Meglio aspettare «che la nebbia si diradi». Lo dice Romano Prodi fotografando con esattezza il sentimento prevalente. Nel centrodestra. E già. Causa il rimbalzo di simmetrie che da sempre intriga la politica italiana, se davvero si vuole comprendere cosa sta accadendo nel contenitore moderato-sovranista bisogna volgere lo sguardo al lato opposto. Ricavandone subito una certezza: i giochi veri cominceranno dopo il 7 maggio, quando cioè si capirà se e in che misura Matteo Renzi avrà ripreso la guida del Pd. Per la serie: il meglio deve ancora arrivare. Fino ad allora schermaglie, opportunismi, mosse tattiche.

Che tuttavia guai a liquidare come insignificanti.

Vediamo. In primi luogo, il contesto. Il ‘ 94, anno della travolgente cavalcata del dottor Silvio Berlusconi, è una foto color seppia e niente più. Chi ragiona in quell’ottica usa la nostalgia, non la politica. Le condizioni economiche del Paese sono peggiorate, Bankitalia non è più lo scudo di una volta; mancano figure di “riserve della Repubblica” immediatamente spendibili; non c’è più neanche Tangentopoli, con quello che significava per destra e sinistra di allora. E’ vero tuttavia che le liti di adesso tra Lega e FI sono pallida imitazione dei contrasti dell’epoca, quando Bossi si riferiva al neo premier chiamandolo Berluscaz, Silvio entrava in Consiglio dei ministri chiamando “cari compagni” i ministri del Carroccio e altre amenità del genere. Poi arrivò Mr. Armonia, alias Pinuccio Tatarella, che appianò divergenze apparentemente insormontabili e zittì i contendenti: «Gli elettori ci hanno premiato per governare, non per litigare». Il tutto sempre sotto l’egida dell’Invincibile Cavaliere di Arcore. Che è ancora in pista, e ragionevolmente guarda alle divergenze con Salvini con avveduta souplesse. Ben sapendo che ora come allora, per come sono messe le cose e in virtù delle lacerazioni del centrosinistra, l’unico schieramento in grado di assicurare la governabilità allontando sia l’incubo di un grillino a palazzo Chigi che lo spettro del com- missariamento Ue è quello di centro- destra.

Sì, ma che c’entra Renzi? C’entra, perché il core business della partita è la legge elettorale e il relativo premio di maggioranza: alla lista o alla coalizione? Forza Italia ha ufficialmente presentato una proposta che va nella seconda direzione. Ma al di là del timer parlamentare, lo capiscono tutti che le carte si scopriranno solo dopo l’esito delle primarie del Pd. Se Renzi prevale, infatti, sono in tanti a scommettere che farà di tutto per avvelenare nella culla i nemici numero uno: gli scissionisti. E quale pozione migliore che escludere la possibilità di coalizioni in modo che Dp sia costretta a misurarsi con la tagliola degli sbarramenti? Che infatti - dopo aver sparso così tanto fiele gli uni contro gli altri - Pd e fuoriusciti, renziani e anti, si presentino ai cittadini uniti e compatti in una bella coalizione come se niente fosse, sono in pochi a scommetterci.

Però, appunto, quel che vale ad Atene si riflette pure a Sparta. Se il premio resta alla lista, anche il centro- destra, se non vuole suicidarsi, dovrà per forza di cose adeguarsi. Ma come si può tenere assieme e addirittura far governare chi proprio sull’Europa ha posizioni così divaricate? Qui entra in gioco il vincolo esterno. Ma non come lo intendeva Guido Carli, cioè la costrizione ad essere virtuosi sui conti pubblici visto che da soli non ce l’avremmo fatta, bensì sottoforma degli equilibri politici fuori dalle frontiere. Quelli francesi, in particolare. E’ ovvio infatti che se il 7 maggio stesso giorno della proclamazione del leader pd: coincidenze... Marine Le Pen dovesse ritrovarsi catapultata all’Eliseo, Salvini non lo fermerebbe più nessuno. In caso contrario, autorevoli voci leghiste assicurano che Matteo 2 mitigherebbe la sua verve sovranista quel tanto che basta per sintonizzarsi con Silvio leader dei moderati. Il quale a sua volta annacquerebbe il profilo Popolare, specie poi se a Berlino finisse per prevalere l’ex ( cinematografico) kapò Martin Schultz.

A proposito di Ppe: che fine farebbero Alfano e i suoi? Il ministro degli Esteri ha annunciato che il 18 marzo Ncd chiuderà i battenti ed il suo entusiasmante bilancio: «E’ ora di riunirci con altre forze». Quali? La strada che porta a FI, al di là di accenti opportunistici sparsi, incrocia un bel semaforo rosso. Magari Angelino sarebbe anche tentato ma i suoi compagni di strada nonché prossimi alleati: Casini, Tosi e Portas, sono da tempo stretti in vincolo con Matteo 1. Dunque più semplice immaginare che, tutti assieme, provino a formare un cartello capace di superare lo sbarramento e, a urne chiuse, vedere in quale incastro di possibile maggioranza meglio collocarsi.

E allora? Allora bisogna tornare al centrodestra, a come si presenta, e al nodo di fondo: chi governerà il Paese. Se il centrosinistra si lacera e perde terreno, il duello potrebbe mettere in campo due sole figure: Berlusconi o chi per lui con il sostegno di Salvini da un lato, e Grillo dall’altro. Per l’ex Cav allontanarsi dall’area del potere potrebbe rivelarsi deleterio, anche dal punto di vista della tutela delle sue aziende. Per Matteo 2 perdere l’occasione di un successo elettorale con prospettive di governo potrebbe significare rinviare sine die ambizioni e traguardi. E non è detto che i treni passino due volte. A ben vedere, il giochino sta tutto qui.