Sono terminate in concomitanza con l’Epifania le visite dei militanti e dei dirigenti del Partito radicale nelle carceri italiane. Quaranta gli istituti di pena, da nord a sud passando per le isole, in cui i radicali dal 23 dicembre hanno trascorso parte delle festività natalizie insieme con i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria. Questo è stato il primo anno senza il leader Marco Pannella ma la sua scomparsa, avvenuta lo scorso 19 maggio, non ha fermato la tradizione radicale di condividere le feste e “dare speranza” a quelli che Pannella appellava con “gli ultimi”. Per fare un bilancio dell’iniziativa abbiamo incontrato Sergio D’Elia, membro della presidenza del Partito radicale e segretario di Nessuno Tocchi Caino.

Partiamo subito dalle condizioni delle carceri. Qual è il loro stato di salute?

Chiaramente è difficile esprimere un giudizio che possa fornire un quadro complessivo. Ci sono realtà diverse in tutta la penisola. Il carcere di Lecce è un esempio virtuoso nel sud d’Italia, grazie all’opera straordinaria della direttrice Rita Russo e del comandante Riccardo Secci. E’ una delle carceri dove è stata sperimentata la vigilanza dinamica e dove le attività trattamentali, come i corsi scolastici, le attività teatrali e imprenditoriali come la sartoria, sono molto ben sviluppate”.

Esempi meno virtuosi invece?

Non è una questione di graduatorie ma il problema è che lo Stato ha distratto le somme necessarie affinché gli istituti fossero migliorati o almeno portati al di sopra della soglia minima di tolleranza. I direttori e le guardie hanno supplito a queste carenze andando ben oltre il loro dovere ma questo è passato da situazione estemporanea a condizione sistemati- ca. Non si può continuare così e sarebbe ingiusto quindi fare una classifica tra le carceri perché si tratterebbe di fare una graduatoria dei ' penultimi'.

Il primo anno senza Marco questo.

Quest’anno purtroppo non ci sono stati cori a favore di Marco, ma noi tutti lo abbiamo sentito con noi, come fonte di ispirazione. Un detenuto ci ha chiesto di portare un fiore a Marco al cimitero. Sia i detenuti che gli operatori ci hanno accolto come sempre hanno accolto Marco, erano letteralmente felici che la tradizione pannelliana, direi cristiana, nel fare visita ai carcerati non si fosse interrotta durante le festività. Erano commossi e rincuorati dalla nostra presenza. “Ci sentiamo più liberi quando venite voi” ci hanno ripetuto, molte volte commossi. La presenza di Marco era unica nelle carceri ma siamo orgogliosi di poter portare il suo messaggio di speranza a tutta la comunità penitenziaria. Per la maggior parte delle persone può sembrare strano quello che dico, perché purtroppo il carcere è concepito come una discarica sociale che comporta una disumanizzazione del detenuto. Al contrario io, come il partito radicale, come il Papa stesso, credo che le carceri debbano essere luoghi dove si coltivi la speranza e non ci si abbandoni alla disperazione; solo se si incarna la speranza è possibile concepire quella finalità della Costituzione per il quale le pene devono tendere alla rieducazione e al reinserimento sociale di persone, prima che di detenuti.

Passiamo alla questione sovraffolamento: 54.653 reclusi per 50.228 posti nei 191 penitenziari italiani. L’impegno di Orlando per migliorare la situazioni delle carceri sta funzionando?

La situazione è leggermente migliorata per il sovraffollamento, anche se si registra una tendenza all’aumento: dall’inizio del 2016 ad oggi registriamo un aumento di 1600 detenuti in tutte le carceri. Purtroppo abbiamo riscontrato altri problemi oltre a questo.

Quali?

Mancano progetti per rieducare il detenuto e metterlo nelle condizioni di rientrare in società senza sentirsi un emarginato e con gli strumenti per ricominciare. La mancanza forse più grave e che è strutturale in tutte le carceri è l’organico insufficiente di educatori da un lato e di magistrati di sorveglianza e dello staff a supporto del magistrato stesso dall’altro lato. Se vengono meno questi elementi è illusorio pensare di concedere pene alternative ai detenuti.

La storica battaglia del Partito radicale è per un provvedimento di amnistia e indulto. Ma a tenere caldo il dibattito c’è la riforma, bloccata al Senato, della giustizia.

Pannella concepiva il provvedimento di amnistia come necessario, strutturale, per una radicale riforma della giustizia, una giustizia inefficiente e lenta. La parola “amnistia” – vietata e condannata – va riabilitata. Tuttavia è un obiettivo difficile da raggiungere considerate le priorità dell’attuale classe politica dirigente. Ma quello che si può fare subito è stralciare dalla parte del Ddl sul processo penale la parte che riguarda l’ordinamento penitenziario.

Il prossimo passo?

Consegnare a Papa Francesco, al ministro Andrea Orlando e al Capo dello Stato Sergio Mattarella il volume “Forza Francesco, grazie Marco”, in cui abbiamo raccolto le circa 20000 lettere di detenuti che ci sono arrivate in concomitanza con la marcia per l’amnistia dello scorso novembre.

IL SEGRETARIO DI NESSUNO TOCCHI CAINO RACCONTA LE VISITE NEGLI ISTITUTI PENITENZIARI: «CI HANNO CHIESTO DI PORTARE UN FIORE A PANNELLA AL CIMITERO. MA PER DARE DAVVERO SPERANZA AI DETENUTI OCCORRONO FONDI E PROGETTI. MANCANO ANCHE OPERATORI E MAGISTRATI DI SORVEGLIANZA»