Non un pubblico, quasi una classe. La nuova aula dei Gruppi parlamentari diventa per un giorno la sede della scuola di formazione politica del Movimento 5 Stelle: tra le fila di banchi nell’emiciclo siedono ordinatamente quadri e dirigenti del movimento. Al tavolo dei relatori, invece, gran spolvero di firme illustri e alti funzionari dell’amministrazione pubblica e della magistratura. Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, apre i lavori con piglio istituzionale e completo blu d’ordinanza, chiarendo senza equivoci le ragioni del convegno: «Noi vogliamo ascoltare e capire, in un’ottica di governo».

A “spiegare” la galassia giustizia ai 5 Stelle con tanto di slides, il presidente emerito della Corte costituzionale e attivo sostenitore del no al referendum; Gioacchino Natoli, capo dipartimento Organizzazione giudiziaria di Via Arenula; alti magistrati della giustizia amministrativa e contabile; la dirigente Istat Daniela Marchesi, ma soprattutto Piercamillo Davigo. Per l’ex presidente di Anm e oggi presidente della II Sezione Penale della Corte di Cassazione, si è levata più di una standing ovation. A intervistarlo sui mezzi di contrasto alla corruzione in politica dandogli del tu, la cronista di giudiziaria di Repubblica, Liana Milella, che ha concluso la sessione «accodandosi idealmente» all’applauso a scena aperta.

Del resto, nonostante lui rifiuti ogni lusinga con piglio severo, non è un mistero la fascinazione che esercita sui 5 Stelle.

A guastare il clima, l’intervento dell’avvocato Ester Perifano, che polemizza proprio con l’ex presidente dell’Anm, ricordando come, «anche se il dottor Davigo scalpita, il processo si chiama giusto proprio perchè ha le garanzie, soprattutto per gli innocenti». Che i 5 Stelle, però, abbiano trovato una buona sintonia con l’amministrazione giudiziaria lo dimostrano le parole del presidente Anac, Raffaele Cantone, intervistato dall’editorialista del Corsera Gian Antonio Stella: «I 5 Stelle sono i nostri principali datori di lavoro con le loro segnalazioni».

A chiudere con i fuochi d’artificio, il sostituto procuratore della Dna Nino Di Matteo dialoga delle nuove prospettive di lotta contro le mafie con un insolitamente silenzioso direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio, suggerendo un vero e proprio programma di governo per la prossima legislatura. Del resto: «La politica può rappresentare, per un magistrato, una ideale prosecuzione del suo impegno in toga», parola di Di Matteo. Applausi scroscianti: la nuova classe dirigente dei 5 Stelle si forma, mette a fuoco i suoi intellettuali di riferimento e forse anche i suoi futuri candidati.