L’importanza del fare educazione alla legalità consiste non soltanto nel rispettare le leggi ma anche nel conoscerle, insegnarle e impegnarsi affinché siano in difesa di ogni persona e nel rispetto della naturale diversità. Don Lorenzo Milani amava dire: «In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare le leggi è d’obbedirle. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste ( cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste ( cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate» ( cfr. Lettera ai giudici, Barbiana, 18 ottobre 1965).

Da tale educazione scaturisce l’impegno civile sicché oggi parlare di bene comune costringe a fermarsi ed a porsi delle domande sulle scelte che facciamo ogni giorno per costruire il nostro benessere. In questo senso l’educazione ha delle grosse potenzialità: oltre all’imparare a conoscere, all’imparare a fare e all’imparare ad essere, c’è pure l’imparare a vivere insieme agli altri. Uno degli obiettivi dell’educazione, nelle sue molteplici forme, è quello di creare legami sociali tra le persone sulla base di punti comuni di riferimento. I mezzi usati sono diversi, come lo sono le culture e le circostanze, ma in ogni caso il fine centrale dell’educazione è la realizzazione della persona come essere sociale.

L’educazione alla legalità passa così anche attraverso l’impegno di formazione dell’uomo ai principi della convivenza umana, che nell’ordinamento italiano trovano indubbio radicamento nei Principi Fondamentali della carta costituzionale. Si tratta di educare al rispetto delle regole della convivenza civile e politica, le quali anche quando determinano obbligazioni e diritti di per sé opinabili ( e sempre che non impongano il male) vanno rispettate perché l’ordinata convivenza della stessa comunità lo esige. È compito semmai dei cittadini quello di promuovere nei modi previsti dall’ordinamento l’approvazione di leggi migliori o l’abrogazione di quelle inutili o, comunque, superate.

Come realizzare praticamente questa educazione?

La scuola, oltre la famiglia, è in un certo senso l’istituzione che deve maggiormente contribuire ad educare, almeno sotto il profilo della conoscenza, a tali valori. La scuola è chiamata a trasmettere cultura perché è attraverso questa che il bambino/ ragazzo/ giovane si forma e si educa. Questi deve essere messo in grado di valutare, discernere, apprezzare, rifiutare, ma con la possibilità di non sentirsi raggirato o ingannato.

L’educazione costituisce la leva strategica per un futuro di pace e per una convivenza umana più giusta e più solidale. In tal senso la scuola contribuisce ad esprimere una vivacità culturale tesa alla formazione integrale, al sapere critico, alla coltivazione dei valori sociali e civili, all’edificazione del bene comune.

Oggi l’educazione alla legalità si è evoluta pure in educazione alla cittadinanza. Se la parola legalità evoca spesso denunce, avvisi di garanzia, procedimenti giudiziari, carcere, la parola cittadinanza suggerisce ambiti e percorsi più sereni. Tuttavia, la legalità non è un semplice atto formale, ma è espressione del grado di moralità di ognuno di noi. La cittadinanza è l’espressione del plurale, dell’incontro, del dialogo, della fatica esigente per la costruzione di un mondo migliore; è la capacità di saper andare oltre sé stessi.

In questo contesto l’Avvocatura, pure in virtù della propria inequivocabile funzione sociale, intende promuovere iniziative dedicate all’educazione al rispetto delle regole, alla legalità e alla cittadinanza, mettendo a servizio della comunità la propria competenza giuridica e la propria professionalità allo scopo di contribuire alla formazione di bravi/ e uomini/ donne e buoni/ e cittadini/ e, senza trascurare il processo di integrazione europea e globale, in linea anche con le recenti modifiche in ambito scolastico.

Pertanto, il progetto Alternanza Scuola Lavoro, elaborato dal Consiglio Nazionale Forense e indirizzato agli studenti della scuola secondaria di secondo grado, si propone di meglio coniugare lo studio, l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze con una pratica di comportamenti positivi nella vita quotidiana e nel mondo lavorativo, ispirati al rispetto della vita, delle persone, delle regole e di valori condivisi per crescere, anche a partire dalla Costituzione della Repubblica Italiana.

Un efficace esempio di cooperazione tra i diversi settori della società e, segnatamente, fra l’Avvocatura, le Istituzioni e la Scuola per avvicinare – a partire dalla concretezza quotidiana – i giovani al lavoro, passando gradualmente ( e senza troppi scossoni) dalla teoria alla prassi o, se si preferisce, dall’ortodossia all’ortoprassi.

Una iniziativa che non intende soltanto insegnare qualcosa, ma che vuole favorire la condivisione di principi, valori e stili di vita.