Oltre ad essergli costato il posto Campidoglio, lo scandalo-scontrini rischia di mandarlo anche nelle patrie galere. La procura di Roma, infatti, ha chiesto tre anni, un mese e dieci giorni di carcere per l'imputato Ignazio Marino, accusato di aver pagato 13mila euro di cene con la carta di credito del Comune (restituiti subito dopo l'apertura dell'inchiesta) e di aver causato, tramite la sua onlus "Imagine", 6mila euro di danni patrimoniali all'Inps. L'accusa partiva da una pena base di quattro anni e 8 mesi, ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato.Questa richiesta al Gup dai pm della Capitale, per i reati contestati di peculato, falso e truffa. Al termine dell'udienza preliminare, la difesa ha invece sostenuto la richiesta l'assoluzione per non aver commesso il fatto. Il giudice Pierluigi Balestrieri deciderà nella prossima udienza, calendarizzata per la prossima settimana. I fatti contestati risalgono al periodo dal 2012 al 2014 (in piena amministrazione Marino) e sono passati alle cronache come "scontrini gate": il sindaco avrebbe «cagionato un ammanco stimato in euro 12.716» in due anni per 56 cene, pagate con la carta di credito comunale e fatte passare come "incontri istituzionali". Peculato, dunque, a cui si è aggiunta la contestazione di falso, perché il medico dem avrebbe impartito «disposizioni al personale, affinché formasse dichiarazioni giustificative inserendo indicazioni non veritiere, tese ad accreditare la natura istituzionale dell'evento e apponendo in calce alle stesse la di lui firma».Non appena informato dell'inchiesta, Marino ha provveduto a rifondere l'amministrazione e, una volta rinviato a giudizio, ha scelto la strada del rito abbreviato condizionato all'ammissione di una perizia grafologica e di una nota dell'ex capo di gabinetto, che spiegava a cosa si riferissero le spese di rappresentanza. Al termine dell'udienza, il difensore di Marino ha commentato: «È andata come preventivato, abbiamo fatto a pezzetti l'impianto accusatorio e dimostrato che il professore non ha compiuto illeciti di alcun tipo». E, nel merito dell'indagine, ha contestato il metodo investigativo: «I finanzieri sono stati superficiali perchè non hanno svolto gli accertamenti: sarebbero dovuti andare da Marino e chiedergli con chi avesse cenato quella determinata sera. E invece non lo hanno fatto. Hanno fatto il copia e incolla degli scontrini. Non solo, in base a una nostra consulenza grafologica, abbiamo dimostrato che tutti i giustificativi di spesa sono stati firmati dal capo della sua segreteria politica».Alla richiesta di reclusione avanzata dalla Procura, poi, si è aggiunta anche stangata economica: l'Avvocatura Capitolina, costituita parte civile nel procedimento contro l'ex sindaco, ha avanzato la richiesta di risarcimento di centomila euro per danno funzionale e altri cinquecentomila per danno di immagine. Seicentomila euro in tutto, «al netto del danno patrimoniale, visto che Marino ha già risarcito i 13 mila euro spesi indebitamente».Il secondo filone d'indagine ha invece riguardato la Onlus "Imagine", fondata da Marino nel 2005 e di cui è legale rappresentante: i pm contestano a lui e ad altri tre imputati di aver predisposto la certificazione di compensi per prestazioni di soggetti inesistenti, guadagnando circa seimila euro di contributi. «Marino non si è mai recato nella sede dell'Onlus e non ha mai compiuto atti di natura amministrativa per la "Imagine". Ha fatto tutto la direttrice Rosa Garofalo, come da lei stessa dichiarato. Questo capo d'accusa, come gli altri, è davvero incomprensibile», hanno sostenuto i legali dell'ex sindaco.Ignazio Marino era presente in udienza e ha preso la parola, ribadendo la propria estraneità ai fatti. Ora, ha concluso il suo legale, non resta che «attendere serenamente la sentenza del giudice».