Un iceberg di 5mila chilometri quadrati, una superficie quasi pari a quella della regione Liguria, sta per staccarsi dalla Penisola Antartica. È questo l’allarme lanciato dal team di ricerca Project Midas dell’università di Swansea in Galles. 

<<L’iceberg si staccherà, con ogni probabilità, nei prossimi mesi>> spiega il capo del progetto Adrian Luckman, <<La spaccatura è infatti passata da uno strato di ghiaccio più friabile a uno più duro, senza frenare il suo graduale avanzamento>>. Questa gigantesca Liguria congelata, chiamata Larsen C, è ormai attaccata alla penisola solamente per una trentina di chilometri. E secondo le ultime rilevazioni, si apre ogni giorno dell’equivalente a cinque campi di calcio in fila. La faglia, monitorata fin dal 2014, ha raggiunto la lunghezza di 175 chilometri, più di 500 metri di altezza e una larghezza tra un bordo e l’altro di tre chilometri. Una ferita profonda, specialmente se analizzata dalle foto aeree o satellitari.

Due enormi iceberg (comunque molto più ridotti di questo) si erano già staccati dalla Penisola Antartica. Larsen A e Larsen B si erano staccati rispettivamente nel 1995 e nel 2002. In nessuno dei due casi però la rottura dei due mega iceberg produsse l’innalzamento del livello del mare. E questo per due ragioni: perchè Larsen A e Larsen B erano due superfici di ghiaccio che già galleggiavano sulla superficie del mare, e perchè i ghiacciai che stavano appena dietro di loro non possedevano una ingente massa di ghiaccio. 

Nel caso di questa terza piattaforma, il discorso potrebbe cambiare, sebbene non immediatamente dopo il suo distacco. <<Se la piattaforma si staccherà, e si staccherà, essa rimuoverà una forza che comprime i ghiacciai che sono dietro di lei>>, dichiara Eric J. Rignot, glaciologo della NASA Jet Propulsion Laboratory e professore alla University of California Irvine, <<A questo punto i ghiacciai non avranno più resistenza davanti a loro, come se un tappo di sughero fosse stato tolto>>. 

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Il concetto è identico a quello di un cordolo delle forze dell’ordine durante una manifestazione. Se il cordolo cede, a irrompere saranno le prime file, ma a muoversi verso quel “vuoto di resistenza” saranno anche le file più dietro di persone. <<Perciò>>, conclude Eric Rignot, <<i ghiacciai reagiranno>>. Non solo dunque la Penisola Antartica perderà il 10% della sua superficie, rilasciando in mare un iceberg tra i dieci più grandi mai osservati e alterando radicalmente la sua morfologia, ma soprattutto saremo a poco più di 100 chilometri dal punto che gli esperti chiamano “arco di compressione”. È questo il limite superato il quale ci sarà il rischio di collasso dell’intera piattaforma della penisola. 

La Penisola Antartica è la propaggine più a nord del continente antartico. Situata di fronte alle coste del Sud America, è considerata il proseguimento della catena andina, i suoi ghiacciai infatti raggiungono i 2800 metri d’altezza. Se l’intera penisola dovesse collassare, a quel punto non ci sarà più una Liguria congelata ad andare a spasso per i mari del sud, ma una massa di ghiaccio di poco inferiore all’India.