La triade globalizzazione-finanziarizzazione-deregolamentazione e poi le migrazioni e il terrorismo islamico stanno colpendo in modo assai profondo tutto l'Occidente, in primo luogo l'Europa, e adesso anche gli USA. Da molti punti di vista il retroterra del risultato delle elezioni americane discende da questi fenomeni. Trump ha vinto su una piattaforma la cui negatività non vogliamo adesso sottacere: l'isolazionismo, i forti elementi di razzismo, gli inquietanti rapporti con la Russia di Putin confermati dalle entusiaste reazioni in quel paese alla notizia della sua elezione, le battute devastanti sul futuro della Nato, un assoluto silenzio sulla politica estera con particolare riferimento sia al Medio Oriente sia all'Europa.A ciò vanno aggiunti gli interrogativi sulla "copertura" finanziaria delle mirabolanti promesse fatte sul terreno della politica economica.Diciamoci la cruda verità: con l'elezione di Trump, fino a prova contraria, gli USA cessano di essere una guida dell'Occidente e vengono ad essere un drammatico problema, al netto, poi, di quello che accadrà in un paese spaccato a metà ma anche di tutti gli aggiustamenti, retromarce, rettifiche che Trump potrà fare nella concreta gestione della presidenza.Sul piano politico però i principali responsabili di questo esito delle elezioni sono a mio avviso Obama, la Clinton, il partito democratico. In primo luogo dopo otto anni di Presidenza del "nero" Obama è evidente che egli non è riuscito a superare o ad attenuare la storica divisione fra bianchi e neri che è stata anzi molto accentuata.Ciò detto veniamo ad un punto decisivo che riguarda la situazione economico-sociale reale del paese che contraddice la "narrazione" che ci è stata fatta dalla stampa. Non solo "il grande Obama" ha fatto una catena di errori in politica estera, che per parte nostra abbiamo ripetutamente rilevato molto prima di queste elezioni (ritiro delle truppe dall'Afghanistan e dall'Iraq poi precipitosamente riportate in quei paesi, il disastroso comportamento in Siria dove Putin ha giocato con Obama e con Kerry come il gatto con il topo, i pessimi rapporti dell'amministrazione Obama da un lato con Israele dall'altro con molti stati sunniti). Tutto ciò, però, ha inciso solo parzialmente sulle elezioni che sono state motivate essenzialmente dalle ricadute economico-sociali dei fenomeni globali a cui prima abbiamo fatto riferimento. Ciò che ha molto influenzato gli elettori è stata una realtà economico-sociale degli States peggiore di quella che ci è stata descritta dai giornali, al netto del fatto che comunque la politica economica del governo Obama è stata migliore di quella prevalsa in Europa. Dal libro di Michel Floquet "Triste America" traiamo però i principali punti di sofferenza della situazione economico-sociale degli USA:Forti diseguaglianze sociali, una sperequazione nel sistema fiscale che favorisce i ricchi, discriminazioni di natura sociale nelle carriere scolastiche, salari molto bassi, smantellamento di molte aziende manifatturiere, infrastrutture a pezzi, una rinnovata polarizzazione fra bianchi e neri, un alto livello di criminalità fra questi ultimi, con aberranti interventi di una polizia che ha sostituito i revolver ai manganelli.In ogni caso a partire dalla crisi dei titoli tossici e dal fallimento della Lehman Brothers negli USA è cresciuto un sentimento di contrapposizione all'establishment politico ed economico-finanziario che si è manifestato sia attraverso una contestazione di destra nel partito repubblicano sia da una contestazione di sinistra nel partito democratico.Ora la contestazione da destra è stata impersonata da Trump che ha letteralmente "asfaltato" il gruppo dirigente repubblicano e che ha condotto la campagna elettorale sulla sua piattaforma estremista.Dall'altro lato nel campo democratico è avvenuto l'inverso, la contestazione di sinistra è stata impersonata con successo da Sanders che però è stato sconfitto dalla macchina del partito democratico