«Ma non è la Le Pen e la sua mancata ascesa all’Eliseo il nostro problema. La Lega ha una tradizione chiara: è sempre stata un partito di governo, ci sono le responsabilità assunte dai suoi ministri negli esecutivi a guida Berlusconi. Governa le due Regioni più importanti d’Italia, Lombardia ed Veneto, ora anche la Liguria. Ha un programma di governo chiaro su cui costruire un’alleanza. Detto questo, l’espressione ‘ populisti’ è diventata dispregiativa nell’intenzione altrui, non nella nostra».

Armando Siri è il consigliere economico di Matteo Salvini. È molto lontano da Tremonti perché gli manca l’inaccessibilità tipicamente accademica, ma è lui il ribaltone ideologico del centrodestra proprio perché propone temi cari anche all’ex superministro, solo che lo fa dall’oltreconfine leghista anziché da dentro Forza Italia. Soprattutto, Siri rivendica un linguaggio di rottura analogo al populismo lepenista «soprattutto su alcuni temi, critica all’attuale impianto europeo e recupero di sovranità», ma senza isolazionismi. Un populismo di governo, insomma, che rompe diversi tabù, a cominciare dal Sud.

E certo, il guru del segretario leghista ha una funzione decisiva: dimostrare che Salvini ha un progetto di governo assolutamente compatibile con il partito del Cav. «La nostra flat tax può essere certamente considerata il principale collante del programma comune. Noi diciamo che si può attuare, senza elemosinare a Bruxelles alcuno sconto sui parametri». Come? «Semplice, l’ho scritto in un libro ( Flat tax. La rivoluzione fiscale in Italia è possibile, ndr), che viaggia in paralello con il ddl preparato sempre dal sottoscritto e che spiega con semplicità divulgativa i tecnicismi. Flat tax al 15% vuol dire minori introiti per 63 miliardi». Hai detto niente. «Certo, non è una piccola cifra, ma le spiego come la si recupera. Il principio generale è che si tratta di uno strumento di politica monetaria. Non possiamo stampare moneta, ma lo Stato rinuncia a prendere quei 63 miliardi sotto forma di imposta e li lascia nelle tasche dei cittadini in modo che loro li rimettano nel circuito produttivo e creino occupazione». Non si dovranno chiedere sforamenti all’Ue perché «i conti possono rientrare fin da subito. Innanzitutto con il maggior gettito Iva: non do per scontato che i cittadini spendano in consumi tutti i soldi risparmiati in tasse, ma un 50% sì e con l’Iva al 22% fanno 7 miliardi», spiega Siri. «La crescita dei consumi favorirebbe inoltre l’aumento della base imponibile: se l’operaio può finalmente comprarsi una camicia, negoziante e grossista possono assumere una persona anziché chiudere, e quella persona passa da sussidiato a contribuente: un altro miliardo e mezzo». Siamo ancora sotto i 10 miliardi. «Arriverebbero circa 28 miliardi dall’emersione del sommerso: se le tasse sono fissate in misura giusta, pagare le tasse di- venta giusto e molto conveniente, perché a quel punto chi evade viene colpito in maniera durissima, altro che ravvedimenti operosi. A questo si intreccia il saldo e stralcio universale delle cartelle di Equitalia: se paghi una percentuale sulla tua posizione che va dal 6 al 25 per cento ti chiudi tutto e, se sei un imprenditore inseguito da Equitalia che per questo ha chiuso e si è messo a lavorare in nero, senza nemmeno più un conto corrente, riemergi e torni a essere un contribuente. E intanto arrivano 35 miliardi per il primo e 25 per il secondo anno solo dal saldo delle cartelle». C’è una clausola di salvaguardia per il primo anno, «l’aliquota dal 15 passa al 20% se non si realizzano parte delle previsioni, assai prudenti, di cui sopra: si applica ai redditi sopra gli 80mila euro e alle aziende, fanno 13 miliardi di riserva».

A Berlusconi piacerebbe anche la svolta sui porti: «Con la realizzazione dei grandi assi ferroviari, è la vera carta per il Sud, per la Sicilia innanzitutto: Augusta, ma poi man mano anche Gioia Tauro, Taranto, Napoli, fino a Genova e Trieste, da porti di tranship diventano gateway, cioè possono sdoganare i container. Il valore della movimentazione passa da 700 a 3500 euro a container, dal Canale di Suez ne arrivano 30 milioni l’anno. È una roba che vale 500 miliardi e 5 milioni di posti di lavoro». Benissimo, ma Delrio, tanto per citare il ministro attuale, com’è che non ci ha già pensato? «Si nega lo sdoganamento ai nostri porti per non alterare gli equilibri europei. In cambio della protezione sul made in Italy siamo costretti a questo. Uno dei tanti punti di un’Ue che vogliamo rivedere, non archiviare». Dall’antieuro a un approccio eurocritico ma costruttivo: anche qui si rivede il centrodestra dei primi anni Duemila. Anche qui si passa «dai cinquestelle che parlano solo di anticasta a una proposta di governo. Certo che Salvini parla alla pancia del Paese: ma chi si scandalizza dimentica che quando lo stomaco rumoreggia bisogna far qualcosa per mangiare. È quello che proponiamo noi. Senza abbattere la politica. La vera casta è quella dei burocrati che, a differenza dei politici, non danno conto agli elettori. E poi quella dei veti: per esempio il no dei parlamentari siciliani all’utilizzo, da parte della Sicilia, di tutte le prerogative dell’autonomia. Salvini non li imiterà». Populisti. Ma diversi dai grillini. E compatibili con Berlusconi. Serve altro per capire dov’è che Armando Siri pensa di indirizzare Salvini in vista delle Politiche?