione della giustizia. Che è fatta di procedimenti forse poco adatti allo show ma portatori di un significato per la vita delle persone. E visto che non c’è attenzione per il servizio in sé, finisce per diventare irrilevante anche un fatto drammatico legato a quel servizio. Siamo in costante contatto con i magistrati di Perugia e con la sezione dell’Anm, pronti a sostenerli in ogni iniziativa che decideranno di assumere.

In una nota il gruppo associativo di cui anche lei da parte, Magistratura democratica, chiama un causa la delegittimazione diffusa, l’odio nei confronti di qualsiasi istituzione. Un virus moltiplicato innanzitutto dai social media, come ricordato nell’incontro che le avvocature dei G7 hanno tenuto a Roma su questo tema.

Ho partecipato personalmente all’incontro delle avvocature e condivido l’allarme per il generale diffondersi dell’odio in rete. Ma nello specifico questo linguaggio si innesta su una campagna anti- magistrati condotta nel tempo anche, anzi soprattutto attraverso i media tradizionali, da alcuni quotidiani per esempio. Non a caso proprio sulla bacheca facebook di un giornale si leggono in queste ore appelli deliranti a fare ‘ santo subito’ l’accoltellatore di Perugia.

La campagna d’odio contro i magistrati non è un fatto recente, dunque.

Direi proprio di no. Si è propagata in modo anche sottile per anni. Mi riferisco ad attacchi mediatici spesso mirati su singole vicende ma che hanno contribuito ad alimentare un’ostilità profonda e diffusa nei confronti dell’intera magistratura.

Dopo la tragedia di Milano la sicurezza nei Tribunali è stata centralizzata. Sarebbe meglio riportare i carabinieri al posto della vigilanza privata?

Si può discutere se le forze di polizia tradizionali siano da preferire al privato, io intanto constato che a Perugia mancava qualsiasi servizio di sicurezza. Solo dopo l’aggressione è intervenuto un presidio che si è spostato dal palazzo di fronte. Mi pare inspiegabile che mancasse una vigilanza permanente e un banale sistema di metal detector. Tanto più che i collegi in assemblea segnalano come nel recente passato si fossero già verificati episodi allarmanti. Non spetta a noi magistrati analizzare le cause, ma è evidente che gli effetti sono inaccettabili.

Tra magistrati e avvocati si rafforza il dialogo ma purtroppo anche la comune preoccupazione per la sicurezza nei tribunali.

Mi fa piacere constatare come i rappresentanti dell’avvocatura si siano stretti ai colleghi di Perugia, pronti a condividere ogni possibile iniziativa di sensibilizzazione. In un quadro di distacco sconcertante dalla giustizia quotidiana e dai suoi possibili drammi, almeno questo è un segnale di speranza.