e che ha fatto il tragico errore non di mettere in campo un candidato nuovo ma di riproporre la Clinton, un "usato insicuro", già sconfitta da Obama, vissuta più come la quintessenza dell'establishment che come una candidata donna, piena di scheletri nell'armadio, con la palla al piede costituita dalle trascorse avventure femminili di Bill e dalle e-mail, priva del carisma del marito o di quello di Obama e di sua moglie Michelle.Di conseguenza Hillary non ha fatto il pieno né del voto femminile, né di quello dei neri, né di quello dei giovani a fronte del "pieno" dei votanti bianchi strategicamente ubicati negli Stati decisivi fatto da Trump. A conferma di tutto ciò valgono alcuni riferimenti numerici. Non c'è stata l'"esplosione" di Donald Trump che ha preso meno voti dei precedenti candidati repubblicani e che è stato sopravanzato dalla Clinton di poche migliaia di voti sul piano della somma dei voti complessivi. Di conseguenza non è stato Trump a vincere ma la Clinton a perdere, con tre milioni di voti in meno rispetto a quelli di Obama. In più, a testimonianza del fatto che certamente Obama è un grande oratore, ma non sa dove sta di casa Machiavelli, non solo egli si è fatto ripetutamente giocare da Putin in politica estera, ma è arrivato al punto di nominare un repubblicano come direttore dell'FBI che, a nostro avviso, ha sferrato contro Hillary il colpo decisivo a 11 giorni dalle elezioni: la successiva rettifica è stata una beffa, uno stratagemma per cancellare le impronte digitali, che non ha avuto nessun impatto sulla campagna elettorale.Poi, è evidente che le politiche reali di Trump sono tutte da scoprire, di volta in volta, visti il pragmatismo e la totale imprevedibilità del personaggio.A questo punto, però, l'Europa ? dove hanno tripudiato le posizioni populiste, in Italia Salvini e Grillo, che con tutto il rispetto, sono dei nanerottoli rispetto a Trump ? deve rispondere a questi rischi gravissimi dimostrando di esistere come entità autonoma specie sul terreno della politica estera, della difesa, della politica economica, visto anche che sia il PPE sia il PSE sono mille miglia lontani dalle posizioni espresse da Trump.È legittimo, però, esprimere i più grandi dubbi su questa ipotesi-auspicio vista la personalità dei cosiddetti leader europei, a partire dall'ineffabile Juncker. Dall'altro lato però anche altre posizioni provocano molti interrogativi. La traduzione italiana del dibattito sulle elezioni americane non si è fermato, qui, a Grillo e a Salvini. Davvero disarmanti sono state le dichiarazioni rese ieri da Bersani. Bersani si è rivolto al partito democratico americano come se fosse una sorta di copia del PD italiano parlando di "sconfitta" della "terza via" e riferendosi a Sanders come se fosse Cuperlo quand'era il suo pupillo. Ora Bersani nel 2013 fu capace di perdere elezioni già vinte, da allora continua a confidare in una convergenza con il M5S di un PD "derenzizzato" e non si rende conto che, ancor di più dopo i risultati delle elezioni americane, la posizione della sinistra dem sul NO e sulla contrapposizione frontale a Renzi, svolge il ruolo obiettivo di un'utile "ruota di scorta" nei confronti del M5S, che alle strette, è molto più forte dei velleitari leghisti. Anche Renzi, da parte sua, dovrebbe cercare di svolgere un ruolo più aggregativo nei confronti del suo mondo di quello apparso nella sua rabbiosa replica della Leopolda.Anche Berlusconi rischia di cadere in un equivoco: il suo NO aggiuntivo non gli servirà a diventare la controparte di Renzi, nel caso di una sconfitta del SI al referendum, ma esso verrà utilizzato da Salvini e da Grillo per condurre una campagna elettorale all'arma bianca nella quale lo spazio di ciò che rimane di Forza Italia sarà assai ristretto.Detto tutto ciò non possiamo non fare i nostri complimenti ai sondaggisti e anche a quasi tutti i grandi giornali americani ed europei che avevano capito tutto o quasi tutto, tranne un piccolo particolare.