Soccorrere i migranti in pericolo di vita nella acque territoriali della Libia, anche senza richiesta specifica di aiuto  non solo non costituisce una violazione della legge ma è addirittura un obbligo morale: «La priorità è sempre la salvaguardia della vita umana». Ad affermarlo è  comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, ammiraglio Vincenzo Melone, in audizione davanti alla Commissione Difesa del Senato nell'ambito di una indagine conoscitiva sul contributo dei militari italiani nei soccorsi in mare ai migranti e sul ruolo delle ong. Parole, le sue, che contrastano  ancora una volta le accuse del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro che davanti la stessa Commssione ieri aveva rilanciato le accuse alle ong, sospettate di collusione con gli scafisti delle organizzazioni criminali. «L'affermazione più volte ripetuta dai rappresentanti delle ong secondo cui le loro unità navali opererebbero sotto il controllo della Guardia costiera è corretta, nella misura in cui tale controllo naturalmente sussiste solo nelle fasi del soccorso. Tutto ciò che avviene al di fuori dell'intervento di soccorso - ha spiegato Melone - il prima e il dopo, non ha alcuna rilevanza ai fini sar: non c'è e non potrebbe esserci, sulla base delle norme internazionali, alcun controllo preventivo e generalizzato da parte del Corpo sulle attività delle unità delle ong, sulle rotte seguite o sulle zone di mare in cui navigano, salvo che per le unità che battono bandiera italiana». Per Melone le attività delle ong nelle acque libiche non è inoltre un fattore di attrazione per i trafficanti di uomini che non hanno alcun interesse a intrecciare relazioni di qualunque sorta con le tante organizzazioni umanitarie che operano nel mediterraneo. «La gestione del soccorso - ha sottolineato Melone - è estremamente complessa, basti pensare che l'anno scorso in un'occasione ci siamo trovati a dover gestire contemporaneamente 55 operazioni di soccorso. I migranti viaggiano ormai sempre a bordo di unità fatiscenti, sovraccariche all'inverosimile, senza equipaggio: lo stato di pericolo è evidente, e l'intervento inevitabile, perchè si tratta di imbarcazioni assolutamente non in grado di fare una navigazione protratta nel tempo e nello spazio. La priorità è la salvaguardia della vita umana e l'obbligo è quello di utilizzare qualsiasi risorsa disponibile: le unità militari e governative, ma anche quelle private, mercantili, rimorchiatori, pescherecci, unità da diporto e navi che le ong mettono a disposizione dal 2015».