Circa trentamila cittadini hanno sottoscritto una petizione con la quale chiedono che siano riconosciuti i benefici previsti dalla cosiddetta legge Bacchelli a un giornalista siciliano, Riccardo Orioles che a 67 anni vive con una pensione di anzianità di qualche centinaio di euro. Petizione e firme sono state consegnate al dottor Antonio Funiciello, capo dell’ufficio del presidente del Consiglio dei ministri: che ha assicurato che “la pratica sarà istruita con sollecitudine e con la dovuta attenzione”.

La legge Bacchelli ( dal nome dallo scrittore bolognese, morto però prima di poterne beneficiare), è un fondo a favore di cittadini illustri, che versano in stato di particolare necessità. Ne hanno usufruito finora una ventina di persone: tra gli altri Guido Ceronetti, Gavino Ledda, Anna Maria Ortese, Ada Merini, Salvo Randone… È un poco che anche uno Stato in dissesto come quello italiano si può permettere, ed è giusto che si permetta. Orioles rientra in questa categoria, quella dei “cittadini illustri in condizioni di particolare necessità”?

Il confine che rende o no “illustre” un cittadino è piuttosto labile: non siamo certo noi che possiamo ( e neppure vogliamo) tracciarlo. Le condizioni di particolare necessità, però ci sono tutte. Orioles, 67 anni, ha una pensione di anzianità: qualche centinaio di euro, che, si legge nel testo della petizione, “non gli consentono di continuare le cure per le sue patologie cardiache e gli acciacchi dovuti all’età”. Orioles, con Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984, dà vita al mensile I Siciliani.

È anche tra i fondatori del settimanale Avvenimenti, e anima altre pubblicazioni e riviste di analogo “segno” e impegno. Un tipo di “segno” e impegno che ha assunto e assume posizioni molto discutibili: caratterizzate da quel giustizialismo che è la cifra di quell’“antimafia” che in nome di una “sostanza” sacrifica la “forma” considerandola un fastidioso orpello; un “dettaglio” di cui si può non tenere conto. Una scuola di pensiero riassumibile così: il fine giustifica il mezzo. Un tipo di “antimafia”, di “impegno”, che a noi non è mai piaciuto e ci sembra pericoloso quanto il male che dichiara di contrastare: perché i mezzi, più che “giustificare”, qualificano ( e pregiudicano) i fini.

Riccardo Orioles insomma fa parte di quella “cultura”, di quel “sentire”, che da trent’anni si manifesta e aggredisce con inusitata violenza ( e volgarità) Leonardo Sciascia: “colpevole”, con il suo articolo redazionalmente intitolato “I professionisti dell’antimafia”, di metterci in guardia dai micidiali rischi che si corrono “retorica aiutando e spirito critico mancando”. Quel tipo di “cultura”, di “sentire” che procura a Sciascia l’accusa d’essere un quaquaraquà, di non essere più lui; di aver scritto, con Il giorno della civetta, un romanzo che glorifica la mafia, di cui la mafia si compiace… Forse, oggi, qualcuno per quei giudizi si rammarica; forse, alla luce di quanto è accaduto in questi anni, riconosce la fondatezza dell’allarme di Sciascia; ma pochi. I più preferiscono dimenticare, e farsi dimenticare.

Non Orioles. Su I Siciliani giovani, di recente Paolo Miggiano scrive della “vista lunga” di Sciascia: “… occorre riconoscerlo, ci sono troppi segnali che dicono che oggi oltre alla mafia, la camorra, la ‘ ndrangheta, la sacra corona unita, le mafie che si fanno sempre più imprenditrici, c’è un nemico in più ed è fatto da persone che portano la faccia di… anti- mafiosi di maniera”. Dopo aver compilato un lungo elenco di questi anti- mafiosi di maniera, Miggiano ne ricava: “… probabilmente Sciascia sbagliò bersaglio, ma ebbe certamente la vista lunga”.

Orioles dissente in modo che più radicale non può essere. Ritaglia la situazione piegandola al suo “sentire”: “Sciascia non aveva ‘ la vista lunga’; era semplicemente un intellettuale che scriveva sul giornale allora in mano alla P2, il Corriere della Sera di Ostellino. In questa veste, favorendo oggettivamente il potere mafioso, attaccò il principale politico che si ribellava alla mafia, Orlando, e il giudice che contro la mafia lottava, Borsellino”. Orioles si stupisce “di trovare su un giornale come I Siciliani, organo dei ‘ professionisti dell’antimafia’ quelli veri”, interventi come quello di Miggiano. Ma fino a un certo punto: “ I Siciliani”, sentenzia, “è un giornale libero, senza padroni: ben vengano perciò anche gli articoli dei qualunquisti – come Miggiano – in buona fede”.

Senza addentrarci nella specifica questione dell’essere o meno qualunquisti, tollerabili se in buona fede ( ma quale sinedrio per chissà quale magia e virtù sarà in grado di distinguere la buona fede dalla cattiva?), se si cita Orioles non è per contestarlo; piuttosto per documentare come appartenga alla categoria di quanti restano incrollabili nelle loro opinioni, mai attraversati dal beneficio del dubbio; se non per tutte le cose, certamente per quel che riguarda Sciascia: oggi come trent’anni fa, “colpevole” di aver favorito, oggettivamente, la mafia. Lo dice e lo rivendica, Orioles, da orgoglioso “professionista dell’antimafia”. Professionista “vero”.

Da qui, per celia ( ma con ben poco divertimento), si può aggiungere che la categoria dei professionisti dell’antimafia si compone di almeno due sottospecie: quella “vera”, cui necessariamente ne deve corrispondere una che vera non è ( diciamolo pure: falsa). Si potrebbe poi aggiungere che ce n’è una terza, più silenziosa, discreta, efficace nel suo fare: quella degli “autentici”, professionali più che professionisti si sarebbe tentati di dire; ma qui lo si sussurra appena, una sorta di nota a pié di pagina. Occupiamoci piuttosto dei professionisti antimafiosi “veri”; grazie a Orioles ci rendiamo conto che si suddividono in ulteriori due sotto- categorie. Tra i professionisti antimafiosi veri si deve annoverare, infatti, chi dopo uno spesso ondivago percorso politico con incarichi di rilievo, è ora Advisor di importanti società; chi opera più o meno brillantemente in questo o quell’altro partito; chi è presente sul fronte giornalistico- editoriale; per non parlare in ambito della magistratura. Ovvio che ognuno ha una sua storia, un suo percorso che “parla” e pesa. Però a soppesarne con un minimo di onestà intellettuale, alcune di queste storie si conferma la fondatezza del già citato “retorica aiutando e spirito critico mancando”.

Non così si può dire di Orioles: anche per lui può valere quell’abbondanza di retorica; anche nel suo caso si può pensare che manchi lo spirito critico. Certamente non si può dire che da quell’“abbondanza” e da quella “mancanza” ne abbia ricavato un grande guadagno. Lui, no. Orioles ha racimolato una manciata di contributi pensionistici, in cambio di quel suo “impegno”. Niente di più.

Non fosse altro che per l’omaggio che si deve a questa sua non pagante coerenza, è giusto che possa beneficiare del modesto vitalizio previsto dalla legge Bacchelli.