Necessarie, ma complesse a tutte le latitudini. Si è svolto ieri al Consiglio Nazionale Forense il convegno internazionale dal titolo “Le riforme della geografia giudiziaria in Europa”, con l’obiettivo di analizzare le riforme di sistema di altri paesi europei, per provare a trarne alcune indicazioni di metodo utili anche per il sistema italiano.

DANIMARCA

La giudice Gerd Dahl Sinding, dei distretto di Glostrup, ha spiegato la riforma danese, datata 1 gennaio 2007. «E’ stato un cambiamento drastico, perchè la riforma è stata implementata in un solo giorno», ha spiegato. La riforma ha ridotto da 81 a 24 le corti distrettuali, perchè il sistema precedente più capillare era costoso e complesso da gestire, considerando che alcune corti avevano anche solo un giudice. La riforma ha anche previsto la costruzione di nuove corti per ogni nuovo distretto. «Sono serviti circa due anni perchè il sistema ritornasse a regime, anche con la totali informatizzazione», ha concluso la relatrice.

OLANDA

Robert van der Laand, membro del consiglio giudiziario olandese, ha spiegato che, con la riforma del 2013, l’Olanda ha ridotto i distretti da 19 a 11, riducendo della metà anche i posti di vertice dirigenziale. Pre riforma, alcuni distretti con- tavano anche solo 4 giudici, ora il minimo è 20. «Con l’aumento della dimensione dei distretti, c’è stato un aumento della qualità del lavoro. Prima era impossibile avere giudici specializzati», ha commentato. Dal punto di vista dei costi, «le risorse per ogni corte sono negoziate con cadenza annuale, calcolando una somma che si ottiene moltiplicando il costo di ogni specifico giudizio per il numero di giudizi attesi».

PORTOGALLO

Il Portogallo ha avuto tre riforme in dieci anni, ha spiegato Patricia Branco, ricercatrice del centro di studi sociali dell’università di Coimbra. L’ultima risale al 2016 e ha ridotto il numero delle corti a da 39 a 23, reintroducendo però nuove sezioni di prossimità. «Il grosso problema del Portogallo sono le infrastrutture carenti. Inoltre i cambiamenti di geografia giudiziaria hanno tenuto in poco conto le tensioni tra nord e sud e le peculiarità tra costa e interno del Paese», ha spiegato la relatrice. Un punto positivo, tuttavia, è stato il processo telematico, «funziona perfettamente e ora è tutto digitalizzato» .

FRANCIA

Il giudice della Corte d’Appello di Pau, Gilles Accomando, ha illustrato la riforma che, iniziata nel 2007 e conclusa nel 2011, ha portato alla soppressione di 341 giurisdizioni, una su quattro. «La riforma francese risente della peculiarità di uno stato centralizzato, in cui la giurisdizione giudiziaria e quella amministrativa noi coincidono», ha spiegato. Inoltre, in Francia la questione della specializzazione è da sempre affrontata devolvendo alle corti maggiori il giudizio su temi specifici: «Il tribunale di Parigi è competente su tutto il territorio nazionale in materia di terrorismo. Per inquinamento marittimo, invece, ci sono i tribunali di Brest, Le Havre e Marsiglia».

BELGIO

«Attualmente la riforma è ancora in fase di negoziazione con il ministero della Giustizia», ha spiegato Isabelle Duprè, consulente strategico per le riforme. La riforma prevede di ridurre da 27 a 12 le corti di prima istanza. «L’obiettivo della riforma è di migliorare l’efficienza introducendo maggiore autonomia manageriale, ridisegnando i distretti in base a peculiarità linguistiche, distanza, popolazione e organizzazione amministrativa», ha chiarito la dottoressa Duprè.

DIBATTITO ITALIANO

A seguire, il dibattito è continuato sullo stato attuale della geografia giudiziaria italiana. «Il minimo comune denominatore è il problema del metodo con cui affrontare questi cambiamenti», ha detto Davide Carnevali, ricercatore del Cnr: «Il plus, però, è il vero obiettivo da integrare è la capacità gestionale». Proprio è il tema del management, infatti, è centrale anche in Italia: «I sistemi complessi vanno gestiti da persone capaci, quindi va fatto un investimento in competenze e anche in misurazione delle attuali criticità, in modo da poterle risolvere», ha spiegato Stefano Campostrini, professore di Statistica a Venezia. «Stiamo lavorando alla riforma della pianta organica, alla digitalizzazione e alla formazione del personale - ha aggiunto il direttore della dg di statistica del Ministero della Giustizia, Fabio Bartolomeo - ma rimane una questione di governance: i dati ci dicono che la vera differenza nei risultati di giustizia la fa la capacità del dirigente dell’ufficio». Proprio su questo punto ha concordato Paola Balducci, consigliera del Csm: «La valutazione della professionalità dei magistrati, quando si propongono per una sede, dovrà cambiare» mirando a valorizzare la capacità organizzativa.