PARADOSSI DELLA LOTTA POLITICA

Se uno dovesse chiedervi di indicare i nomi di due leader che secondo voi sono quelli più impegnati nel contrasto del populismo, quasi certamente, se siete onesti, indichereste i nomi di Angela Merkel e di Silvio Berlusconi. Io, almeno, che pure mi considero una persona fortemente di sinistra, e che ho sempre votato a sinistra e che ho considerato e considero Berlusconi e Angela Merkel esponenti rispettabilissimi di un campo politico molto lontano dal mio, non avrei esitazione a indicare quei due nomi. Due leader di centrodestra. Eppure il populismo è un fenomeno essenzialmente di destra, spesso influenzato dal razzismo, spesso accostato, a torto o a ragione, alle vecchie ideologie antidemocratiche della destra estrema, o addirittura del fascismo. Il Cav e la Merkel ultimi argini al populismo. E la sinistra?

Come si spiega, allora, che l’ultima barriera al dilagare dell’antieuropeismo, della xenofobia, del giustizialismo, del leghismo o del grillismo, sia costituita dai due “colossi” dello schieramento conservatore del nostro vecchio continente? E che la sinistra sia fuoriscena? Ho il sospetto che se troviamo la risposta giusta a questa domanda troviamo almeno un accenno di risposta anche a un’altra domanda molto attuale: come si spiega la quasi scomparsa della sinistra tradizionale in Europa, non solo in Italia?

La sinistra, dopo aver vissuto con un certo panico la fine del comunismo, e con molta euforia la fase vittoriosa del clintonismo e del blairismo ( cioè gli anni novanta), dopo le prime sconfitte subite dai conservatori ha iniziato a sbandare paurosamente e ha perso il suo centro di gravità. E quando poi, in coincidenza con il suo sbandamento ideale, ha assistito alla nascita, in varie forme, di un movimento populista che ha iniziato, in molti paesi, ad invadere il suo campo ( pensiamo all’Italia, prima coi “girotondi”, poi col grillismo, ma anche con la religione “anti- casta”, o con Saviano) ha vacillato ed ha rinunciato al suo ruolo sia politico che culturale. Si è arresa, intimorita dal nuovo avversario. Qui da noi, dal primo vaffa- day in poi, la sinistra, persino quella più moderata, ha assunto un atteggiamento comunque subalterno verso il grillismo, e in genere verso il populismo. Ritenendo di poter sostituire almeno in parte la debolezza della sua proposta sociale ( che una volta era di tipo egualitario e metteva in discussione la struttura del mercato e dell’economia) con una generica denuncia di presunte ingiustizie non più attribuite al sistema economico ma al sistema democratico e ai privilegi della burocrazia politica.

In parte questo processo è avvenuto quasi inconsapevolmente. Guidato da un sistema dell’informazione che da almeno dieci anni ( se non da un quarto di secolo) si è arreso al populismo, soprattutto – ma non solo – al populismo giudiziario. In parte invece è stato un processo consapevole, “scientifico”, e frutto di una scelta. Penso a quel segmento di sinistra che ora ha rotto con Renzi e si è staccato dal Pd su posizioni radicalmente di sinistra e antiliberiste. Che però era lo stesso segmento di sinistra ( D’Alema, Bersani e molti altri) che aveva guidato la svolta liberista della sinistra italiana ( il blairismo, appunto) alla fine degli anni novanta. Questo testacoda - avvenuto senza un ripensamento ideologico, una rifondazione culturale, una autocritica - non poteva non avere conseguenze. E la conseguenza principale è stata quella di trovarsi come travolti da un gorgo, che era il gorgo populista, dal quale non si riesce ad uscire, perché non si possiedono gli strumenti intellettuali necessari. E però quel gorgo è guidato non da una intellettualità robustamente di sinistra, ma da Di Battista, o Di Maio, o addirittura da Travaglio e talvolta persino da Salvini.

E la sinistra moderata? Anche la sinistra moderata è intimorita. Di sua natura aborre il populismo. Però, essendone continuamente bersaglio, spesso ha paura ad affrontarlo di petto. Lo accarezza, lo schiva se può, prova a rabbonirlo. Se i populisti le chiedono di acconsentire all’arresto di un senatore di centrodestra, dice di si. Così come disse di si alla cacciata di Berlusconi dal Senato. Se le chiedono di liquidare un ministro perché sotto inchiesta, o comunque sotto il tiro dei giornali, dice di sì. Si finge saintjustiana. Persino se si trova coinvolta nello scandalo montato dai giornali e da un pezzo di Procura di Napoli ( parlo del caso Consip) non osa gridare, sfidare all’arma bianca gli aggressori. Cerca un accomodamento.

Ecco perché solo i leader della destra restano in pedi e si propongono come argine esclusivo al populismo. Sono in grado di vincere da soli? Temo di no. Temo che se almeno un pezzo del mondo di sinistra non si desta in fretta e torna al suo posto di combattimento, Berlusconi e la Merkel non ce la faranno. Vinceranno i reazionari. E scriveremo nei libri di storia che i reazionari dilagarono perché la sinistra aprì loro le porte.