C’è un signore che entra ed esce dal coma e vive attaccato al tubo dell’ossigeno. Ha poche probabilità di sopravvivere e queste probabilità sono legate alla possibilità di essere ricoverato in un centro specializzato. Però questo signore è un detenuto e quindi non può essere ricoverato se prima non viene scarcerato. Per fortuna è un detenuto in attesa di giudizio definitivo, dunque la scarcerazione è possibile e abbastanza semplice. Gli avvocati la chiedono con urgenza, i medici giurano che è l’unica possibilità di salvargli la vita. I giudici però dicono di no, perché c’è il rischio che reiteri il reato e inquini le prove. Quale reato? Omicidio. A voi sembra molto probabile che un signore attaccato al tubo dell’ossigeno e che esce ed entra dal coma vada in giro ad ammazzar la gente? O vi sembra possibile che possa fuggire all’estero in un paese senza estradizione per omicidio? Se sei in carcere la Costituzione non vale

Oppure credete che possa inquinare le prove, le quali sono state già tutte esibite e valutate in un processo di primo grado? No. E allora? Allora è accanimento giudiziario.

Non è invece accanimento giudiziario ma semplice – come dire? - leggerezza, quella di un tribunale del riesame – al quale si sono rivolti gli avvocati dopo aver ricevuto il primo rifiuto della scarcerazione – il quale stabilisce che non c’è nessuna urgenza in questa pratica, e rinvia l’udienza. La realtà poi dimostra che l’urgenza c’era – come questo giornale, che ha sollevato il caso, sostiene dal mese di ottobre - perché il detenuto muore prima dell’udienza. E così Stefano Crescenzi da detenuto in attesa di giudizio si è trasformato in detenuto in attesa di morte. E ora la sentenza è stata eseguita.

Probabilmente non c’è assolutamente niente di illegale in quello che è successo. Come non c’era niente di illegale nelle decisioni delle autorità che rifiutarono la scarcerazione al boss Provenzano, che da tre anni viveva in stato poco più che vegetativo. Nessuna norma specifica è stata violata dai magistrati, e il tribunale del riesame aveva pienamente diritto a rinviare. Il contrasto non è tra comportamento dei magistrati e legge, è tra il comportamento dei magistrati e senso dell’umanità. Oppure, se permettete questa piccola forzatura, tra comportamento dei magistrati e civiltà.

Uno dei più grandi intellettuali di sempre, Fëdor Dostoevskij ( che aveva sperimentato le prigioni russe) disse: «Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni». Se gli diamo retta dobbiamo convincerci che purtroppo l’Italia è un paese ancora poco civilizzato.

Tuttavia, sebbene i magistrati coinvolti nel caso Crescenzi non abbiano in nessun modo violato le leggi dello Stato scritte nei codici ( a meno che non vogliamo considerare violazione delle leggi l’uso esagerato della carcerazione preventiva, che però è abitudine vastissima in moltissime Procure) sicuramente hanno violato la nostra Costituzione. Pochi lo sanno, ma la Costituzione oltre ad avere un articolo 26 e un articolo 29, ha anche un articolo 27 e un articolo 28. Sebbene, di solito, questi articoli siano ignorati da quasi tutti, compresi molti costituzionalisti che non sono abituati ad esaltarli. Li ricopio qui. Dice l’articolo 27 ( al terzo e quarto comma): «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte». Poi c’è l’articolo 28 che, al secondo comma, avverte minacciosamente: «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti». E per la verità lo stesso concetto è espresso all’ultimo comma dell’articolo 13 della Costituzione (“E` punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà» ).

Non sono un costituzionalista, però me la cavo con l’italiano e un pochino pochino con la logica. Negare a una persona morente ( colpevole o innocente che sia, non cambia niente) il diritto ad essere curato in modo da poter salvare la vita, è o no una violazione dei diritti, e dunque una violazione dell’articolo 28? E non potersi curare mentre si è in fin di vita non vuol dire subire un trattamento contrario al senso di umanità, e cioè un trattamento proibito dall’articolo 26?

Il problema è che su questi temi nessuno ha voglia di parlare, di discutere. Né tra i politici, né tra i giornalisti. Non portano voti, non fanno guadagnare copie, riguardano i diritti di una parte minoritaria della popolazione. Troverete sempre schiere di costituzionalisti pronti a indignarsi se qualcuno vuole abolire le province o il Senato. Cercatene in giro uno pronto a immolarsi per la difesa dell’articolo 27! Lasciate stare: è fatica sprecata.