Era tra la vita e la morte all’Ospedale Filippo Neri di Roma, ma non ce l’ha fatta: è morto nella mattinata di sabato.

Si tratta di Alfredo Pagani, assistente capo della polizia penitenziaria di 42 anni originario della Campania e in servizio al carcere minorile Casal del Marmo di Roma. L’uomo, celibe, in realtà mancava dal servizio da diversi mesi per una patologia psicologica, ma viveva in caserma. Gli era stata ritirata la pistola, ma questo non ha impedito che mettesse in atto il tragico gesto di impiccarsi all’interno del bagno con una cinghia. Appena l’hanno trovato i colleghi si sono attivati per soccorrerlo, lo hanno portato all’ospedale, ma è stato inutile.

«Sono davvero sgomento - spiega attonito Donato Capece, segretario del Sappe -, dall’inizio dell’anno sono stati ben 6 i poliziotti penitenziari che si sono tolti la vita. Dal 2000 ad oggi oltre cento sono stati i casi di suicidio nel Corpo di Polizia e dell’Amministrazione penitenziaria». Poi Capece prosegue: «Non conosciamo le ragioni del tragico gesto del collega. Certo è che è luogo comune pensare che lo stress lavorativo sia appannaggio solamente delle persone fragili e indifese: il fenomeno colpisce inevitabilmente anche quelle categorie di lavoratori che almeno nell’immaginario collettivo ne sarebbero esenti, ci riferiamo in modo particolare alle cosiddette “professioni di aiuto”, dove gli operatori sono costantemente esposti a situazioni stressogene alle quali ognuno di loro reagisce in base al ruolo ricoperto e alle specificità del gruppo di appartenenza.

L’Amministrazione penitenziaria e quella della giustizia minorile non possono continuare a tergiversare su questa drammatica realtà».