Renzi dopo Renzi e con lo scopo di andare al voto il prima possibile? Sembra che l’obiettivo del premier dimissionario e segretario del Pd sia proprio questo. Almeno stando al suo discorso alla direzione del Pd durato meno di un’ora, prima di salire al Colle. Un discorso il cui succo è: o governissimo o voto, ben sapendo già da ora che il governo di tutti è cosa praticamente impossibile. Quindi, Renzi si appresterebbe a giocare una partita con due tempi: un primo tempo in cui Mattarella aprirà le consultazioni, nelle quali Berlusconi e figuriamoci Grillo diranno di no a un governo con lui; poi un secondo tempo dove si decideranno davvero le sorti della crisi. E cioè con la presa d’atto della impossibilità di fare il governissimo e quindi con l’unica chance di andare alle urne il prima possibile, anche senza aver uniformato, come invece preferirebbe il Capo dello Stato, le due leggi elettorali di Camera e Senato. Quindi, andare al voto, per capitalizzare quell’oltre 40 per cento preso al referendum, che Renzi e con lui Lotti e Boschi, i più strenui difensori di questa linea, ritengono tutto renziano doc.

E da lì far nascere anche un nuovo Pd, magari Pdr, visto che il premier dimissionario, il cui governo però ha annunciato resterà in carica per la normale amministrazione fino alla conclusione della crisi, non si è voluto neppure confrontare con il partito attuale per analizzare i motivi della grande sconfitta referendaria. Sembra ci fosse stato un accordo di massima tra le correnti e Renzi e cioè che lui avrebbe fatto solo una comunicazione o poco più, senza aprir polemiche. E invece non è andata esattamente così. Visto che ha accusato anche la minoranza bersaniana per la “ mancanza di stile” con la quale avrebbe festeggiato la vittoria del No: « Ma è come il coraggio, se uno lo stile non lo ha, non se lo può dare » , ha sferzato Renzi i suoi oppositori. Davide Zoggia, big bersaniano, aveva preannunciato: « Se sarà una relazione politica e non una comunicazione noi interverremo » . Ci ha provato Walter Tocci a vuoto, perché come è andato al podio per prendere la parola Renzi ha dovuto lasciare per l’appuntamento delle 19 con Mattarella. Disappunto di Tocci, urla e brusii in fondo alla sala, tra minoranza e renziani, e inutilmente Tocci che ha osservato: « Se volevi discutere con noi il tempo lo avevi, perché al Senato si è finito di votare alle 14 e invece hai spostato la direzione dalle 15 alle 18! » . Parole al vento. Ren- zi era già volato via. Il presidente del Pd Matteo Orfini ha ricordato l’annuncio di Renzi e cioè che « la direzione è permanentemente convocata per tutta la durata della crisi per una questione di trasparenza e alla fine si discuterà » . La delegazione del Pd per le consultazioni al Colle è guidata dal vicesegretario plenipotenaziario Lorenzo Guerini e composta dai capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda. Renzi butta la palla nel campo avversario delle opposizioni lanciando la sfida: governissimo o elezioni: « Noi non abbiamo paura del voto, non abbiamo paura di niente e nessuno. Se le altre forze politiche vogliono andare a votare, subito dopo la sentenza della Corte costituzionale, lo dicano chiaramente. Se invece vogliono un nuovo governo che affronti la legge elettorale, ma anche gli appuntamenti internazionali rilevanti, il Pd è consapevole della propria responsabilità. Non può essere il solo, perché abbiamo già pagato il prezzo in un tempo non troppo lontano della solitudine e della responsabilità. Anche gli altri partiti devono caricarsi il peso » . Insomma, sfida aperta a Silvio Berlusconi, una mossa che già dall’altra sera, quando i renziani avrebbero fatto circolare ad arte l’ipotesi istituzionale di un governo Grasso per depistare e sfidare avversari interni e esterni, dentro Forza Italia è stata giudicata « una renzata molto furba, ma alla fine vedremo chi è il più furbo » .

E cioè una “ renzata” giudicata come un plateale tentativo di dividere il centrodestra, dove Salvini e Meloni chiedono di votare subito e il Cav invece non prima di una riforma in senso proporzionale della legge elettorale, soprattutto in attesa della sentenza di Stasburgo per potersi ricandidare. Renato Brunetta e Maurizio Gasparri ribadiscono: « Non pensassero che siamo noi a togliere le castagne dal fuoco, siamo e restiamo all’opposizione » . E Berlusconi con Renzi, definito sempre ormai « un inaffidabile » , non intende, dicono i suoi, « più avere a che fare » . Ma se ci fosse qualcun altro, magari Franceschini? Rispondono dentro Fi: « No, dovrebbe essere una personalità super partes esterna alla politica attuale, al massimo solo appoggio esterno a governo di scopo per rifare la legge elettorale » . Solo un’ipotesi da prendere con le molle però. Ma ora il boccino dei giochi sembra averlo ancora lo sconfitto e dimissionario Renzi che ieri ha nominato Mattarella, solo per dire che andrà da lui a dimettersi. Ma se Renzi alla fine non avrà al secondo tempo della partita un reincarico per andare al voto, perché nel frattempo magari l’asse Dario Franceshini ( che non vorrebbe fare il premier di transizione) e Mattarella avrà impedito questa possibilità, bocciata ieri anche da Giorgio Napolitano che accadrà? A Renzi non resterà che rilanciare la sua nuova corsa per Palazzo Chigi da primariecongresso del Pd. E chi potrebbe essere il premier di transizione fino al 2018? Dal momento che Renzi in ogni caso non molla ma, come ha detto, rilancia, da segretario del Pd, il partito di maggioranza chiederà che al suo posto vada un fedelissimo come Graziano Delrio o anche Paolo Gentiloni. Se nel frattempo la situazione non si sarà davvero avvitata, con un ruolo allora più che da arbitro, da protagonista toccherà a Sergio Mattarella.