Palermo 2012, Bologna 2014. Gli appuntamenti elettorali sono succulenti: le comunali in Sicilia, le regionali in Emilia. Il Movimento 5 Stelle vuole esserci, vuole arrivare a conquistare le poltrone più ambite. E così, per velocizzare i tempi, qualcuno potrebbe aver deciso di falsificare le firme. Da un lato all'altro dell'Italia, lo scandalo si allarga. Sono quattordici, in totale, gli indagati, tra i quali anche i deputati Riccardo Nuti e Claudia Mannino, coinvolti nel caso siciliano. L'inchiesta vede tra gli indagati anche i parlamentari regionali siciliani Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca (che si sono autosospesi dopo l'invito lanciato da Beppe Grillo), gli attivisti Samanta Busalacchi, Giuseppe Ippolito, Stefano Paradiso e Francesco Menallo, il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello e un altro esponente che ricoprirebbe però un ruolo marginale, tutti finiti nel mirino del pm Claudia Ferrari, che li sentirà nel giro di qualche giorno. A Bologna, invece, sono quattro le persone indagate dal pm Michela Guidi, tra le quali Marco Piazza, vicepresidente del Consiglio comunale, coinvolto in quanto "certificatore", insieme ad un suo collaboratore e ad altre due persone, delle firme. Le firme sarebbero state apposte in assenza della persona iscritta alle liste, in un luogo diverso da quello indicato oppure in assenza di un pubblico ufficiale. A dare il via all'inchiesta emiliana è stato un esposto presentato da due ex attivisti di Monzuno, Stefano Adani e Paolo Pasquino, che ha portato a centinaia di interrogatori - così come avvenuto nei giorni scorsi a Palermo -, durante i quali sono stati sottoposti al singolo firmatario i propri dati per fargli riconoscere la calligrafia. L'accusa è l'aver formato falsamente e utilizzato, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati o altri atti destinati alle operazioni elettorali.IL CASO BOLOGNA - Sono quattro i casi sui quali gli inquirenti si stanno concentrando, denunciati nel 2014 dai due "dissidenti". La storia ha a che fare con l'evento "Italia a 5 Stelle" di Roma, al Circo Massimo, tra il 10 e il 12 ottobre 2014. In quell'occasione, gli attivisti emiliani allestirono i loro banchetti per raccogliere le firme, irregolari in quanto fuori dal territorio in cui si svolgeva la competizione elettorale. I due ex deputati del M5S, Mara Mucci e Aris Prodani, avevano così interrogato i ministri della Giustizia e dell'Interno per avere chiarimenti. A Bologna, intanto, i vertici del Movimento si schierano dalla parte di Piazza. Massimo Bugani, capogruppo del M5S al Comune di Bologna e membro dello staff di Casaleggio, si è detto «sicuro» della correttezza del politico. «Se c'è stato qualche errore - ha detto - sarà facilmente dimostrabile che si è trattato di una semplice coglionata fatta in buona fede da qualche fessacchione». E si dice in buona fede anche Stefano Negroni, segretario di Piazza e tra gli indagati. «Le firme per le regionali sono state raccolte in totale correttezza e alla luce del sole - ha commentato -. Di certo non ci sono firme false». Un metodo di raccolta «collegiale», dove «tutti ci hanno messo le mani». Adani, però, è convinto: «I valori del Movimento sono stati traditi, non potevamo restare a guardare». Perché lui e Pasquino avevano avvisato più volte i vertici, trovando davanti «un muro di gomma».Nella tarda serata di ieri è arrivato anche il comunicato di Grillo che annuncia iniziative disciplinari: «Per un episodio tutto da chiarire su una decina di firme a Bologna e per quello di Palermo in cui coloro a cui è stato notificata l'indagine si sono già autosospesi, così come faranno gli altri che dovessero venirne a conoscenza, il Movimento viene passato ai raggi X, fioccano le inchieste sui giornali e i tg scatenano gli opinionisti. Due pesi e due misure». E ancora: «Se usassero con loro lo stesso metro che usano con noi, il Movimento sarebbe al 60% - prosegue il post del Movimento 5 Stelle - anche qualcuno di noi a volte sbaglia, ma state sicuri che pagherà, come sempre è accaduto e come sempre accadrà».