Non un teorico delle oligarchie. Non un devoto alla liturgia delle élites salvifiche. Piero Calamandrei ricordato da Silvia sua nipote, figlia di Franco Calamandrei, mette al primo posto la partecipazione: «Crede nel dialogo tra magistrato e avvocato in Tribunale come a una forma ulteriore di celebrazione della democrazia. E soprattutto», dice Silvia Calamandrei di suo nonno, «preferisce che la Costituzione sia scritta con un linguaggio semplice, immediato, a costo che sembri un po' elementare, in modo da renderla accessibile a tutti i cittadini. E forse troverebbe farraginoso il testo della riforma che a breve sarà sottoposta a referendum». Silvia racconta tutto questo oggi a Firenze, in un incontro intitolato in modo commovente "Raccontami nonno", con la lettura di brani selezionati e l'esposizione di manoscritti. La nipote Silvia introdurrà l'evento organizzato dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Firenze, in particolare dalla commissione cultura. Sul Dubbio anticipiamo di qualche ora i contenuti di una testimonianza intensa, vera, forse la più giusta da proporre nel giorno in cui ricorrono i 60 anni dalla morte di uno dei più grandi giuristi del Novecento.Calamandrei sacralizzava la democrazia, e basta: persino nella Costituzione vede limiti e confida nella forza della sua attuazione. Ritiene quest'ultima all'altezza delle aspettative di suo nonno?Nella storia repubblicana c'è stato un momento in cui si è davvero compiuto un inveramento dei principi costituenti, e parlo del periodo compreso tra la fine degli anni Sessanta e la metà dei Settanta. Lì il dettato costituzionale si è tradotto nel nuovo diritto di famiglia, nelle leggi sul diritto alla salute come nella riforma della scuola. Non può essere un caso che si tratti di una fase in cui abbiamo avuto una partecipazione alla vita pubblica forse irripetibile. Da parte dei giovani e in generale dei cittadini.Suo nonno mette dunque al primo posto proprio questa presenza attiva dei cittadini nella vita pubblica?Sì e credo lo si colga chiaramente nei discorsi sulla scuola che deve essere non il luogo di formazione della classe dirigente ma della cittadinanza. Il cerchio si chiude nel discorso ai giovani del 1955, che è un grande appello contro l'indifferenza, basato proprio sull'idea che solo la partecipazione può consentire di attuare i princìpi della Carta.E adesso da questo punto di vista siampo in una fase involutiva?C'è un paradosso: di partecipazione continua ad essercene ma in luoghi diversi da quelli della rappresentanza democratica. Credo sia utile il confronto con la creazione negli anni Sessanta dei meccanismi partecipativi all'interno delle scuole, oggi invece assistiamo all'allargarsi di una rete di opinione, dell'associazionismo, di forme suppletive della dibattito pubblico tradizionalmente inteso. Calamandrei interviene spesso contro il cosiddetto protezionismo della politica, oggi i partiti hanno perso addirittura il ruolo di luoghi di formazione.Uno dei luoghi della democrazia, per Calamandrei, è il Tribunale.Dice in uno dei suoi discorsi che nelle aule di Tribunale si celebra parte della nostra vita democratica. Una dialettica che a suo giudizio risiede proprio nello scambio tra l'avvocato e il magistrato. In questo snodo fondamentale si realizza il valore del diritto degli individui, cioè il bene più prezioso della civiltà democratica. Mio nonno spesso allude alla toga come a un manto di legalità capace di proteggere i princìpi del vivere civile. Su questo tra l'altro Calamandrei, che è innanzitutto avvocato, pubblica uno scritto che forse non fa parte dei suoi più conosciuti.Di quale testo si tratta?Elogio dei giudici scritto da un avvocato, che dopo quasi settant'anni Paolo Borgna avrebbe contraccambiato con il suo Difesa degli avvocati scritta da un pubblico accusatore. Il valore dell'avvocato come ?sacerdote esemplare' della ?religione del giusto' è condensato in questa frase: ?L'avvocato appare come un elemento integrante dell'ordinamento giudiziario, come un organo intermedio, posto tra il giudice e la parte, nel quale l'interesse privato ad avere una sentenza favorevole e l'interesse pubblico ad avere una sentenza giusta si incontrano e si conciliano'.Democrazia da compiersi nelle aule di giustizia, partecipazione sociale come fondamento della democrazia: forse non è questo il Calamandrei più ?riconosciuto'.Lo è stato in diversi Paesi dell'America Latina subito dopo la fine delle dittature, anche grazie alle conferenze che tenne in Messico all'inizio degli anni Cinquanta. La lezione sulla giustizia, sarà sorprendente, oggi circola molto in Cina. E a Cuba lo hanno finalmente tradotto.Calamandrei è stato davvero presidenzialista?Lo è stato ma nella continua ricerca dell'equilibrio tra i poteri. Certo, è noto come per esempio nel periodo del Psi craxiano Giuliano Amato abbia dato molto rilievo alle proposte in campo presidenzialista, a questo suo coraggio nel non vederne un germe di pericolo che prefiguri le dittature. Un punto di vista sviluppato anche a partire dalla Repubblica di Weimar che è parlamentare e da cui proviene il nazismo.Lo sciopero al rovescio di Dolci è il principio costituzionale che va osservato nelle sentenze anche in contraddizione con la legge ordinaria. È una sfida che regge ancora?Ha retto in quella stessa fase del Dopoguerra in cui è cresciuta la pratica dei diritti, grazie a una stagione particolarmente illuminata anche per i giudizi della Consulta. In tempi più recenti si è affermato quasi il prevalere delle istituzioni e dei vincoli europei sulla Carta, soprattutto in materia di bilancio dello Stato.Crede che l'Italia faccia ancora onore alla propria straordinaria tradizione giuridica?Conserviamo ancora un profilo molto alto. Ce lo ricordano proprio segni come la recente traduzione in francese delle opere di Calamandrei. La tradizione e la forza del nostro pensiero giuridico hanno retto anche agli anni piuttosto difficili vissuti dalla magistratura in particolare con i governi di centrodestra.Possiamo dire che suo nonno è un giurista che crede nel bicameralismo?Certo, crede nei meccanismi di miglioramento e controllo della legislazione. E ancor di più nella necessità di una limpidezza della Costituzione. Il testo della riforma che sta per essere sottoposta a referendum lo avrebbe lasciato perplesso per la sua farraginosità.Calamandrei condividerebbe la proposta di separare le carriere dei magistrati?Penso di poter dire, da testimone diretta, che non la condividerebbe.C'è qualcosa del suo pensiero che è stato travisato?L'idea che la sua apertura al presidenzialismo lo portasse a invocare un sistema basato sul decisionismo. Anche questo non mi pare si possa dirlo e credo lo attesti tra l'altro il suo battersi contro la cosiddetta legge truffa. Che, vale sempre la pena di ricordarlo, prevedeva l'assegnazione del premio di maggioranza a una soglia enormemente più alta rispetto a quanto prevede l'ultima legge elettorale.Cosa va fatto per promuovere una più forte coscienza di quell'idea di partecipazione che per Calamandrei è lo spirito stesso della nostra Carta?Lo insegna quanto avvenuto ogni volta in cui si è lavorato con particolare dedizione nelle scuole sull'educazione alla legalità e sulla conoscenza stessa della Costituzione. Si tratta di esperienze tra le più belle che mi sia capitato anche personalmente di fare.