Nel 1979 Bettino Craxi lanciò il progetto di una grande riforma istituzionale. Quel progetto fu risucchiato nelle sabbie mobili dell'establishment istituzionale, ma fu anche contrastato in modo durissimo da alcune correnti democristiane e dal PCI nel suo complesso. Successivamente, mutatis mutandis, con personalità e forze politiche assai differenti, la dialettica fra conservazione e innovazione si è riproposta più volte. Talora la storia si ripete, in meglio e in peggio.Il peggio fu costituito dall'attacco frontale rivolto contro Craxi: Bettino Craxi fu equiparato a Benito Mussolini, all'inizio anche con divertenti vignette. Poi invece, le cose sono diventate molto più serie e drammatiche. L'appellativo "il cinghialone" fu il marchingegno mediatico per aprire una autentica caccia all'uomo che aveva per obiettivo quello di uccidere il nemico.Fortunatamente oggi lo scontro è duro ma molto meno violento e cruento anche per la ragione che coloro che sono animati da intenzioni omicide non sono all'altezza del ruolo: vorrebbero essere dei bounty killer e invece sbagliano bersaglio e si sparano sul piede. Così chi voleva a tal punto drammatizzare lo scontro da equiparare Renzi a Pinochet si è solo reso ridicolo. Detto tutto ciò, però, in quello che scrivono, sia pure con accenti e stili diversi, da un lato Bersani, D'Alema e altri della sinistra Dem, e dall'altro De Mita, Gargani e Pomicino, ritroviamo un lessico familiare dal quale a suo tempo (qualche secolo fa), come socialisti e come radicali (ciascuno a suo modo) ci siamo sempre distinti, per cui di fronte alla sua riproposizione confermiamo il nostro dissenso. Allora eravamo nella Prima Repubblica, adesso abbiamo anche perso il conto numerico della repubblica nella quale ci troviamo, perché ad essere "liquidi" non sono solo i partiti, ma anche le fasi storico-politiche propriamente dette che si accavallano e si intrecciano confusamente le une alle altre.Fatta questa premessa, vogliamo anche confrontarci nel merito e allora all'amico Paolo Cirino Pomicino che ha sottoposto la ministra Maria Elena Boschi ad uno stringente interrogatorio facendole una raffica di domande con lo stile insieme aggressivo, ironico e sfottente tipico di un pubblico ministero che ha già nella sua cartella il testo del rinvio a giudizio, rispondiamo a nostra volta non per svolgere il ruolo di avvocati difensori di cui la ministra non ha bisogno, ma perché ci sentiamo chiamati in causa visto che quella riforma abbiamo sostenuto e votato in Parlamento. Non vogliamo imitare Forza Italia che prima quella legge non solo ha votato ma anche esaltato, e che adesso invece la denuncia come la quintessenza dell'autoritarismo. Ma del resto Forza Italia ci ha abituato a questi rovesciamenti di posizione: basti pensare a quello che in più occasioni, anche al momento della sua rielezione a presidente della Repubblica, Berlusconi in persona ha detto di Napolitano, e alle successive accuse di golpismo.Ebbene, dobbiamo dire a Cirino Pomicino che le sue domande, per quanto formulate con scaltrezza, sono basate su tesi largamente infondate e sono comunque incapaci di far comprendere le modifiche introdotte dalla riforma.Cominciamo dal bicameralismo paritario che esiste solo in Italia perché in tutte le altre democrazie basate sulla forma di governo parlamentare, solo una camera è sede della rappresentanza nazionale e, come tale, è titolare del rapporto di fiducia con il governo. La riforma supera "l'inutile doppione" del Senato adottando, come nelle maggiori democrazie europee, una forma di bicameralismo asimmetrico. Il Senato rappresenta le istituzioni territoriali e svolge la funzione essenziale di raccordo tra queste e lo Stato, soprattutto al fine di riportare il contenzioso costituzionale tra Stato e Regioni entro limiti fisiologici. Cirino Pomicino dovrebbe apprezzare che la riforma individui una sede politico-parlamentare per cercare di risolvere preventivamente i conflitti di competenza anziché scaricarli sulla Corte costituzionale. Il ruolo improprio di supplenza della Consulta deriva proprio dalla mancanza di una sede politico-parlamentare di raccordo tra Stato e Regioni. O Cirino Pomicino preferisce lo status quo, cioè l'attuale titolo V e l'abnorme contenzioso costituzionale che esso ha generato, con grave danno per la certezza del diritto e l'economia del Paese? Riforma del titolo V e Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali, con la fiducia espressa dalla sola Camera dei deputati, sono le due facce complementari della riforma.Il nuovo procedimento legislativo è conseguente a questa impostazione. La gran parte delle leggi (diciamo il 95%), tutte quelle che riguardano l'indirizzo politico e l'attuazione del programma di governo, compresa la legge di stabilità e di bilancio, seguiranno il semplicissimo procedimento legislativo ordinario con ruolo prevalente della camera politica: i disegni di legge vengono esaminati e approvati dalla Camera, il Senato può proporre modifiche entro tempi certi, la Camera decide in via definitiva. Che c'è di complicato o "pasticciato" in questo procedimento?Solo le leggi costituzionali ed alcune leggi ben individuate, di natura prevalentemente ordinamentale, continueranno a seguire il procedimento legislativo bicamerale paritario (legge sui referendum, legge elettorale del Senato, ordinamento e organi di governo di Comuni e Città metropolitane, legge "Moavero", ratifiche dei trattati relative all'UE, casi di incompatibilità e ineleggibilità con l'ufficio di senatore, Roma capitale, ecc, come elencato nell'articolo 70). Si