«Non ho deciso sulla mia corsa per il congresso, certo non lo farò sulla base delle altre candidature». Andrea Orlando risponde a chi gli chiede di Michele Emiliano e della sua decisione di restare nel Pd. A spingerlo nell’arena con Renzi non sarà né un accordo con il governatore pugliese né il peso, in termini di tessere, dei «dolorosi addii», come il ministro definisce la scissione di Bersani, D’Alema e Rossi. «Servono idee per ricostruire il centrosinistra», è la condizione posta dal ministro della Giustizia. Intanto ci prova lui, con un blog, “Lo Stato presente”, messo in rete già all’indomani del referen- dum e presentato ieri alla Camera. Il messaggio è chiaro: una sinistra interna al Pd deve avere innanzitutto «un piano», per dirla con uno dei giovani intellettuali coinvolti nel progetto, il ricercatore Alessandro Aresu. Orlando sa che ora l’opzione “socialdemocratica” è più impervia. Lui è convinto di poterla semplificare attraverso una nuova rete di interlocutori e soprattutto con un lavoro sul «rapporto tra cultura e politica». Serve un’elaborazione di idee «che riesca a restituirci una visione dopo lo spartiacque del 4 dicembre: la sconfitta del referendum è un passaggio da cui non si torna più indietro».

Si potrà competere col renzismo armati di un blog e di un’identità di sinistra ricostruita con il contributo dei giovani? Il guardasigilli ne è convinto. “Lo Stato presente” sarà un luogo di confronto, messo a disposizione anche del gruppo di parlamentari che ha scelto di seguire Orlando e di allontanarsi da Orfini. Non a caso nella Sala Salvadori della Camera c’è una folla imprevista: i giornalisti arrivano quando i posti a sedere sono già occupati da decine di deputati e senatori dei “Giovani turchi”. Ci sono tutti i fedelissimi del ministro: Daniele Marantelli, Elisa Simoni, Andrea Naccarato. C’è Marco Di Lello, passato dal Psi al Pd e subito attratto dalla proposta di Orlando. Il quale spera sì che «altri seguano l’esempio di Emiliano», si dice «addolorato» per chi non cambierà idea, ma aggiunge che è tempo di «parlare al Paese». La sua piattaforma è definita da tre assi. Primo: «Legittimare le istituzioni europee, anche attraverso soluzioni come l’elezione diretta del presidente della Commissione Ue, avanzata da Nicola Zingaretti». Quindi «restituire forza ai grandi soggetti organizzati», dunque al partito. E soprattutto «lavorare per l’inclusione di chi si sente ai margini e finisce per votare no a tutto». È il tema dell’uguaglianza, quello decisivo. Come dice l’unico vero politico accolto tra i relatori, il sindaco di Pisa Marco Filippeschi, «non bastano le leadership e il coraggio, se sono deboli». E al leader, a Renzi, Orlando spiega di «non avere nulla da dire». Dovrà presentargli la sua diversità programmatica. Le idee elaborate su “Lo Stato presente”: la squadra di giovani intellettuali è guidata dal vicedirettore dello Svimez Beppe Provenzano. Annovera ricercatori come Giacomo Bottos ( «dopo la crisi del 2008 non si è riusciti a ricostruire la connessione tra capitalismo e democrazia per mancanza di strumenti culturali» ) e l’esperto di welfare Paolo Borioni. Che nel rivolgersi a Orlando lo chiama «compagno ministro». Inserire nel team giovani pensatori significa anche accettarne i vezzi. Ma almeno, spiega Orlando, si evita che in vista delle decisioni più delicate qualcuno ti elargisca «pillole di conoscenza» utili ad arricchire chi le produce piuttosto che i cittadini.