Un fenomeno come la elezione di Donald Trump, che coinvolge negli Stati Uniti circa centoventi milioni di elettori, metà per Clinton e metà per Trump non ha una spiegazione facile. Molte motivazioni diverse convergono a spiegare alla fine la decisione di ogni elettore che ha scelto Trump: ribellione contro la dittatura del "politicamente corretto", protesta contro i matrimoni gay, domanda di sicurezza, desiderio di mostrare all'establishment la propria avversione, volontà di colpire un ceto intellettuale che apertamente disprezza le ragioni della gente comune... Se però dovessimo indicare un unico fattore principale che sta dietro alla maggior parte di queste motivazioni e le sorregge io direi che si tratta della crisi della globalizzazione e dell'impoverimento dei ceti medi.La globalizzazione inizia con la liberalizzazione dei mercati mondiali negli anni 90. I paesi comunisti entrano nel mercato mondiale. Molti paesi del Terzo Mondo, che avevano puntato su politiche di sviluppo autarchico, fuori del mercato, vi rinunciano ed entrano anche loro nel mercato capitalistico. La globalizzazione è stata un buon affare per i ricchi dei paesi ricchi. Hanno potuto impiegare i loro capitali nei paesi poveri dove il lavoro costa molto di meno e guadagnare profitti più alti. È stata un buon affare anche per i poveri dei paesi poveri. Hanno potuto trovare dei posti di lavoro e lavorare invece di morire di fame. È stata invece un cattivo affare per le classi medie dei paesi ricchi. Molti posti di lavoro nella industria manifatturiera sono emigrati verso i paesi poveri e molti lavoratori industriali dei paesi ricchi sono rimasti disoccupati. Molti lavoratori di paesi poveri sono emigrati verso i paesi ricchi e questo ha contribuito a tenere bassi i salari dei paesi ricchi, almeno quelli dei lavori meno qualificati.Come hanno reagito i paesi ricchi alla globalizzazione? Mentre l'industria tradizionale emigrava verso i paesi nuovi nasceva un diverso tipo di industria ed un diverso tipo di economia. È una economia basata sulla conoscenza, cioè sulla ricerca scientifica e sulla innovazione tecnologica. In modo particolare sull'uso pervasivo della informatica che fa da traino anche per la innovazione in tutti gli altri settori. Si inventano prodotti nuovi, che i paesi nuovi non sono in grado di produrre, oppure modi nuovi di produrre merci e servizi tradizionali. La competitività basata sull'uso sistematico della conoscenza nel sistema produttivo batte la competitività fondata sul basso costo del lavoro. Anche l'innovazione tecnologica, però, comporta la sparizione di molti posti di lavoro. Un lavoratore diventa capace di fare quello che prima facevano in dieci o in venti. Gli altri rimangono disoccupati. Gli economisti ci rassicurano: i lavoratori ricchi dei settori più moderni guadagneranno di più e spenderanno di più. I lavoratori rimasti disoccupati troveranno un nuovo lavoro per rispondere alla domanda aggiuntiva di beni e di servizi. In parte è proprio così, almeno negli Stati Uniti. Milioni di nuovi posti di lavoro sono stati creati. La maggior parte sono però posti di lavoro poco retribuiti nel settore dei servizi. Pochi sono contenti di scambiare un lavoro industriale ben pagato con un posto nei servizi pagato peggio e più precario.I ceti medi dei paesi ricchi (comprendiamo sotto questa denominazione la grande massa della popolazione lavorativa) sono schiacciati fra la competizione dei paesi emergenti e quella che deriva dalla trasformazione tecnologica. Perdono posti di lavoro tradizionali ben pagati e vedono svalutato il loro patrimonio di competenza professionale. Trovano posti di lavoro peggiori con una perdita netta di reddito e di prestigio sociale. Sono preoccupati per il futuro dei figli. Per garantire loro un futuro non basta più pagare loro tre anni di college alla locale State University. Bisogna mandarli lontano in una grande Università che costa tantissimo per almeno cinque anni. Sono arrabbiati per il carico fiscale e sono contro la spesa sociale. In particolare sono contro la riforma della assistenza sanitaria. Loro si sono pagati e si pagano la loro assicurazione. Non si sentono abbastanza ricchi da pagarla anche per altri che, ormai, spesso guadagnano appena un poco meno di loro.Nonostante la campagna elettorale sia stata piena più di insulti che di ragionamenti non è difficile vedere in filigrana due diversi giudizi sulla situazione economica nelle posizioni dei due candidati.Per chi vota Hillary in fondo va bene così. Quelli che sono entrati bene nella globalizzazione vedono i loro redditi aumentare e sono pronti anche a pagare più tasse per mantenere un nuovo crescente sottoproletariato che non lavora o fa lavori che non gli consentono di mantenersi. Votano Hillary, tendenzialmente, i nuovi ricchi ed i più poveri. Vota Trump, massicciamente, il ceto medio impoverito che vorrebbe fermare la globalizzazione e tornare al mondo di ieri, che non vorrebbe cadere nella sfera di quelli che vivono di assistenza e che non vuole