Il giorno dopo l'effetto mini-tsunami che un po' paradossalmente ha provocato nel centrodestra lo tsunami vero Trump, già si incomincia a cogliere qualche timidissimo segnale di disgelo. Silvio Berlusconi da maestro consumato qual è del gioco su più tavoli aveva in programma in serata (ma rimasto in forse fino all'ultimo) un incontro definito in ambienti azzurri "chiarificatore" con Giovanni Toti, salito sul palco leghista di Firenze sabato scorso.Quanto a Matteo Salvini che, tolta la felpa e indossata la camicia bianca, da Firenze ha rilanciato la sua corsa alla leadership del centrodestra, liquidando anzi questa formula, specularmente a quello che aveva fatto Il Cav con Il Corriere della sera sabato scorso («o non sono la destra, ma il centro liberal-popolare»), fonti forziste con Il Dubbio osservano: «Qualche incontro tra noi e lui e i suoi è già in programma, vedrete che Matteo non è solo quello che appare dal palco e poi come fa lui e come facciamo noi ad andare da soli? ». Poi qualche appunto sommesso a Stefano Parisi, anche da chi dentro Fi tifa per lui: «Certo, definire la Lega quella roba di lì non è stata una uscita felice. Probabile che lo pensi anche Berlusconi». Che comunque a Parisi a Padova aveva mandato una lettera suonata come una vera e propria investitura, pur invitandolo a unite tutti. E tenendo presente che è stato sempre il Cav a investire Parisi di delicate missioni all'estero come quella di ieri alla City di Londra per rassicurare i mercati internazionali che se vincerà il No al referendum non ci saranno affatto sfracelli. «L'Italia sarà stabile a prescindere dagli esiti, noi stiamo costruendo un'alternativa credibile e liberale al centrosinistra», ha detto alla City "Mister Chili".Insomma, il mini-tsunami che ha scosso il centrodestra è tutto frutto dell'effetto americano con la vittoria di Trump subito appoggiato dal leader leghista? No, almeno per quanto riguarda il dopo. Perché i due eserciti che si guardano in cagnesco, dati quasi sempre appaiati nei sondaggi, con oscillazioni che vedono di volta in volta prevalere Lega o viceversa Forza Italia, ora più che all'America pensano solo e soltanto al 4 dicembre e all'effetto che avrà sulle sorti di quella che stando ai forti distinguo del fine settimana non sembrerebbe più una coalizione. Con il rilancio della legge proporzionale, il Cav, che sta preparando lo sprint finale per il No, è chiaro che punta a riacquisire quella centralità che solo la sconfitta del Sì potrebbe dargli. Ma così rischierebbe di mettere in ombra la Lega di Salvini che non a caso ha rilanciato, con tanto di cartelli a Firenze, che sul modello di quelli della campagna elettorale trumpiana, inneggiavano a Salvini premier. E anche in caso di vittoria del Sì, meglio se risicata, secondo i piani di Arcore, Berlusconi un ruolo potrebbe sempre giocarlo, visto che ci sarà il parere della Consulta sull'Italicum e visto che se c'è una cosa che lo accomuna a Renzi è la ferrea volontà di battere i Cinquestelle. In tutto questo Salvini dovrà giocare la sua di partita.Tante sono le incognite che incombono sul futuro del centrodestra. E tanta l'insofferenza del corpo centrale di Fi rimasto schiacciato nello scontro tra Berlusconi e Parisi da un lato e il leader leghista dall'altro. Berlusconi ha accusato il capo della Lega di saper solo elevare i toni e non dare risposte. Maurizio Gasparri, big forzista, che rappresenta meglio di altri gli umori del corpo centrale azzurro, però si scaglia anche contro Parisi accusandolo di «aver servito troppi caffè ai potenti». E soprattutto osserva: «Ora concentriamoci sul No». Il capogruppo al Senato Paolo Romani: «Gli strappi sono premnaturi, ora vittoria del No». Renato Brunetta, presidente dei deputati azzurri, per una volta non attacca Parisi e dice che se vuole aggiungersi a quel grande partito unico unico del centrodestra, che lui auspica, guidato da Berlusconi «va bene». Ci ha pensato Salvini ad attaccarlo: «Per me Parisi vale come Alfano e come Verdini, io non lavoro con i voltagabbana», ha detto il leader della Lega. «A Parisi non ho più nulla da dire, non è più tempo di dire ma di fare. Lui non ha avuto rispetto con la piazza di Firenze, come si è permesso di dire: "Io non sono mica quella roba lì". Deve portare rispetto a quella piazza, non accetto lezioni da chi era a una assemblea con quattro sfigatelli». Ma l'impressione è che comunque sia il boccino del gioco interno al centrodestra ce lo abbia sempre in mano il Cav con i tanti tavoli sui quali giocherà fino al 4 di dicembre.