Buenaventura Durruti (1896-1936) è l'Alì Babà della rivoluzione libertaria, o se preferite della rivolta anarchica. Personaggio da leggenda, profilo da fiaba in fiamme, da favola dell'assalto al cielo. Durruti è una leggenda nella vita, così come nella sconfitta, anzi, nella sua morte che porta dietro con sé un immenso mistero: come può essere morto un invincibile? Chi ha ucciso Durruti. Già, esistono almeno quattro possibili versioni sulla sua scomparsa.Se Alí Babà, da povero taglialegna, ascolta casualmente il capo della banda dei 40 ladroni pronunciare la formula magica che permette l'apertura della roccia di una caverna, l'«Apriti, Sesamo», Durruti, operaio spagnolo di León, apprende invece le magiche parole dell'anarchismo iberico, cominciando da quel «Ni Dios ni amo» che accompagnerà la parte più avanzata del proletariato spagnolo, né Dio né padroni.Lo ripetiamo, Durruti, prima di ricevere un funerale grandioso lungo la Rambla, seppe essere militante, cospiratore, terrorista, condottiero alla testa alla sua "Colonna", la "Columna Durruti". A lui, proprio a lui, si deve una frase che incorona la generosità antifascista della guerra civile spagnola vista dagli occhi di un Malraux, di un Robert Capa, di un George Orwell, ossia coloro che hanno creduto nella sopravvivenza della repubblica: «Compagni, andiamo a morire a Madrid». Dettaglio storico non indifferente, saranno proprio gli anarchici, Durruti in testa, a dare un contributo decisivo alla difesa della capitale spagnola assediata dai militari golpisti di Mola, Queipo de Llano e Franco. Proprio loro che avrebbero voluto chiudere i conti anche con la repubblica democratico-borghese. Non è un caso che nelle località controllate dal sindacato vicino agli anarchici, la FAI-CNT, dove hanno luogo le collettivizzazioni, perfino i mezzi pubblici si vestiranno di rosso e di nero, i colori della bandiera anarcosindicalista.«Miliziani sì, soldati mai! », così pronunciavano gli anarchici, rifiutando ogni idea di disciplina militare, e tuttavia sembra che Durruti in cuor suo non escludesse affatto il principio dell'autorità nei momenti di pericolo, metti, nei giorni della battaglia della Città Universitaria di Madrid, proprio dove troverà la morte. Chi ha ucciso Durruti? I fascisti, la quinta colonna, i comunisti o piuttosto i suoi stessi compagneros più intransigenti? La verità giungerà infine dalle labbra di sua moglie, Colette: «Allora non potemmo dirlo, ma è stato un incidente, un colpo partito inavvertitamente dal suo fucile mitragliatore».E' vero, è andata proprio così, tuttavia resteranno i dubbi, i misteri. Come è mai possibile che del "sargento" Manzana, suo consigliere militare, già campione olimpionico di tiro con la carabina, si sia persa ogni traccia? Che fosse un agente della quinta colonna franchista? E ancora, sempre a rendere più intricata la sua avventura il racconto del suo segretario, Jesus Arnal Pena, un prete che al termine della guerra tornerà al suo villaggio e racconterà quei giorni in forma autobiografica, trovando queste parole accorate: «Non ho mai avuto la minima inclinazione per l'anarchia. Ero semplicemente scrivano della cancelleria della colonna. Ma devo ammettere che Durruti era un uomo retto, e quando certa gente lo diffama come assassino e delinquente, ebbene si tratta di calunniatori, e difenderò il mio amico contro simili menzogne. Una volta trascinarono davanti a noi un uomo che, ai suoi tempi, aveva detenuto a Saragozza una carica piuttosto importante. Doveva essere fucilato. Durruti fece chiamare i suoi custodi e domandò loro: "Come si è comportato quest'uomo nella sua proprietà? Come ha trattato i contadini? ". La risposta fu: "Non troppo male". - "Allora, che volete? Si deve farlo fuori solo perché, un tempo, è stato ricco? Questa è idiozia". Mi consegnò l'uomo e disse: "Bada che faccia il maestro nella scuola popolare del villaggio"».Di lui, Durruti, grandi mani e grande cuore, rimangono poche immagini in movimento, le più belle, girate da Joris Ivens, lo mostrano sorridente, il berretto di cuoio sul capo, venti minuti prima della morte. Una morte, lo si è detto, accidentale, la cui verità fu tenuta per lungo tempo nascosta. Fu detto che era stato ucciso da una pallottola nemica. I franchisti sostennero invece che erano stati i suoi stessi compagni. In realtà, come si seppe tempo dopo, si era trattato di un incidente, un colpo di mitragliatore partito accidentalmente mentre saliva in auto, sulla Packard. Le armi dei repubblicani, è noto, erano pessime armi. Lo racconta anche George Orwell nel suo Omaggio alla Catalogna. Al funerale di Durruti, negli ultimi giorni di novembre del 1936, sulla Rambla di Barcellona, parteciparono mezzo milione di persone. Perfino l'ambasciata degli Usa tenne la bandiera a mezz'asta. Ancora adesso i libertari di tutto il mondo tengono a mente le sue parole: «Noi erediteremo la terra, noi portiamo un mondo nuovo nel nostro cuore, e questo mondo sta crescendo mentre parliamo».