pagare le tasse per assistere chi in quella sfera c'è già.Trump ha vinto. Adesso cosa farà?Trump ha vinto perché ha saputo efficacemente recepire e ripetere la rabbia e l'angoscia di questo ceto medio che rappresenta la maggioranza della popolazione americana. Per governare però non basta ripetere le ragioni del disagio; bisogna offrire soluzioni.Vuole Trump davvero tornare indietro nel tempo e fermare la globalizzazione? Gran parte della industria manifatturiera americana è emigrata in Cina. Immaginiamo che Trump chiuda le porte ai prodotti cinesi per riportare negli Stati Uniti quei posti di lavoro. Cosa farà la Cina? Gran parte del debito pubblico americano è in mani cinesi. Se la Cina decidesse di liberarsi dei titoli del tesoro americani questo creerebbe una crisi finanziaria tale da mettere in crisi il ruolo del dollaro come moneta di riserva della economia mondiale. È dalla guerra finanziaria al confronto politico/militare il passo potrebbe non essere troppo lungo.Se l'America uscisse dalla globalizzazione la economia della conoscenza uscirebbe dall'America, l'America perderebbe il suo primato scientifico e tecnologico e con il tempo anche quello economico, politico e militare.Tornare indietro nel tempo non è possibile ma non è neppure possibile fare nulla per guidare la globalizzazione, renderla più inclusiva, inserire in essa le classi medie dei paesi ricchi ammettendole a godere dei suoi benefici? Nei prossimi mesi sapremo se Trump intende davvero dare seguito agli slogan estremisti della campagna elettorale o cercare politiche realiste di sostegno al ceto medio. Cosa che si potrebbero fare c'è ne sono e sono molte.È possibile riformare la assistenza riducendo gli apparati burocratici pubblici e collaborando più intensamente con il privato per rendere i servizi più efficienti e per ridurre i costi. È possibile tassare appropriatamente le grandi corporations del web che hanno accumulato enormi patrimoni in un sistema di virtuale elusione ed evasione fiscale. Tassando Silicon Valley (che, del resto è non a caso, è stata massicciamente a favore di Hilary) e tagliando la spesa è possibile dare un robusto sollievo fiscale al ceto medio diminuendo le tasse.Per convincere la Cina a entrare a far parte del mercato mondiale abbiamo chiuso non uno ma due occhi sulle violazioni dei diritti umani e in particolare dei diritti del lavoro in Cina. Adesso è tempo di aprire almeno un occhio. C'è una spinta chiaramente percepibile in Cina verso un miglioramento delle condizioni del lavoro. Bisogna secondarla. Non possono competere alla pari i prodotti del lavoro libero e quelli del lavoro schiavo. Più diritti del lavoro in Cina fanno bene ai lavoratori cinesi... ed anche a quelli americani (ed europei). Egualmente non possono competere alla pari merci prodotte osservando normative rigorose contro l'inquinamento ed a protezione della salute con merci prodotte inquinando liberamente e danneggiando la salute di tutti. Qui forse il giusto cammino è quello iniziato da Obama: non abbassare le protezioni dell'ambiente e della salute negli Stati Uniti ma piuttosto innalzarle in Cina. Ne risulterebbe uno sviluppo forse più lento ma certo più armonioso ed equilibrato sia in Cina che negli Stati Uniti.È necessario infine investire potentemente in ricerca ed innovazione, in infrastrutture materiali ed immateriali per facilitare la inclusione nella nuova economia di quelli che fino ad ora ne sono stati esclusi. È facile vedere che le aree in cui queste infrastrutture mancano sono quelle che massicciamente hanno votato per Trump.Questa situazione pone dei problemi anche alle Chiese, e particolarmente alla Chiesa cattolica. Papa Francesco mette giustamente al centro la preoccupazione per i poveri. Dobbiamo però fare i conti con il fatto che abbiamo diversi tipi di poveri e diverse strategie per lottare contro la povertà.Abbiamo i poveri che si sono abituati ad una situazione di povertà e chiedono di essere assistiti all'interno di questa situazione di povertà. Abbiamo però anche quelli che con i loro sforzi e con un enorme lavoro sono usciti da una situazione di povertà e adesso lottano per non ritornarci. Dobbiamo evitare di opporre fra di loro i poveri di un tipo con quelli dell'altro tipo, i poveri poveri ed il ceto medio impoverito. Dobbiamo capire anche che c'è un primo intervento nella lotta alla povertà che è semplicemente il dare da mangiare agli affamati e c'è anche un secondo intervento che è lo stimolare le energie del povero perché esca dalla povertà. Bisogna dargli orientamento ed istruzione professionale perché possa trovare un lavoro ma bisogna anche stimolare tutte le sue energie perché solo così potrà uscire dalla condizione di povertà. Non è detto che politiche che lo incoraggino ad accomodarsi in una condizione di dipendenza e di non autosufficienza siano quelle che davvero lo aiutino di più. Di tutte queste cose bisognerà tenere conto in modo equilibrato nel giudicare le politiche di Trump per la lotta alla povertà.

Rocco Buttiglione