Gli hanno chiesto quali fossero le sue ultime parole. Lui ha scosso la testa, non ha voluto pronunciarle. Gli hanno chiesto d’ordinare l’ultimo pasto. Lui ha risposto: «l’ostia santa, la comunione». Non ha voluto mangiare nient’altro. Allora tre guardie, con l’aria seria, l’hanno accompagnato lungo tutti i corridoi della prigione di Little Rock, fino alla saletta col lettino che era stato preparato dai medici. Lo hanno fatto stendere e poi lo hanno legato stretto. Erano le 11 e 20 della sera, mancava poco a mezzanotte. Era passato appena un quarto d’ora dal momento esatto nel quale l’Alta Corte dell’Arkansas aveva respinto definitivamente il ricorso delle case farmaceutiche.

Le Case farmaceutiche chiedevano che la medicina che producono non fosse usata per addormentare un condannato a morte. Gli avvocati hanno spiegato che la medicina è stata prodotta per alleviare il dolore e non per provocare la morte, e che non si può accettare questo rovesciamento etico dei fini. L’alta corte ha detto che invece si può accettare, perché la legge è legge, e in Arkansas c’è una legge che prevede l’uccisione di chi sia stato condannato per omicidio.

A mezzanotte meno quattro minuti, esattamente 51 minuti dopo la decisione della Corte, Ledell Lee è stato dichiarato morto.

Ledell è morto a 51 anni. Ne aveva 27 quando in una casetta di Jacksonville ( un sobborgo di Little Rock, la città di Bill Clinton) una ragazza di 26 anni che si chiamava Debra Reese fu trovata morta nel suo letto, strangolata. Ci fu un’inchiesta, furono interrogati i vicini. Molti di loro dissero di avere visto Ledell Lee, che era un amico di Debra, aggirarsi vicino a casa sua proprio nelle ore nelle quali fu commesso l’omicidio. Ledell si è sempre dichiarato innol cente, però lo hanno messo in prigione. E due anni dopo condannato a morte. Ha fatto in tempo quasi ad invecchiare, poi la Corte ha deciso che era giunto il momento di mandarlo all’altro mondo. E il suo avvocato non è riuscito a far più niente per far rinviare l’esecuzione. L’ultimo ostacolo son state le case farmaceutiche, ma hanno perso. Il portavoce del governo è apparso il Tv, in piena notte, ha spiegato che si poteva procedere e che il governatore aveva rifiutato la grazia. Il governatore si chiama Asa Hutchinson, è un repubblicano, è lui che ha deciso di cambiare la politica criminale del suo stato. In Arkansas da più di dieci anni non era stato ucciso nessun condannato. Hutchinson ha deciso che è giunto il momento di farla finita con il perdonismo. Mano dura, mano dura. Ha ha dato il via libera per otto esecuzioni. Il primo a pagare il conto è stato Ledell, ora, in dieci giorni, toccherà agli altri. Bisogna fare in fretta perché le case farmaceutiche non riforniscono più il governo. E i medicinali dei quali dispone la prigione scadono il 30 aprile. Dal primo maggio non sarà più legale usarli e le esecuzioni dovranno essere sospese per forza. Gli Stati Uniti d’America sono il paese più libero e moderno del mondo. Uno può dire quello che gli pare, ma è così. Certo, sono un paese che ama la guerra, spesso sono un paese arrogante e aggressivo, hanno annientato un popolo intero, quello dei pellerossa, prima di costruire la propria civiltà, hanno fatto fortuna sulla schiavitù. Tutto vero. Però sono anche il paese che più di ogni altro sa emendarsi, il paese che odia la dittatura, il paese dei diritti civili, della rivolta giovanile, di Bob Dylan e degli Hippy, sono il paese di Kennedy, sono il paese e il popolo che ha pagato il contributo più grande, anche di vite umane, di dolore, nella lotta per la libertà. Hanno sconfitto il fascismo, il nazismo, hanno salvato l’Europa.

Come può spiegarsi l’orrore della pena di morte? Come può giustificarsi la scena straziante di Ledell, alto, grosso, nero, con gli occhi tristi e scintillanti e l’aria rassegnata che si avvia verso la sala della morte, anche se forse è innocente, anche se sono passati 25 anni, anche se uccidere un uomo, da parte dello Stato, appare un delitto esattamente come è un delitto uccidere una donna o un uomo da parte di un privato cittadino?

Si spiega con la necessità di conquistare il consenso. Da noi spesso si parla di populismo. E lo vediamo esplodere e dilagare, a sinistra e a destra, quando si discute di lotta al crimine, o di immigrazione, o di corruzione politica. Se in Europa non esiste la pena di morte è perché è stata abolita in un’epoca nella quale il giustizialismo era ancora minoritario, e c’era una intellettualità forte e liberale, e c’erano partiti politici solidi e capaci di orientare il popolo. Oggi, se si facesse un referendum, anche da noi vincerebbe la forca. Sicuro.

Una trentina di anni fa a un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, un certo Miky Dukakis, che nei sondaggi era in vantaggio sul suo antagonista ( il vecchio Bush) fu chiesto: «Se qualcuno stupra e uccide tua moglie, tu sei favorevole o no a metterlo sulla sedia elettrica?». Dukakis rispose, freddo: «No». E crollò di 20 punti nei sondaggi. Oggi nessuno sa chi sia stato Dukakis. Per questo negli Usa c’è la pena di morte E finché resterà questa macchia sarà molto, molto difficile ammirare – come invece si potrebbe- lo Stato di diritto americano. C’è una bellissima poesia di Langstone Huges, un artista nero del Missouri, trasferito a New York e che veniva chiamato il bardo di Harlem. Una strofa - patriottica e ribelle - diceva così: O, yes, I say it plain, America never was America to me, And yet I swear this oath: America will be!

Si traduce così: «Oh, sì. Io lo dico chiaramente: l’America non è mai stata America per me. E io ora giuro questo giuramento: l’America lo sarà».