Il tono non è da crociata moralista. Il dottor Valter Giovannini non si abbandona ad anatemi. Eppure dà una chiara testimonianza di quali idee circolino oggi sul carcere: “Le leggi in vigore devono essere applicate: oggi ha ragione il ministro Or- lando, dopo oltre vent’anni di reclusione certi benefici si possono ottenere. Se poi la sensibilità culturale è mutata rispetto al tempo della loro emanazione, nulla vieta di modificarle…”. Ecco qual è il clima in cui dovrebbero essere introdotte le norme del nuovo ordinamento penitenziario, riforma in attesa dei decreti attuativi. All’articolo 85 quella legge dice che si dovranno superare tutte le condizioni ostative per la concessione dei benefici ai condannati all’ergastolo, categoria a cui appartiene anche il detenuto al centro dell’ultimo caso, Marino Occhipinti, tra i killer della Uno Bianca. Ebbene, Giovannini dice che sarebbe meglio una riforma scritta in direzione opposta.

L’attuale procuratore aggiunto di Bologna fu il pm che sostenne l’accusa proprio contro quella banda criminale. Il che non dovrebbe esimerlo dal conservare la misura nel giudizio che sarebbe lecito aspettarsi da un magistrato. Da chi cioè appartiene a un’élite intellettuale. A volte i segnali che arrivano sono incoraggianti: sono un esempio le parole del nuovo procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio, che alcuni giorni fa ha coraggiosamente parlato di carriere in toga “costruite sulle infamie gettate addosso agli innocenti”. Altre volte dalla magistratura arrivano spinte in direzione opposta: Giovannini propone persino di escludere i periodi di detenzione cautelare dal meccanismo delle riduzioni di pena.

A un’opinione pubblica già molto sollecitata da pulsioni ultragiustizialiste si aggiunge la nonchalance di magistrati che traducono il generico “gettate la chiave” in proposte di controriforma. È questo che lascia increduli: anziché raffreddare il clima, chi è a presidio dei diritti si fa portavoce delle tesi più esasperate. In anni in cui in Parlamento non capita spesso di ascoltare discorsi sensati sulla giustizia, l’elite dei giudici potrebbe dare un contributo di responsabilità. A volte, come con Cartosio, accade. Altre volte, come con Giovannini, viene da pensare che la Costituzione sia davvero esposta al rischio di modifiche nella sua parte decisiva, quella dei principi fondamentali.