Esiste un’araba fenice nei Cinquestelle: la capacità politica del garante nonché fondatore. Laddove prova a manifestarsi, è un flop. Servirebbe una classe dirigente in grado di soccorrere. Il problema è che non c’è. Né può esistere.

Cè chi assicura che il paradosso aiuti la conoscenza. Proviamo. Titolo. Gli unici che possono salvarci da Beppe Grillo sono i grillini. Svolgimento. Esiste un’araba fenice nei Cinquestelle che riguarda la capacità di leadership politica del fondatore nonché garante del MoVimento. Che debba esistere è certo perchè i Portavoce e tutto il resto della classe dirigente grillina ad essa non cessa di fare riferimento. Come e quando si manifesti è più incerto vagliare. Una prova indiretta è data dalle indicazioni postate sul blog. Le prime sono sicuramente dell’ex comico; il secondo no, ma nessuno tra i pentastellati se ne preoccupa. E’ un fatto, tuttavia, che nei passaggi politici più delicati la voce di Grillo si faccia flebile se non addirittura assente. C’è da capirlo. Grillo rifiuta in nuce il ruolo di guida politica del MoVimento: non gli interessa, né appassiona. Non ha gli strumenti per esercitare una leadership e non li cerca. Beppe è un capocomico, ha i tempi dello spettacolo e del palcoscenico, è alla ricerca della battuta ad effetto e se è greve è ancor più efficace: i Vaffa day ne sono un esempio e rappresentano anche la chiave per capire il suo successo. Gli antagonisti politici sono marionette da sbeffeggiare, protagonisti di uno spettacolo abominevole che meritano di essere presi a ortaggi come accadeva una volta nei teatri di provincia. Tutto questo non fa una linea politica, affatto. Però, almeno finora, porta voti: parecchi.

Tuttavia Grillo - e pour cause - non è un Moloch silente, un totem da omaggiare per ottenerne grazia e benevolenza. Al contrario, interviene. Di solito per indossare i panni del caporale di giornata: dispensare anatemi e scomuniche, espellere i dissenzienti, fulminare gli apostati. In questo caso una linea politica la esprime ed è così riassumibile: io solo sono il garante, faccio rispettare regole che assieme ad altri ( pochi) ci siamo dati, chi non è d’accordo può accomodarsi fuori. E fondare un suo movimento, se è capace. Tutto qui? No. Ci sono i referendum tra gli iscritti, le consultazioni on line, cuore pulsante della democrazia via web, diretta e non più mediata. Qui effettivamente almeno uno straccio di linea politica fa capolino: è quella interpretata da Grillo stesso, e se la consultazione produce risultati sgraditi, beh pazienza: non vale. Si ripete finché l’algoritmo scelto assieme alla Casaleggio associati non prevale. Può funzionare un simile schema per amministrare una città di medio- grande dimensioni ( nei villaggi la piattaforma Rousseau è compatibile) o addirittura uno Stato?

Domanda retorica, risposta scontata: no che non può funzionare. Qualunque movimento, partito, gruppo, associazione infatti marcia sulle gambe di chi lo compone ma ovviamente in maniera specifica e primaria - in particolare se svolge una funzione pubblica - su quelle di chi lo guida, anche pro tempore. Non a caso il deficit di leadership politica di Grillo emerge laddove i Cinquestelle amministrano. A Torino, non ce n’è traccia. A Roma funziona così: l’ex comico arriva, staziona in un albergo definito, incontra alcuni maggiorenti in un alone di stretto riserbo ( a proposito: e lo streaming che fine ha fatto?) nell’hotel medesimo, senza tuttavia disdegnare qualche comparsata per foto- opportunity sotto gli stucchi delle sale del Campidoglio; scrive un post o twitta qualche frase il cui senso è invaribilmente “Virginia tieni duro e vai avanti” ( o viceversa); riparte per casa sua o verso la tappa della tournée. Ah, giusto: e i referendum, le consultazioni on line? Si fanno. Ma anche no. Per esempio: nella Capitale c’è stato uno scontro durissimo sul via libera allo stadio della Roma. L’ok è arrivato alla fine di un percorso ultra tormentato e non è detto non ci siano ripensamenti. Però il referendum non si è fatto. Grillo ad un certo punto aveva sentenziato: l’impianto verrà realizzato, però da un’altra parte. Invece no, si fa nel sito originario. Lo ha deciso la sindaca e il parere di Beppe si è perso nello sciame elettronico del World Wide Web. Se alle prossime politiche i Cinquestelle dovessero risultare primo partito e avere l’incarico di formare il governo, quel deficit di leadership politica diventerebbe un buco nero capace di inghiottire tutto e tutti. Ed è qui che scatta il paradosso: per supportare le carenze del capo, soccorre una adeguato spessore politico della classe dirigente. Per cui servono i grillini per sopperire alle carenze del capocomico. Bene: esattamente però quale classe dirigente? Scelta come? Su indicazione di chi? C’è la Rete, d’accordo. Tuttavia nel frattempo suscita sconcerto la contraddizione di un Di Maio che è insignito del ruolo di vicepresidente della Camera e poi non perde occasione per infangare l’istituzione che rappresenta. O anche quella di un Di Battista che negli studi di Floris corrisponde con successo alla gragnuola di addebiti di un parterre giornalistico di prima fila e poi davanti Montecitorio ( di nuovo!) aizza gli ambulanti contro i cronisti. Se l’araba fenice deve diventare carne e ossa, se i luogotenenti ( colonnelli è troppo Prima repubblica) qualunque essi siano hanno l’obbligo di colmare i buchi del capo, devono fare in fretta e prendere ripetizioni alla grande: ci sono dieci mesi, poi si vota. Se invece risultasse che quella classe dirigente non c’è né può esistere, che tutto si riassume nel duo Grillo-Casaleggio jr e a chi non sta bene adieu, allora il pericolo è che la cometa Grillo abbia percorso nel cielo una bellissima ed entisiasmante parabola. Per poi eclissarsi per consunzione della scia. Chimica.