Il Ministro Poletti è nella bufera e rischia il posto. Due mozioni di sfiducia pendono sulla sua testa e la sinistra Pd potrebbe fargli mancare la maggioranza. Bisogna dire, onestamente, che nella bufera ci si è cacciato da solo, per via di quel vizio di molti dei nostri politici che parlano senza prima pensare a quel che stanno dicendo. Giuliano Poletti, in pochi giorni, prima ha rilasciato dichiarazioni a ruota libera sui marchingegni possibili per evitare il referendum sul Job Act, e poi ha deciso di dichiarare pubblicamente che gran parte dei giovanotti italiani costretti a emigrare per trovar lavoro «è meglio levarseli dai piedi». Diciamo che ha superato di gran lunga le gaffe commesse una decina di anni fa dal ministro dell’economia, Padoa Schioppa, che definì “bamboccioni” i disoccupati giovani e poi disse anche che le “tasse son belle”, tirandosi addosso montagne di polemiche delle opposizioni e un po’ pure della maggioranza. Poletti rischia la sfiducia Per due frasi e per il figlio

Però Padoa Schioppa era uno dei due o tre maggiori economisti italiani, forse uno dei più prestigiosi d’Europa. Magari poteva permettersi anche di dire delle stupidaggini. Giuliano Poletti dai più - non è considerato una vetta.

La mozione contro di lui è stata presentata da una inedita alleanza tra destra e sinistra, e cioè Lega Nord e Sinistra Italiana ( ex Sel) sostenuta dai 5Stelle. Al Senato. Alla Camera, invece, dove Sinistra Italiana non ha i numeri è stata presentata dai 5 Stelle e Sinistra Italiana ha dato l’adesione.

Tutto questo in un clima di “antipolettismo” reso ancor più incandescente dalla rivelazione che suo figlio, che si chiama Manuel, e ha 42 anni, e fa il giornalista, lavora come direttore di un settimanale che appartiene a una cooperativa che fa parte della grande famiglia della Lega delle Cooperative delle quali suo padre era il presidente prima di diventare ministro. Niente di particolarmente grave, certo. Però questo giornale prende i finanziamenti pubblici. Niente di grave lo stesso, visto che c’è una legge che prevede che i giornali di cooperativa abbiano il diritto a ricevere un contributo alle spese di produzione. E tuttavia questa circostanza ha invelenito ulteriormente l’atmosfera. La Lega - la Lega Nord, stavolta, non la Lega delle Cooperative - ha presentato un esposto in Procura chiedendo che si verifichi che il giornale di Manuel abbia davvero diritto ai contributi pubblici. Chi conosce un po’ queste cose sa che il meccanismo dei finanziamenti ai giornali, che fino a qualche anno funzionava in modo molto approssimativo e consentiva parecchi abusi, ora è diventato rigorosissimo, ed è assai improbabile che si siano verificate irregolarità. Tutto lascia credere che il settimanale del giovane Poletti abbia le carte in regola. Però la politica è così: al ministro non lasciano passare quella frase sui «giovani fuori dai piedi» e trovano che fosse particolarmente da “faccia di bronzo” sottovalutare le difficoltà a trovare lavoro delle nuove generazioni avendo un figliolo che forse ha avuto qualche facilitazione a lavorare in un giornale della Lega delle Cooperative. E poi in Italia da un po’ di tempo - specie da quando esistono i 5 Stelle - l’abitudine di fare pagare ai padri le colpe dei figli - o viceversa - è molto diffuso. Basta pensare alla Boschi, nei guai per il papà o all’ex ministro Lupi costretto a dimettersi per un avviso di garanzia al figlio.

Contro Poletti sono molto adirati anche i giovani del Pd. Che hanno scritto lettere e comunicati di fuoco. I voucher sono il problema questo sì drammatico, perché finora abbiamo parlato solo di polemiche sulle parole - che rischia di aggravare molto la situazione. Ieri Poletti ne ha parlato alla Camera. Cioè ha parlato di quel pezzetto del Job Act che introduce questa nuova forma di precariato, il voucher che si prende dal tabaccaio, si paga, porta con sé una tassa “flat” e poi si consegna al lavoratore come se fosse moneta contante o come se fosse una busta paga. È una forma estrema di precariato, al confine col lavoro nero, ma legale. Poletti ha detto che vedrà se bisogna correggere qualcosa. Roberto Speranza, uno dei capi della minoranza del Pd, ha scritto a Poletti che o il governo cancella i voucher o la sinistra Pd vota la sfiducia. E a quel punto che succede? Se davvero ci fosse una rottura così clamorosa nel Pd, perdipiù su un tema cruciale come il diritto del lavoro - francamente più robusto del dissenso sul mantenimento o no del Senato e quindi sul referendum - il Pd si spaccherebbe di sicuro, e il governo potrebbe salvarsi solo se lo salva Berlusconi.

Non inizia bene per Gentiloni. Chissà, magari Poletti potrebbe anche aiutarlo facendosi da parte. Anche se le richieste di dimissioni sembrano piuttosto infondate, talvolta serve anche spirito di sacrificio personale e generosità, nel far politica.