Il 6 dicembre la Cedu ( Corte europea dei diritti umani) ha depositato una sentenza che, al pari di quella Torreggiani, è destinata a essere un pronunciamento importante in tema di trattamento inumano e degradante. La vicenda ricorda molto da vicino quanto accaduto a Totò Cuffaro. E cioè quando all’ex governatore siciliano, ristretto nel carcere di Rebibbia, fu negato il permesso di vedere la madre morente e di partecipare al funerale del padre. Il ricorso in questione alla Corte di Strasburgo, contro lo Stato rumeno era stato presentanto da Florian Kanals, un detenuto che lamentava le condizioni di detenzione subite nelle carceri di Oradea e di Rahova e il rifiuto delle autorità carcerarie di concedergli un permesso per partecipare al funerale della madre. Kanals era stato condannato, nel 2011, a dodici anni e mezzo di carcere per tentato omicidio. Dopo l’applicazione di disposizioni più favorevoli, la pena era stata ridotta a dieci anni. Inizialmente Kanals è stato recluso in una cella di 9 mq con altri tre detenuti, dotata di servizi igienici con una superficie di 1 m ² e senza alcuna ventilazione. Cella illuminata solo da tubi al neon che gli avrebbero causato un peggioramento della vista e l’insorgenza della calvizie. Poi è stato trasferito in una cella di 20 mq con altri undici altri detenuti. Anche questa cella non aveva illuminazione naturale o un sistema di ventilazio- ne. Il cibo era di pessima qualità, cosa che ha causato frequenti intossicazioni. Dall’inizio della sua carcerazione, Kanals ha avuto a disposizione un’ora d’aria al giorno.

Il 21 marzo 2014 Kanals aveva chiesto alla direzione del carcere di Oradea un permesso per partecipare al funerale della madre. La domanda era stata respinta in quanto “stava scontando una pena di dodici anni e mezzo di carcere per tentato omicidio in regime chiuso e perché aveva già ricevuto un permesso premio nello stesso mese”. Kanals aveva, allora, presentato una denuncia per abuso di autorità contro il direttore del carno, cere di Oradea. Il pubblico ministero presso il tribunale di Oradea aveva però archiviato la cosa. Sul punto bisogna premettere che la legge penitenziaria rumena prevede che la persona condannata possa, se meritevole, chiedere alla direzione del carcere l’autorizzazione per un giorno premio, ma non più di quindici, all’anno. In caso di diniego ci si può rivolgere al giudice di sorveglianza. Va detto che in Romania non è un “diritto” per i detenuti avere permessi premio ma una possibilità.

Nell’esame del ricorso, la Cedu, in premessa, ricorda la Raccomandazione Rec ( 2006) 2 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee ( adottato in data 11 gennaio 2006) in particolare: ' Quando le circostanze lo permettono al detenuto deve essere consentito di uscire dal carcere sia sotto scorta o da solo - per visitare un parente malato, un funerale o per altri motivi umanitari”. E che nessuno, poi, può essere sottoposto “a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.

La Romania è stata già piu volte condannata per lo stato delle sue carceri. Ed invitata a compiere sforzi per migliorare le condizioni di detenzione, con particolare riguardo al sovraffollamento e all’igiene. Pur essendo quello carcerario un problema strutturale in Romania, la Cedu ricorda che ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto. La Corte ritiene che il rifiuto a Kanals di partecipare al funerale di sua madre debba essere considerato come una interferenza con il diritto del ricorrente al rispetto della vita familiare ai sensi dell’articolo 8 della la Convenzione. Inoltre, la Corte osserva che la ' procedura, contingentata, per la concessione di permessi premio, nel caso di richiesta di permesso per partecipare al funerale di un membro della famiglia non è applicabile”. La Corte precisa che “le autorità nazionali non hanno effettuato un bilanciamento degli interessi in gioco, vale a dire, in primo luogo, il diritto del ricorrente al rispetto della vita familiare, e, in secondo luogo, la difesa dell’ordine e della sicurezza pubblica e la prevenzione del crimine”. In base a queste considerazioni la Cedu ritiene che il ricorrente abbia subito un danno. E, all’unanimità, nell’accogliere il ricorso di Kanals, condanna anche la Romania a versargli 15.000 euro a titolo di risarcimento.