D’Alema continua la sua marcia per la costruzione di un partito alternativo al Pd. Convoca Vendola e Fratoianni e fa una prima vittima: Sinistra Italiana, che arriva al congresso già lacerata

Il ritorno sulla scena di Massimo D’Alema non agita solo i sonni di Matteo Renzi. Anzi, la prima vittima del nuovo attivismo del “leader Massimo” è Sinistra Italiana, il soggetto sorto dalle ceneri di Sel che terrà il suo congresso fondativo a Rimini dal 17 al 19 febbraio. Già lacerata da una durissima guerra interna ( con tanto di insulti reciproci) tra intransigenti e dialoganti, la sinistra- sinistra è stata letteralmente stravolta dall’iniziativa dalemiana, con repentini cambi di posizione e strappi improvvisi. Il primo a cadere in battaglia è Arturo Scotto, capogruppo alla Camera, guida dei moderati, fino a ieri candidato alla segreteria di Si. «Ritiro la candidatura a segretario», ha spiegato con un post pubblicato sull’Huffingtonpost. «Non brigo per posti, ma non sono abituato a candidarmi a gestire qualsiasi linea politica. Chi se la sente lo faccia, benché creda che la doppiezza sia una di quelle categorie che dovremmo archiviare definitivamente». Ma perché il leader della corrente dialogante col centro sinistra decide di ritirarsi dalla competizione proprio ora che D’Alema spinge per la creazione di un listone di sinistra disponibile anche al confronto con Matteo Renzi? È qui che la vicenda si fa complicata. La goccia che fa traboccare il vaso è l’intervista rilasciata da Nichi Vendola a Repubblica: «Penso che bisogna mettere in campo un Movimento popolare di riscossa della sinistra. Siamo interessati a “Consenso”, il movimento di D’Alema, il quale ha contribuito alla vittoria del No al referendum», dice il vecchio leader di Sel. Musica per le orecchie del capogruppo. Se non fosse che Vendola è considerato il padre politico di Nicola Fratoianni, capo degli intransigenti e rivale del capo gruppo alla Camera nella corsa per la segreteria. Alla svolta di Nichi, si mugugna, seguirà la svolta di Nicola. Che fino a ieri, però, escludeva ogni dialogo con pezzi del centro sinistra considerati subalterni al Pd. Il nuovo orizzonte, invece, è un agglomerato che tenga insieme tutte le sfumature dell’antirenzismo: un fronte che da Pisapia arriva a de Magistris.

A cambiare le carte in tavola sarebbe stata una telefonata. D’Alema in persona si sarebbe preso la briga di alzare il telefono e contattare il vecchio rivale pugliese Vendola per frenare gli istinti isolazionisti di molti dirigenti di Si: ora che il Pd implode, sarebbe da folli lanciarsi in corse solitarie affollando un campo elettorale già molto ristretto. In ballo non c’è solo il percorso politico, ma anche, questione più concreta, i posti blindati da capolista. Dunque, meglio sedersi a un tavolo e trattare. E ieri Vendola e Fratoianni sono stati ricevuti dall’ex presidente del Consiglio nella sede della fondazione ItalianiEuropei.

«Per un anno abbiamo detto: cultura di governo e riapertura di una prospettiva progressista e democratica nel Paese. Ci hanno detto che eravamo governisti, maggiordomi di Renzi e ambigui sul renzismo», dice Simone Oggionni, dirigente di Si molto vicino a Scotto. «Leggiamo in queste ore interviste a Vendola e Fassina che dicono che D’Alema è un interlocutore. Bene, non avanziamo copyright, siamo anzi felici. Ma allora si faccia un documento unitario, si dica al congresso che la fase è cambiata e che l’ipotesi del quarto polo, della sinistra identitaria, non esiste più». I moderati di Si ora potrebbero decidere di non partecipare al congresso. Perché con la nuova prospettiva, sono convinti, sarebbe dovuto seguire il ritiro di Fratoianni dalla competizione interna, o almeno un chiarimento sulla linea. Ma il passo indietro non ci sarà. Anche perché, formalmente, il leader radicale non ha rinunciato all’idea di interloquire soprattutto con l’universo che non proviene dal Pd, a cominciare da Luigi de Magistris, che pochi giorni fa ha annunciato la nascita di una sua creatura politica. Fratoianni deve riuscire a tenere compatto lo schieramento che finora l’ha sostenuto nella corsa alla segreteria, il blocco massimalista che va da Giorgio Airaudo a Loredana De Petris, passando per Giovanni Paglia, solo per citarne alcuni. Se l’allievo di Vendola scegliesse di seguire la via indicata da D’Alema, molti di loro potrebbero abbandonare il partito. Proprio come potrebbe fare l’ala “dialogante”, che già valuta di disertare il congresso.