Insomma, alla fine la vittoria non ha trascinato con sé i furori della vendetta e con i fari della campagna ormai spenti Donald Trump ha deciso che la sua amministrazione non aprirà una nuova inchiesta sul Mailgate, la vicenda delle mail di Hillary Clinton che era stata oggetto di indagine da parte del Fbi la settimana prima del voto. Lo ha dichiarato la manager della sua campagna, Kellyanne Conway intervistata ieri dalla Msnbc.«Credo che quando il presidente eletto, che è anche il capo del partito, dice ancora prima di insediarsi che non vuole andare avanti con questa inchiesta, invia un messaggio molto forte, nei toni e nel contenuto» agli altri repubblicani ha detto Conway.In realtà, ricordano i media americani, la decisione di Trump rappresenta, nei termini in cui è stata esposta da Conway, uno strappo con il protocollo politico e legale che vuole che siano l'attorney general e l'Fbi a prendere la decisione su indagini ed incriminazioni, liberi da pressioni da parte del presidente. Un semplice principio di separazione dei poteri. Con la sua decisione Trump contravviene a quanto promesso ai suoi tanti sostenitori che durante i comizi della campagna elettorale hanno scandito lo slogan «lock her up», sbattila in prigione riferito a Hillary Clinton. Con il fedelissimo Rudy Giuliani, oggi in predicato di occupare una prestigiosa poltrona nell'amministrazione repubblicana, che faceva tintinnare le manette tuonando ai giornali: «Clinton è sicuramente colpevole, sarà processata e condannata, statene certi».Anche nell'ultimo duello televisivo con la rivale democratica di fine ottobre, Trump aveva detto espressamente che, in caso di vittoria, avrebbe «incaricato l'attorney general di nominare un procuratore speciale». Ma ora, ha spiegato la sua manager, il presidente eletto ritiene che la «cosa giusta da fare» sia intraprendere azioni per aiutare a sanare le divisioni del Paese.Da parte dei democratici però le dichiarazioni di Conway sono state subito criticate per il fatto che il presidente possa pensare che sia normale sostituirsi alle autorità giudiziarie, sottolineando "l'ignoranza" costituzionale dello staff del tycoon: «Non è così che funziona, nella nostra democrazia non è il presidente a decidere chi viene perseguito e chi no», ha scritto su Twitter il senatore Chris Murphy.