Slegare il caso Minzolini da quello dei magistrati in politica? Impossibile. Anzi il voto che ha impedito la decadenza del senatore costringe lo stesso Pd a scongelare la legge sulla candidabilità delle toghe, ibernata da 3 anni a Montecitorio. E soprattutto è la stessa magistratura a scuotersi per vicende come quelle di Giannicola Sinisi, il giudice ed ex deputato che ha condannato l’avversario Minzolini, o di Michele Emiliano, che da pm in aspettativa vuol fare il segretario di partito.

L’ultima, pesante presa di posizione è quella di Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia: «Non ho nulla contro i magistrati che scelgono la politica ma non dovrebbero più tornare all’attività giurisdizionale, una volta cessati dal mandato», dice. Una richiesta pesante che va ben oltre il ddl atteso per lunedì nell’aula di Montecitorio. Lì si prevede che un magistrato non possa candidarsi nel distretto in cui ha esercitato le funzioni negli ultimi 5 anni. Una volta finito il mandato di parlamentare - o di premier, ministro, assessore o consigliere nelle amministrazioni locali - il giudice è ricollocato in Cassazione, se ne ha i requisiti, altrimenti in distretto diver- so da quello in cui è stato eletto. Non è certo la barriera invalicabile prospettata da Roberti. Nell’intervista a Tv2000 che andrà in onda oggi, il superprocuratore dice che a fine mandato «si dovrebbe essere assegnati in ruoli della pubblica amministrazione diversi da quelli di giudice o pm». Il Csm lo suggeriva in una delibera dell’estate 2015, ignorata dal Parlamento. Carlo Nordio lo ha ripetuto in interviste e nei suoi editoriali sul Messaggero. C’è chi come Gherardo Colombo prefigura una soluzione light come quella di Montecitorio ma, in un’intervista a Repubblica, chiarisce: «Io, se mai avessi deciso di entrare in politica, prima di candidarmi mi sarei dimesso». La schiera di chi è per soluzioni drastiche è ben presidiata. Annovera anche il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, che le porte girevoli tra magistratura e partiti non le tollera proprio. Chi come Gianrico Carofiglio ha da tempo smesso la toga è altrettanto netto. La magistratura più avvertita non vuole farsi più prendere in castagna. Magari da casi come quello di Minzolini, dietro cui si nascondeva in realtà l’incredibile parabola del giudice ed ex deputato che lo aveva impallinato.