Le suggestioni, si sa, quando si depositano in fondo all’animo ristagnano: cacciarle si dimostra complicato. Ma siccome in politica alimentano e producono conseguenze, forse inseguirle può diventare una chiave per capire cosa sucede. Partiamo dall’esclusioni dei verdiniani dalla lista dei sottosegrertari. E’ il secondo diniego, dopo il rifiuto del loro voto sulla fiducia: non può essere un caso. Infatti è una suggestione. Elettorale, precisamente. Infatti quei due no sono altrettanti cucchiai di miele offerti da Matteo Renzi alla minoranza interna dopo il big splash referendario. Legge elettorale: che succede se l’unico sconfitto è il Colle?

Il primo era stano il rilancio del Mattarellum; il secondo è la discontinuità con la maggioranza precedente e il recupero di un identità di partito meno incline alle sirene centriste. La conseguenza è la sepoltura dell’ascia di guerra, che non vuol dire pace: il referendum sul job act e prima ancora la sfiducia al ministro Poletti ( ma che la sinistra dem voti con Grillo e Salvini e da vedere..) posso fungere da focolai incendiari. Però è un fatto che su due temi che da sempre alimentavano il fuoco amico (?) contro il quartier generale del Nazareno, è scesa una cortina di appeasement.

Ma guai a pensare che si tratti di ritrovato galateo interno: la suggestione dove la mettiamo, altrimenti? Casomai c’è un calcolo che tanto appariscente non è eppure può risultare decisivo. Calcolo che riguarda la legge elettorale, impegno prioritario del Parlamento se si vuole andare alle urne, e che contiene il paradosso dei paradossi così riassumibile: per arrivare all’approvazione della riforma bisogna fare alleanze ma al tempo stesso stilarle è impossibile.

Vediamo. Come è noto, il tripolarismo italiano, tra i tanti frutti avvele- nati, ne ha prodotto uno velenosissimo: tre minoranze di più o meno simile entità nessuna delle quali da sola può sperare di diventare maggioranza. Schiantatosi contro il muro del 60 per cento di No l’Italicum, che proprio quell’impasse tendeva a superare con una torsione del meccanismo elettorale volta a consegnare la maggioranza dei seggi ad una minoranza anche esigua nel Paese, ora è il turno di addivenire ad un nuovo sistema anche - anzi soprattutto - pescando dal repertorio del già visto. Solo che, ecco il punto, in virtù del teorema delle tre minoranze, con l’aggiunta della Lega che gioca su due tavoli, le alleanze diventano obbligate. Solo che nessuna delle tre le vuole fare, giudicando la contaminazione con un altra forza troppo negativa sul piano elettorale per essere sottoscritta. Così succede che Renzi, pur sapendo che la sola intesa possibile è con Berlusconi, rilancia il bipolarismo maggioritario quando l’ex Cav punta esplciitamente al proporzionale. Risultato: non se ne fa niente, almeno al momento. Idem sul fronte opposto. Il Carroccio avrebbe qualche interesse a cercare liaison con i Cinquestelle ma punta sulla stessa carta di Renzi, naturalmente scavando un solco con i grillini già di per sè ultra riluttanti a cercare sintonie con chicchessia. Rimarrebbe Renzi che si avventura verso Grillo: ma è fantascienza. Oppure che l’ex comico cali il ponte levatorio verso il patron di Mediaset trovandolo disposto a ricambiare la cortesia: fantascienza ancor più inverosimile.

E allora? Allora niente, non si fanno intese. Al di là delle dichiarazioni e degli anatemi di rito, il gioco potrebbe diventare scoperto il 24 gennaio, quando la Corte Costituzionale si pronuncerà sui ricorsi contro l’Itali-cum. A seconda del verdetto, con un esercizio di taglia e cuci come è stato per il Porcellum del Senato, ne potrebbe venir fuori un sistema certamente sbilenco ma sicuramente costituzionale. E con l’etichetta “immediatamente applicabile” scritta sopra, a caratteri cubitali.

Ecco dunque che la suggestione iniziale acquista un senso preciso: se si va a votare in tempi ristrettissimi con i moncherini elettorali licenziati dalla Corte, è fondamentale che il Pd si presenti unito alle urne. Dunque che la pace armata tra renziani e monoranze diventi effettiva. Per esempio dando il via a liste che contentino o quasi tutte le anime del partito. E poi decidano gli elettori. Vale anche per le altre due forze. I grillini non potrebbero che essere contenti di aprire velocemente le urne, tanto loro il problema della governabilità che può scaturire da eventuali accordi con altri lo considerano una bestemmia o giù di lì. E quanto a Berlusconi, magari qualche mugugno lo produrrebbe. Tuttavia anche lui non potrebbe lamentarsi più di tabnto. Il Consultellum del Senato è praticamente un proporzionale con sbarramenti alti o altissimi che segnerebbe la fine dei partitini. E quanto alla Camera, il lavoro dei giudici costituzionali certo non potrebbe aumentare il tasso di ultra maggioritario presente nell’Italicum. Piuttosto il contrario. Però, però... Come dice la Treccani, la suggestione è quel “fenomeno della coscienza per cui un’idea, una convinzione, un desiderio, un comportamento sono imposti dall’esterno, da altre persone o anche da fatti e situazioni valutati non obiettivamente, e da impressioni e sensazioni soggettive non vagliate in modo razionale e critico”. Il tutto per sottolineare che alla fin fine quest’infinito balletto di paradossalità uno sconfitto lo produrrebbe: il capo dello Stato. E’ stato Mattarella, infatti, ad insistere sulla necessità di armonizzare i due sistemi di voto per Camera e Senato rendendoli quanto più omogenei possibile. Ben sapendo che il rodeo elettorale con due meccanismi così bislacchi minaccia di produrre risultati contorti tali da rasentare l’illogicità. Col rischio che produrre una maggioranza e formare un governo diventerebbe un Calvario. Pazienza: i presidenti, è noto, in Italia prima si eleggono e poi si disattendono. Giusto per vedere l’effetto che fa.