Ieri mi ha telefonato Bob Dylan. Sì, davvero. Ogni tanto mi telefona, per commentare i fatti italiani o per parlare di Trump, o per chiedermi qualche suggerimento su come scrivere le canzoni. Anni fa gli suggerii di mettere in una canzone le parole «Is blowin' in the wind», e lui mi diede retta. Dario Fo telefonava a Travaglio la mattina presto, e anche ad altri redattori del "Fatto". Bob telefona al pomeriggio.Dylan mi ha detto che voterà si al referendum. SI': con le maiuscole.Gli ho chiesto perché voterà si. Lui mi ha detto che è contrario al bicameralismo perfetto, che già ha fatto tanti danni in America, e poi non sopporta il Cnel, e vuole che sia abolito. Mi ha chiesto di farla conoscere agli italiani questa scelta di campo. Avvertirò Renzi e Boschi.Scusatemi se scherzo su cose serie come il Nobel per la letteratura, e anche sulla scomparsa di un grandissimo attore italiano, quale è stato Dario Fo. Lo faccio perché ieri ho letto i quotidiani e mi è sembrato che si fosse un po' passato il segno. Nessuno discute, naturalmente, sulle idee politiche di Dario Fo, che sicuramente è stato per molti anni un intellettuale legato alle passioni più radicali della sinistra, e poi negli ultimi anni si era spostato sulle più ambigue posizioni grilline (che è difficile definire di sinistra o di destra). Però Fo non è stato solo un militante politico: sicuramente è stato un artista, tanto che ha vinto il premio Nobel. E allora sarebbe gentile, da parte dei suoi compagni di cordata, commemorare la sua morte con un po' più di dignità, e lasciando il diritto di parlare di lui, e di piangerlo ? se lo vuole - all'Italia intera e non solo agli iscritti al partito di Grillo.Ci sono due titoli, dei quotidiani di ieri, che mi hanno davvero spaventato. Quello del "Fatto" e quello del "Giornale". Il "Fatto" addirittura ha rinunciato a commemorare Fo preferendo usare il suo nome e la sua morte per un manifesto elettorale. "Vota FO". La morte di un artista viene ridotta a un slogan per quelli che una volta - chissà se qualcuno se li ricorda - si chiamavano gli agit-prop, ed erano gli attivisti dei partiti impegnati nell'attività che il Pci chiamava di "agitazione e propaganda".L'altro titolo shock è quello del Giornale, che recita così: "Dario Fu". Che suona un po' come la presa in giro della morte, un po', forse, come una contenuta esultanza per la scomparsa dell'attore.Noi sul "Dubbio" abbiamo scritto parole di riconoscimento per il lavoro e la biografia di Fo, e anche parole di critica per quello che ci sembra sia stato un suo certo conformismo. Osservando la differenza tra la grande forza propulsiva dell'arte di Bob Dylan, e la "subalternità" alla politica, nell'arte di Fo. Dylan produsse rivolte, indicò una via di ribellione e di rinnovamento. Fo si aggregò - e seppe usare, ma anche dar voce - a un grande movimento di sovversione e di lotte, e cioè al sessantotto italiano, e poi restò sempre interno alle logiche della sinistra radicale (e infine del grillismo) senza mai spingersi in avanti, senza mai sovvertire gli schemi, o suggerire idee nuove.Si può essere d'accordo o no con queste cose che diciamo. Per esempio lo scrittore Barricco, ed altri, hanno contestato il Nobel a Dylan, perché dicono che non è un letterato né uno scrittore. Io credo che sbaglino, ma mi pare un'opinione legittimissima e anche garbata.Naturalmente è anche legittimissimo sfruttare la morte di Fo in modo rozzo per dare ossigeno a una battaglia politica. O viceversa censurarlo stampando sul suo nome la parola "FU". A me però sembra il segno dell'imbarbarimento della politica al quale stiamo assistendo, forse impotenti, da molti anni, e cioè - più o meno - da quando son ostati via via cancellati i partiti politici (a partire da quell'anno tragico che fu il 1992 di "mani Pulite"), con grande gioia dei giornali, dei magistrati, e delle potenze dell'economia. Ci abbiamo guadgnato qualcosa dall'abolizione dei partiti? Temo di no. Abbiamo perso solo un po' di democrazia e di cultura politica.La battaglia che si sta svolgendo su questo referendum è la cartina di tornasole di quest'imbarbarimento. La furia con la quale i sostenitori del Si e del No si lanciano su propri avversari, e li demonizzano, e li insultano, e tentano di demolirli - senza neppure sforzarsi di aprire una discussione vera sulla nostra costituzione, sul nostro sistema politico, sulla crisi della democrazia - mi sgomentano, e un po', anche, mi imbarazzano.P. S. Ah, dimenticavo: mi ha chiamato anche Pete Seeger. Pure lui vota sì...