«Non creeremo problemi, anzi invito le famiglie dei diplomatici statunitensi a passare il Capodanno al Cremlino. E faccio i migliori auguri a Obama e alla sua famiglia. Peccato però che abbia voluto chiudere così» gioca al gatto con il topo il presidente russo Vladimir Putin dopo l’espulsione di 35 diplomatici russi dagli Stati Uniti. Nella tarda serata di giovedì il presidente Barack Obama aveva annunciato il durissimo provvedimento contro membri del GRU e dell’FSB, servizi di intelligence russi, accusati di «aver compiuto attacchi informatici volti a destabilizzare il percorso elettorale e le istituzioni americane». A meno di due mesi di distanza dal voto che ha premiato Donald Trump contro Hillary Clinton, la cyberguerra fra Mosca e Washington è entrata nel vivo. Il presidente americano ha motivato la decisione con le indagini di Fbi e Cia sul presunto hackeraggio russo dei sistemi informatici del partito democratico, volto a favorire il candidato repubblicano. In un primo momento sembrava che la reazione russa sarebbe stata di pari livello: «Espelleremo 35 diplomatici americani in 72 ore e chiuderemo due sedi diplomatiche degli Stati Uniti in Russia» aveva anticipato il ministro degli esteri Sergei Lavrov. Invece, nel tradizionale messaggio di fine anno, Putin lo ha smentito ma ha mantenuto «il diritto di reciprocità» che gli permette di tenere la pistola carica in attesa delle mosse della prossima amministrazione.

È proprio Donald Trump a rimanere con il cerino in mano. Lo ha ammesso alla CNN anche Kellyanne Conway, una dei suoi consiglieri: «Non credo che nel corso della Guerra Fredda gli Usa abbiano mai espulso così tanti diplomatici russi. Non vorremmo che questa decisione fosse esclusivamente politica, per danneggiare il presidente entrante». Dal canto suo Trump ha sempre cercato di minimizzare i so- spetti sui presunti ‘ aiutini’ russi a suo favore, dicendo che «se hackeraggi ci sono stati, li avrà fatti un ciccione americano di 400 kg dal divano di casa sua» o che comunque «per l’America è tempo di guardare al futuro e occuparsi di temi più importanti e più urgenti». Frase che ha ripetuto anche ieri, ma con un’aggiunta: «La prossima settimana riceverò i vertici della nostra intelligence per avere il quadro della situazione». Un obbligo di sicuro poco gradito al presidente eletto, che nella fase di transizione ha rifiutato i briefing quotidiani con CIA e FBI, definendosi «troppo intelligente per dover sentire ogni giorno la stessa storia». Una volta in carica Trump potrebbe cancellare queste sanzioni con una semplice firma, ma il vero problema lo avrà con il suo partito: «I russi non sono nostri amici e il Congresso lavorerà per far sì che qualsiasi attacco contro gli Stati Uniti abbia una risposta adeguata» ha detto il leader della maggioranza repubblicana al Congresso, Mitch McConnell. Tutti i nomi di maggior peso del Gop hanno salutato con favore le sanzioni annunciate da Obama, pur accusando il presidente uscente di «aver avuto la mano morbida con i russi per tutta la sua presidenza». «Queste sanzioni sono solo un piccolo prezzo che la Russia paga. - hanno scritto John McCain e Lindsey Graham, due big fra i repubblicani - E noi faremo di tutto per approvare provvedimenti ancora più importanti». Mentre al Congresso i Repubblicani hanno una forte maggioranza su cui Trump può giocare, alla Camera sono solo 3 i voti che li dividono dai Democratici e il tema delle sanzioni alla Russia, così come la nomina dell’ «amico del Cremlino» Rex Tillerson a Segretario di Stato, rischiano di intrappolare Trump: «La Russia non condivide gli interessi dell’America» ha detto lapidario Paul Ryan, speaker della Camera, repubblicano fra i più riottosi a sostenere Trump nella sua corsa alla Casa Bianca.

La spavalderia di Putin potrebbe infrangersi di fronte al- la relazione sui presunti attacchi russi che Obama presenterà a breve al Congresso. Una mossa così roboante come l’espulsione di 35 diplomatici si basa presumibilmente su prove pesanti e incontrovertibili. Per adesso però ci sono solo 13 pagine stilate dall’FBI e dal Dipartimento per la Sicurezza Nazionale che gli esperti di sicurezza informatica hanno bollato come «troppo superficiali». L’intelligence statunitense parla di attacchi di team hacker come Fancy Bear o Guccifer 2.0 che sono stati protagonisti in passato di azioni contro Microsoft, l’agenzia mondiale antidoping o il canale francese TV5Monde, oltre ad aver interferito nelle elezioni in Georgia: «L’attacco russo ai Democratici è simile a molti altri degli ultimi 15 anni. Perché allora questa risposta così importante?» si chiede su Twitter Tom Killalea, ex vice responsabile della sicurezza informatica di Amazon. Ad Obama il compito di rispondere e giustificare così la sua frase: «Tutti gli americani dovrebbero essere preoccupati dalle azioni dei russi. E tutto fa presupporre che vorranno interferire anche nelle elezioni europee. Noi continueremo a rispondere con tempi e modi che non saranno pubblicizzati» .