«Sarebbe il caso di rivedere i benefici della pena!». A dirlo è il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini in merito alle polemiche scaturite dalla notizia secondo cui il tribunale di sorveglianza ha concesso un permesso premio di una settimana, in regime di libertà vigilata a Marino Occhipinti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della guardia giurata Carlo Beccari durante un assalto da parte della famigerata banda della Uno Bianca a un furgone portavalori davanti alla Coop di Casalecchio. «Lo stupore e il dolore delle vittime è umanamente comprensibile – spiega il magistrato Giovannini - ma le leggi in vigore devono essere applicate dai magistrati. Oggi ha ragione il Ministro Orlando: dopo più di venti anni di reclusione certi benefici si possono ottenere». Ma poi aggiunge: «Se poi la sensibilità culturale è mutata rispetto al tempo della loro emanazione, nulla vieta di modificarle». Quindi, secondo il magistrato, sarebbe preferibile modificare i benefici della pena per assecondare il malcontento delle persone. Il procuratore continua la sua riflessione mettendo sul tavolo anche delle proposte: «Più in generale e quindi non riferendomi al fatto di cronaca spiega Giovannini - da anni ormai penso che il vero problema dell’esecuzione penale sia la mancanza di certezza della pena. Alle volte condanne anche severe, dopo qualche anno, agli occhi dell’opinione pubblica sembrano come evaporare. Penso in particolare alla liberazione anticipata che comporta notevoli riduzioni di pena per ciascun anno espiato». Eppure, la liberazione anticipata è un istituto giuridico che ha una funzione rieducativa. Consiste nella detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena detentiva scontata. Il suo presupposto è che il condannato abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione nel semestre considerato. È rieducativo perché è diretto a stimolare il condannato a intraprendere e a proseguire il percorso di risocializzazione, consentendogli di riacquistare anticipatamente lo stato di libertà. Inoltre, attraverso tale istituto, si consente un controllo ed una riduzione della popolazione carceraria posto che la prospettiva della riduzione della pena consente la riduzione della pena e, conseguentemente, pone in essere un chiaro effetto deflattivo. La liberazione anticipata è stata anche analizzata e valorizzata durante gli stati generali per l’esecuzione penale che hanno dato il via alla riforma dell’ordinamento penitenziario. Riforma che potrà essere attuata con la votazione dei decreti, oggi esaminati dalle commissioni appena istituite dal ministro della giustizia Andrea Orlando. Il grande Satyagraha promosso dal Partito Radicale che vede la partecipazione di migliaia di detenuti attraverso il digiuno, lo sciopero della spesa e il rifiuto del carrello, è stato indetto anche per chiedere che i decreti per attuare la riforma contengano la norma di portare da 45 giorni a 60 i giorni di liberazione anticipata ogni semestre. L’esatto contrario della proposta avanzata dal magistrato Giovannini che invece vorrebbe addirittura ridurli.

Il magistrato è stato interpellato perché fu il Pm dell’inchiesta e del processo bolognese sulla banda della Uno bianca e, inoltre, si occupa anche di esecuzione delle sentenze di condanna. Va ricordato che parliamo dello stesso magistrato che, a marzo di quest’anno, è stato condannato dal consiglio superiore della magistratura per aver condotto in modo scorretto l’interrogatorio alla farmacista Vera Guidetti, la quale in seguito si suicidò lasciando un bigliettino con su scritto che Giovannini non le aveva creduto e l’aveva trattata come una criminale. Si tratta di una terribile vicenda di due anni fa. La Guidetti, cittadina incensurata, venne rinvenuta cadavere nella propria abitazione bolognese con accanto l’anziana madre ancora agonizzante. Vera Guidetti si era procurata la morte iniettandosi una dose letale di insulina dopo averne iniettata una dose alla propria madre.

Questo avvenne qualche giorno dopo essere stata interrogata proprio dal magistrato Giovannini come testimone in un’indagine su un furto di gioielli. Giovannini è stato condannato dal Csm per aver condotto in modo scorretto l’interrogatorio alla farmacista, visto che la sentì come persona informata sui fatti anziché indagarla e farle nominare un avvocato. Nell’incolpazione il sostituto procuratore generale Mario Fresa ha contestato a Giovannini di non aver sospeso l’audizione, nonostante la donna fosse in evidente stato di agitazione, consapevole della sua effettiva condizione processuale di indiziata che temeva per la sua reputazione. «Le decisioni giurisdizionali si rispettano e non si commentano – aveva dichiarato Giovannini –, nel foro interno della mia coscienza rimango convinto di aver agito correttamente. Farò ricorso in Cassazione».