Pippo Civati, leader di Possibile e fuoriuscito dal Pd ormai da lungo tempo, risponde positivamente all’appello lanciato da D’Alema alla riunificazione della sinistra, ma sottolinea «Si tratta di una proposta che già avevo lanciato due anni fa». Per Civati, insomma, l’accelerazione che sembra adesso imporre l’intesa Fi- Pd- M5S sulla nuova legge elettorale non fa che riportare di attualità tutti i temi proposti dai fuoriusciti democrat della prima ora.

Come valuta l’ultima proposta di legge elettorale in discussione al Senato?

Sembra un destino già scritto all’inizio di questa legislatura tornare alla soluzione più ovvia, che poteva in effetti essere assunta già da subito. Abbiamo fatto un lungo viaggio tra Nazareni e l’orgoglio retorico di una legge italica che tutto il mondo ci avrebbe invidiato per approdare, alla fine, ad una legge che è il suo esatto contrario, ma ovvia rispetto al quadro nazionale. Non è il massimo, tanto che con atti parlamentari ho tentato di far passare una legge più vicina al Matterellum, ma comunque fotografa la situazione reale del Paese.

La convince anche la soglia di sbarramento al 5%? O è un escamotage di Renzi e Berlusconi per far fuori i partiti più piccoli e puntare alla grande coalizione?

Non mi fa particolare effetto la soglia di sbarramento.

Probabilmente produrrà ragionamenti politici più rotondi e meno frammentati. Magari costringerà Alfano a mettersi nelle liste di Renzi o di Berlusconi. Non è il sistema elettorale che cambia la politica ma una serie di scelte che gli attori non vogliono fare. E in questo momento non vedo nessuno slancio o rilancio politico. Tanto che cresce il numero degli scontenti ai quali si sono aggiunti anche Prodi e Pisapia. Credo che alla fine il sistema non soddisfi in maniera totale neanche Renzi, che forse avrebbe voluto qualcosa in più in termini di governabilità. A meno che, ragionamento di malizia si impone, non ci sia l’idea di fare un grande centro con Berlusconi e Renzi, che ormai sono un calco l’uno dell’altro, ma che così facendo rischiano di favorire il M5, S che denuncerà il grande “intruppamento” di forze politiche diverse.

Nel Pd pare aprirsi un nuovo fronte, con la presa di posizione dei senatori vicini ad Orlando che hanno invitato alla riflessione su un possibile voto anticipato.

Loro sono nei guai in questo momento. Renzi ha stravinto il congresso di un partito che era già renziano prima di celebrarlo. Benchè il leader fosse stato sconfitto al referendum, il partito è scivolato verso la sua acclamazione.

Adesso Orlando si trova in difficoltà e si accorge che si sta andando verso le larghe intese dopo aver ignorato le denunce di chi da tempo lo aveva capito. Le larghe intese le hanno già fatte ed è curioso che Orlando non si sia accorto che sta facendo il ministro insieme ad Alfano. In ogni caso meglio queste ultime prese di posizione rispetto all’“Orlando noioso” degli ultimi periodi.

Ma la fine prematura del governo Gentiloni è quello che serve all’Italia?

Guardi, in generale credo che l’espressione “interesse del Paese” venga spesso usata a sproposito. Trovo però paradossale che un governo uguale a quello precedente di Renzi, nato per chiudere una legislatura fallimentare, decida che non può fare una legge di bilancio e si candidi però a farla con il prossimo Parlamento. Sembra di essere nel pieno di uno dei peggiori racconti della prima Repubblica, in cui ci si preoccupava solo di trasmettere i posti di potere da una legislatura ad un’altra.

A sinistra del Pd invece che succede? Il “sistema tedesco” imporrà nuovi schemi?

Di sicuro bisogna svegliarsi e proporre un nuovo riferimento valoriale e culturale. O ci rendiamo conto che serve elaborare e condividere un progetto di governo chiaro e diverso da quello di Renzi, oppure non prenderemo un voto perchè la gente non capirà neanche dove ci stiamo posizionando. Serve un progetto ampio, con la lista delle cose da fare e delle persone da candidare.

Che confini mette ad un tale progetto?

Da Pisapia fino ad Emiliano e a tutti quelli che nel Pd che non possono più starci, fino alle forme più organizzate a sinistra, a tutte le forze che si sono battute per il no alla riforma della Costituzione e alle espressioni del mondo ambientalista.

E nella “lista delle cose” da fare cosa mette ai primi posti?

Sicuramente un approccio repubblicano e costituzionale, attento alla progressività e all’uguaglianza, ma meno disinvolto nelle scelte dei bonus e dei regali, attributi dal governo come se i cittadini o i lavoratori fossero i concorrenti di una lotteria. E poi interventi significativi per le fasce meno abbienti insieme ad una strategia su scuola e ricerca che siano degne di questo nome.

Perché ha risposto sì all’appello all’unità di D’Alema?

D’Alema dice esattamente le mie cose. Il suo appello era scritto nella storia della politica da diversi anni. Anzi, mi sembra arrivare piuttosto in ritardo. Io aggiungerei al progetto maggiore coinvolgimento a livello locale e una maggiore mescolanza con i movimenti. Occorre ricostruire a sinistra un ambiente nuovo, dopo la devastazione operata da Renzi.

Sarà sufficiente per arrivare al 5%?

Se la mette in questi termini, no. Se l’obiettivo è arrivare al 5% non ci sarà nessun progetto politico, ma soltanto una lista strumentale allo scopo, che magari si farà aspettando che ancora qualcuno esca dal Pd. Il vero obiettivo deve essere, invece, quello di formulare una proposta vera e nuova al Paese. Se ci dimentichiamo la soglia e lavoriamo al progetto, la si supererà automaticamente.