A sentire la grinta, sempre però unita al sense of humor, che sfodera a Montecitorio nella replica contro i Cinque Stelle saliti sull’Aventino, Paolo Gentiloni sembrerebbe tutt’altro che un premier destinato a durare solo pochi mesi. Quindi, giusto il tempo per dar modo a Matteo Renzi di riorganizzare le truppe e andare al voto anticipato, con l’obiettivo di prendersi la rivincita. Gentiloni nel suo discorso, prima del voto di fiducia a Montecitorio ( ottenuta con 368 voti, quindi tutto il Pd insieme all’area centrista), ricorda che la durata di un governo la stabilisce a norma di Costituzione il Parlamento. Quindi, finché gli verrà data la fiducia il governo resterà al suo posto. Discorso ovvio, obbligato, anche per il rispetto dovuto al Capo dello Stato? Certamente sì. Ma che si debba andare a votare quanto prima Renzi lo ha ribadito l’altro ieri alla direzione del Pd. E sicuramente Gentiloni è d’accordo con lui, altrimenti non avrebbe accettato di presiedere un esecutivo che per l’ 80 per cento è rimasto uguale a quello precedente del cui lavoro ha detto di essere orgoglioso. E però la confusa situazione politica provocata dalla pesante sconfitta renziana al referendum è tale che per capire come si evolverà il quadro occorre ormai ragionare come se ci fossero oggettivamente “ due premier”.

Un po’ come quando all’inizio c’erano i “ due Papi”. Non perché Gentiloni voglia giocare in proprio. Ma per capire dove va a parare il Pd, l’azionista di maggioranza del governo. Tutto si tiene. Intanto, per capire la durata del governo Gentiloni, che nella potente corrente di Dario Franceschini vorrebbero far durare oltre giugno per arrivare fino all’autunno, da dove però il salto al 2018 sarebbe breve, bisognerà tenere d’occhio con quanti voti oggi passerà la fiducia al Senato. E questo dopo che Ala di Denis Verdini ( ieri a Montecitorio salita insieme ai Cinque Stelle sull’Aventino) dopo non aver ottenuto posti al governo, ha già detto un primo momento che voterà no, e ieri sera che non parteciperà al voto, ammorbidendo così la posizione. Ma probabilmente sulla tenuta del governo, farà testo il discorso che Renzi terrà domenica all’assemblea del Pd, dove chiederà che sia anticipato il congresso a marzo ( la data più probabile già sembra il 19 marzo) e scoprirà le carte sulla legge elettorale. Quelle regole elettorali che Mattarella ha invitato a “ omogenizzare” per Camera e Senato e che Gentiloni, in linea con il Colle, ha sollecitato anche ieri il parlamento a fare: « Decidete voi, non il governo anche se il governo non starà alla finestra » . E qui torna il discorso delle mosse dei “ due premier”. Perché Renzi, secondo insistenti indiscrezioni che vengono dal Pd vorrebbe andare a votare praticamente con un Italicum ritoccato dalla Consulta, insomma a lui andrebbe bene anche il Consultellum per entrambe le Camere, pur di andare a votare il prima possibile, cosa che non verrebbe consentita se si dà vita a un vero e proprio tavolo per la legge elettorale, che allungherebbe i tempi. « Insomma, sarebbe tentato dalla stessa posizione dei grillini » , confida a Il Dubbio un parlamentare dem. Non a caso, ieri c’è stato uno scontro alla riunione del gruppo del Pd alla Camera, dove si narra che Guglielmo Epifani, ex segretario di garanzia, avrebbe polemicamente sollecitato il vicesegretario Lorenzo Guerini a far presto per avviare la trattativa sulla legge elettorale ricordando che non si può fare come i Cinque Stelle che vogliono anche il Consultellum ( proporzionale puro) per Camera e Senato.

Molti nel Pd vorrebbero un misto di collegi uninominali e proporzionale, ma senza preferenze. Che è un po’ quello che vorrebbe Forza Italia dove la legge viene chiamata il “ Verdinellum”, da Verdini che quando era in FI l’avrebbe ideata. Ovvero cinquanta per cento di collegi uninominali e il restante tutto proporzionale ma senza preferenze e con liste bloccate. Significativa la battuta lievemente provocatoria che Alfredo D’Attorre ex Pd, ora in Sinistra italiana, ha fatto ieri a Guerini: « Scusa Lorenzo, ma se non avviate subito la discussione e aspettate la sentenza della Consulta ( il 24 gennaio ndr) poi non ce la fate ad andare a votare a giugno, perché dovete recuperare tutto il tempo perso per fare la legge in parlamento » . Guerini si è limitato a sorridere e a strizzargli l’occhiolino. Questo è la stato dell’arte. E, visto che se, come diceva Mao, grande è la confusione sotto il cielo ( in questo caso del Pd ndr), situazione eccellente, Silvio Berlusconi, che stasera sarà a Roma per la presentazione del libro di Vespa, non riunirà più i gruppi parlamentari. Aspetta che siano Renzi e il Pd a scoprire le carte. Mentre Renato Brunetta chiosa con Il Dubbio dopo il discorso del premier che ha parlato di « rispetto delle opposizioni » : « Visto? Io sono ancora qui, mentre Renzi è morto politicamente » . Gentiloni parlando di rispetto delle opposizioni è sembrato smarcarsi da certe battute in passato di Renzi nei confronti del capogruppo azzurro a Montecitorio. Non solo, Gentiloni attaccando i Cinque Stelle e il loro Aventino giudicato « non rispettoso della Costituzione che avete detto di aver difeso » ha anche elogiato il vicepresidente della Camera, l’azzurro Simone Baldelli: « Sono d’accordo. Basta termini violenti. Il Parlamento non è un social network » . E però dopo aver ribadito che a lui « i mesi di campagna del referendum non sono piaciuti moltissimo ( cosa suonata anche come una critica a Renzi ndr) non ha potuto che far risaltare ancora di più la pesante sconfitta del suo predecessore, parafrasando la canzone di Tenco: “ Se stasera sono qui”.

Ma il punto vero per capire come finirà sarà probabilmente l’esito del congresso del Pd ( sempre che domenica a Renzi venga dato l’ok per l’anticipo, la minoranza e Francesco Boccia sarebbero per il no e chiedono che prima Renzi si dimetta). Se Renzi vincerà il congresso di misura con un 55% contro il 45%, certamente più che di due premier, si incomincerà a parlare di un solo premier. E di un segretario molto indebolito che potrebbe non avere elezioni a breve. Fabrizio Cicchitto, fondatore di Ncd e presidente della commissione Esteri della Camera la vede già da ora così: « Gentiloni ha detto che questo governo non ha scadenza. Punto » .

PAOLA SACCHI