Tre convegni in un giorno. «Sì, arrivo da un incontro sul carcere alla Camera, intervengo a quest'altro organizzato sempre sul carcere al Senato e dovrò lasciarlo precipitosamente per partecipare a un terzo dibattito sullo stesso tema nello stesso giorno». Luigi Manconi riferisce della propria congestione convegnistica per dire in realtà un'altra cosa: che ai dibattiti non seguono le decisioni. «Non condivido l'idea secondo cui saremmo di fronte a una ritrovata attenzione sul tema dei detenuti: c'è un affollarsi di incontri ma assenza di interventi risolutivi in Parlamento». Il presidente della commissione Diritti umani è un senatore del Pd. Parla appunto al secondo dei tre incontri sulla questione carcere organizzati in contemporanea, quello sul "Ruolo dell'architettura penitenziaria nella finalità rieducativa della pena" promosso da un altro raro esempio di parlamentare sinceramente garantista, il senatore socialista Enrico Buemi. Manconi ha ben presente lo sforzo compiuto dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha destinato all'esecuzione penale energie mai viste nei suoi predecessori. E nemmeno sarà sfuggita, al presidente della commissione Diritti umani, l'imprevista visita di Matteo Renzi al "Due palazzi" di Padova, prima "ispezione diretta" di un premier in un penitenziario.Tutto questo non basta però, sostiene Manconi. «Non si arriva al cuore del problema, che è il cosiddetto sovraffollamento: non pensate a una spiaggia riminese la mattina di ferragosto», dice il senatore dem al convegno organizzato da Buemi, «pensate piuttosto alla promiscuità coatta. A detenuti costretti a condividere spazi infimi, in cui si mescolano odori, umori, liquidi, in cui si è condannati a espletare tutte le funzioni fisiologiche primarie nello stesso angolo di una cella, a vista». L'uditorio si paralizza, Manconi continua: «Poco fa l'autore del libro che offre lo spunto per questo dibattito, l'architetto Domenico De' Rossi, ci ha detto che la pietra scolpisce la mente. Ebbene è così: se lo spazio produce una costrizione così penosa, non ci si può meravigliare dell'effetto sulla psiche di chi è recluso. Che è quello per cui in carcere l'oppressione fisica porta i detenuti a parlare solo di carcere, e di crimini. Di altri crimini. Potete ben comprendere come una simile condizione sia l'opposto del principio costituzionale della rieducazione e del reinserimento. E come appunto questo tipo di carcere sia una fabbrica di nuovi crimini. Oggi il sistema penitenziario è di fatto un'istituzione patogena».Manconi prende meritati applausi, corre al terzo convegno. Nel primo aveva incrociato il ministro Orlando. Che non manca di salutare con favore le iniziative sul tema e, nel messaggio inviato a Buemi, di auspicare «fortemente» la «approvazione della riforma penale in discussione al Senato» che contiene «una delega dell'ordinamento penitenziario che considero molto incisiva». L'auspicio di Orlando è legato a un concetto semplice e appunto decisivo: il tasso di recidiva. Le statistiche del ministero confermano da anni come tra i reclusi messi in condizione di svolgere attività lavorative o di studio la percentuale di coloro che, tornati liberi, commettono nuovi reati sia assai più bassa: il 10% contro il 65% di chi non lavora o studia. Nella delega "imprigionata", è il caso di dirlo, nell'ampio ddl penale si dà molto peso all'ulteriore rafforzamento delle misure alternative, al lavoro nei penitenziari, all'affettvità dietro le sbarre. E in altri articoli del provvedimento si definiscono nuovi strumenti per la giustizia riparatoria. «Non è il massimo quanto a modernità delle misure», fa notare un altro senatore dem, Felice Casson, che pure interviene al dibattito sull'architettura penitenziaria. «Sul piano generale, non si riesce a limitare il ricorso alla pena detentiva e a dare ordine al diritto penale», è l'aggravante richiamata da Nico D'Ascola, presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama e anche lui relatore al convegno. Aspetti che corroborano il pessimismo di Manconi. E che inducono a considerare lontano dal risolversi il circolo vizioso del forte tasso di recidiva tra gli ex carcerati.Certo la svolta è a maggior ragione lontana se la delega penitenziaria e la riforma penale che la racchiude resteranno prigioniere delle esitazioni del governo, divenute ormai oggetto di serrata discussione fra il guardasigilli Orlando e il premier Renzi. Ieri il ministro della Giustizia ha ammesso come sia «più probabile che il ddl riprenda l'esame in Parlamento dopo il referendum». Resta lontana la possibilità di attenuare l'affollamento degli istituti, ora attestato al 109% ma con polarità in eccesso mostruose in regioni come la Puglia (dove si arriva al 137%) e l'alterazione dovuta a circa 5000 posti in realtà inutilizzati. Resta ben presente invece l'affermazione di Domenico De' Rossi, autore di Non solo carcere, il ponderoso e ricchissimo volume che ieri ha trascinato Buemi e gli altri relatori a Palazzo Giustiniani: «Siamo abituati a credere che la mente scolpisce la pietra. In carcere è il contrario: è la pietra a scolpire la mente di chi vi è ristretto». E lo fa in modo devastante, come spiega Manconi.

Errico Novi