Inutile prendersela con gli scafisti: sono migranti disperati come gli altri, scelti a caso al momento della partenza. A dirlo, davanti al comitato Schengen a Palazzo San Macuto, è stato il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Una consapevolezza nata da un’indagine conoscitiva effettuata sui flussi migratori volta a fare chiarezza sul ruolo delle organizzazioni non governative nell’ambito del salvataggio in mare.

Dall’indagine, è stato spiegato nel corso dell’audizione, sono emerse ipotesi di collaborazione “eccessiva” tra ong e trafficanti di uomini durante i viaggi della speranza. Accuse che sarebbero già state prospettate in due rapporti di Frontex, con riferimento alla rotta migratoria dalla Libia all’Italia. In uno dei rapporti si leggerebbe che i migranti irregolari provenienti dal nord Africa avrebbero ricevuto indicazioni chiare alla partenza sul tragitto da seguire per raggiungere le imbarcazioni della Ong.

Una presenza, quella delle organizzazioni non governative, che non ha diminuito il numero di morti in mare. «Quelli che riusciamo a prendere sono soltanto gli scafisti ma questi scafisti non sono né più né meno che migranti individuati a caso», ha spiegato Zuccaro. Le indicazioni fornite ai magistrati, dunque sono chiare: «Ho detto loro che non si doveva più richiedere misura cautelare nei loro confronti perché la gravità della condotta a loro ascrivibile non era tale da giustificare la misura, essendo da giudicare come migranti a tutti gli effetti. Registriamo così una sorta di scacco che la presenza di queste ong provoca nelle attività di contrasto nel fenomeno degli organizzatori del traffico».

Una visione illuminata che svuota le carceri da quelli che finiscono per essere vittime due volte. Zuccaro ha spiegato come i barconi utilizzati dai migranti siano sempre più inadeguati al loro scopo, così come inidonee sono le persone che si mettono alla guida degli stessi. «Ormai non sono più persone che appartengono, seppur a livello basso, all’organizzazione del traffico, ma persone scelte all’ultimo momento tra gli stessi migranti, a cui viene data in mano una bussola e un telefono satellitare e a cui si dice di seguire una determinata rotta che tanto prima o poi li verrà a soccorrere una ong.

Ma per quanto queste organizzazioni possano essere numerose – ha aggiunto Zuccaro - non riescono a coprire tutto l’intenso traffico che parte dalle coste della Liba. Cosa comporta per quanto riguarda l’attività giudiziaria? La possibilità di intercettare i cosiddetti facilitatori, che accompagnavano le imbarcazioni nei primi tratti, ce la possiamo dimenticare, perché queste ong hanno fatto venir meno questa esigenza».

Le indagini puntano a comprendere i canali di finanziamento di queste organizzazioni, in molti casi ingrassate con il 5 per mille. Sono 13 le navi di ong attive nel Canale di Sicilia e nei primi mesi del 2017, a Catania, il 50% dei migranti soccorsi è arrivato a bordo di quelle. Zuccaro ha anche evidenziato, nel corso dell’audizione, «fenomeni di radicalizzazione al terrorismo» registrati tra i migranti finiti in carcere. «Ci giungono segnalazioni molto concrete - ha spiegato - di fenomeni di reclutamento, di radicalizzazione che vedono come promotori alcuni dei migranti che sono stati arrestati per avere commesso degli illeciti e che a loro volta tentano di fare proselitismo nelle carceri.

E nei due istituti di Catania abbiamo riscontri su questo». Fenomeni di radicalizzazione si sarebbero registrati anche in alcuni centri in cui è vivo il fenomeno del ' caporalato”, nei campi e nelle serre dove i migranti entrano in contatto con soggetti che poi sono risultati più o meno collegati con organizzazioni terroristiche. Il sospetto è che parte dei soldi derivanti dal traffico di clandestini finisca nelle mani di gruppi militari o paramilitari. «Non si possono escludere anche organizzazioni che siano collegate con il mondo del terrorismo - ha spiegato -.

La mafia non è interessata direttamente dal traffico di migranti, se non indirettamente e in maniera marginale nel caporalato, perché agisce dove ci sono i grandi flussi finanziari, come quelli per i centri di accoglienza e assistenza. Le organizzazioni criminali hanno grosso interesse a potere intercettare il flusso di denaro abbastanza cospicuo che riguarda i centri di accoglienza». Come il Cara di Mineo, dove la criminalità «ha preteso l’utilizzo d’imprese a lei vicine o collegate per ottenere appalti da parte delle cooperative che gestiscono il Centro accoglienza richiedenti asilo» .