«Io sono stato sequestrato sulle montagne di Idlib insieme ad altri colleghi e siamo stati gli ultimi giornalisti indipendenti a mettere piede da quelle parti. Idlib è inaccessibile da tre anni ed è per questo che non è possibile stabilire con assoluta certezza di chi è la colpa di questa tragedia». Amedeo Ricucci, inviato di guerra della Rai, è appena tornato da Mosul. Iraq, Libia e Siria sono scenari bellici che segue da sempre ed è la sua esperienza a fargli dire che «sulla Siria la guerra della propaganda è sempre stata più delicata di quella sul terreno. Ogni volta che c’è una strage parte la sceneggiata degli uni che accusano gli altri».

L’Onu, gli Stati Uniti, molti Paesi europei e le associazioni umanitarie accusano Assad, lui nega e la Russia dice che sono stati loro a colpire «per errore» un deposito di armi chimiche dei ribelli. Chi dice la verità?

Come dicevo non abbiamo riscontri, perché mancano giornalisti indipendenti sul campo. Verità io non ne ho. Però abbiamo molti elementi. Ci sono le testimonianze raccolte dai media locali, che russi e siriani accusano di controinformazione. C’è il fatto che i ribelli e i jihadisti non posseggono aerei. Di sicuro io non credo alla versione russa. Non credo che i sofisticatissimi strumenti a disposizione della loro aviazione non siano stati in grado di vedere cosa stavano per bombardare. Hanno sensori in grado di riconoscere il tipo di tessuto delle divise militari. E poi ci sono i precedenti, come quello nella Ghouta del 2013 (nella tarda serata di mercoledì il Cremlino ha affermato che a bombardare «per errore» il presunto deposito d'armi sono stati i siriani n.d.r.).

Anche in quel caso regime e ribelli si accusarono a vicenda e un’indagine dell’Onu fu ostacolata da Assad fino a depotenziarla. Si ripeterà questo scenario?

Si sta già ripetendo. Allora ci furono oltre 1400 vittime, che non impedirono la sceneggiata delle parti. Credo che anche in questa occasione l’Onu vorrà inviare una spedizione, ma difficilmente avremo delle verità. La spudoratezza con cui questo regime nega tutto è disarmante. Dopo il bombardamento della Ghouta furono mostrate foto di frammenti delle bombe con scritte in cirillico, prova che facevano parte dell’arsenale dotato alla Siria dalla vecchia Urss. Ma a domanda diretta, Assad negò. Ogni volta che rilascia un’intervista, e purtroppo le rilascia spesso anche ai media italiani, gli puoi fare tutte le domande del mondo, ma lui nega l’evidenza. E così fanno i russi, in una continua guerra di video e fake news che crea solo confusione.

È stato provato che il regime ha bombardato con armi chimiche in diverse occasioni, ma anche i ribelli sono stati accusati di usarle.

Io stesso ho realizzato nel 2013 in Siria un documentario su un gruppo di jihadisti  che fabbricavano armi chimiche. Ma sono quantitativi minimi, in quanto autoprodotti. E soprattutto i ribelli non hanno l’aviazione per usarli all’interno di bombe e missili.

Alcuni dicono: perché mai Assad dovrebbe mettersi contro l’opinione mondiale proprio ora che sta vincendo la guerra?

Assad ha ripreso il controllo di Aleppo, ha il pieno sostegno della Russia e qualche giorno fa anche il Segretario di Stato Usa gli aveva assicurato che poteva rimanere al potere. Nemmeno Erdogan ne chiede la testa con la stessa forza di prima e l’Europa si è piegata del tutto. È chiaro che Assad si è sentito con le mani libere di poter fare qualsiasi cosa e rimanere impunito. Ma soprattutto ha voluto lanciare un messaggio ai ribelli, che negli ultimi giorni avevano ripreso ad attaccare il suo esercito a Damasco e organizzare manifestazioni. Ha voluto dir loro che non solo non riusciranno a cacciarlo, ma lui potrebbe riprendersi tutto il Paese. Lo disse già nel 2012: ' o noi o bruceremo la Siria'.

Non potrebbe essere stato un attacco troppo grave che potrebbe aver infastidito anche Putin?

Oppure potrebbe essere stato un regalo dopo la strage di San Pietroburgo, per dimostrargli che sono insieme nel combattere i jihadisti. Il rapporto fra i due non è lineare. Putin sa che Assad non avrà un futuro politico e probabilmente ha già pronto un cambio al vertice del regime. Ma prima deve vincere la guerra e deve conquistare Idlib, che è rimasta l’ultima sacca in mano ai jihadisti della vecchia Jabat al Nusra, dove sono arrivati tutti i combattenti scappati da Aleppo e le altre città riconquistate dal regime. Solo dopo aver vinto a Idlib, Putin e Assad potranno partecipare alla battaglia di Raqqa e non lasciare agli americani e alle forze dello Sfd, capeggiate dai curdi, l’onore di aver sconfitto l’Isis.