tratta, al più, del 5% delle leggi, che si modificano una tantum, e che non riguardano l'indirizzo politico. Le perplessità, a nostro avviso, possono riguardare solo la competenza paritaria sulle leggi costituzionali e sulle ratifiche dei trattati relativi all'UE, ma questa scelta è frutto delle mediazioni parlamentari e della difficoltà di superare "il paradosso del riformatore che deve riformare se stesso". Ma è incontrovertibile che questa riforma del bicameralismo paritario è di gran lunga la migliore rispetto a tutti i testi prodotti in questi trent'anni dalle molteplici commissioni bicamerali e dagli altri tentativi di riforma, non a caso falliti proprio per l'incapacità di realizzare intese sufficientemente ampie e di superare il famoso paradosso di cui sopra.A questo punto torniamo alla domanda: "E' vero che la scomparsa del bicameralismo perfetto è un falso? " La domanda è evidentemente posta con furbizia, perché il bicameralismo paritario rimane per il 5% delle leggi; ma, stante il contenuto della riforma dianzi descritto, è di tutta evidenza come la domanda sia anche capziosa, volta a trarre in inganno, a generare confusione, e non rendere intellegibile la profondissima differenza tra il sistema vigente e quella previsto dalla riforma.Anche le altre domande sono formulate con la stessa capziosità e meritano tutte una risposta negativa.Quella sull'invio alla Corte di "ogni legge" per un giudizio preventivo di legittimità, su richiesta di minoranze parlamentari (un quarto dei deputati o un terzo dei senatori), è del tutto infondata: questa possibilità riguarda solo le leggi elettorali di Camera e Senato.Sull'elettività del Senato, la domanda è evidentemente formulata per impaurire gli elettori, prospettando loro scenari anti-democratici in quanto la riforma violerebbe il principio della sovranità popolare. Ma le cose non stanno così. L'esperienza europea è piena di Senati non elettivi, o non pienamente elettivi, che partecipano al procedimento legislativo, non solo Germania e Gran Bretagna, ma anche Francia, Austria, Belgio, Spagna, Paesi Bassi. E, in ogni caso, ricordiamo che: a) i Consiglieri regionali e i Sindaci non sono affatto privi di legittimazione democratica perché sono eletti, i primi proprio con le preferenze, i secondi direttamente dai cittadini; b) la riforma prevede che il Senato sia eletto dai Consigli regionali ma "in conformità alle scelte espresse dagli elettori", una previsione che non potrà essere elusa perché anche la legge elettorale del Senato potrà essere sottoposta al giudizio preventivo di legittimità da parte della Corte costituzionale.Quanto all'Italicum, va detto innanzitutto che la riforma costituzionale non riguarda il sistema elettorale e nulla impone quanto alla sua scelta, esattamente come la Carta del 1948. Anche il nuovo assetto costituzionale è pertanto compatibile con una pluralità di sistemi elettorali, da quelli iper-proporzionali a quelli iper-maggioritari. La riforma costituzionale contiene una sola novità per quanto riguarda la legge elettorale, l'introduzione di una importante garanzia, vale a dire il sindacato preventivo di legittimità costituzionale su ogni legge di modifica del sistema elettorale (sia della Camera che del Senato), al fine di evitare che essa possa essere applicata e produrre effetti senza essere stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale. E questo sarà possibile anche sul c. d. Italicum, approvato prima della riforma costituzionale, grazie ad una apposita norma transitoria. Pertanto, l'Italicum potrà essere sottoposto al giudizio della Corte costituzionale sulla base dei ricorsi presentati da minoranze parlamentari entro dieci giorni dall'entrata in vigore della riforma costituzionale. E ancor prima, la Corte si potrà pronunciare sui ricorsi presentati in via "incidentale" da alcuni tribunali. Pertanto, la Corte costituzionale potrà comunque correggere eventuali errori e vizi di costituzionalità. Ma anche a prescindere dalle decisioni della Corte, l'Italicum potrà comunque essere modificato se le forze parlamentari raggiungeranno un'intesa al riguardo, come Area Popolare auspica (in particolare per l'attribuzione del premio anche alla coalizione e per l'eliminazione del ballottaggio, assegnando un premio congruo che favorisca la formazione di una maggioranza di governo ma che non ecceda un determinato numero massimo di seggi, in ossequio alla sentenza n. 1/2014).Quanto alla scelta degli eletti, facciamo presente a Cirino Pomicino che nelle maggiori democrazie europee i candidati da eleggere sono scelti attraverso collegi uninominali o liste bloccate corte, non esiste il voto di preferenza (eccetto la Polonia), ma in questi paesi nessuno parla di "nominati". Il voto di preferenza è invece reintrodotto proprio dall'Italicum per la Camera dei deputati e riguarderà certamente 240 eletti della maggioranza e anche molti eletti delle altre liste, anche quelle minori (proprio grazie alla possibilità di candidature plurime).In conclusione, la riforma non realizza alcuna deriva autoritaria. Anzi rafforza la forma di governo parlamentare nel suo complesso, perché dà più autorevolezza e centralità alla sede unica della sovranità popolare.Accresce il sistema delle garanzie, pone forti limitazioni alla decretazione, prevede lo statuto delle opposizioni, obbliga a non lasciare nei cassetti le leggi di iniziativa popolare, rafforza lo strumento del referendum. Non consente affatto alla sola maggioranza di governo di eleggere il Presidente della Repubblica perché il quorum di elezione è più elevato, cioè i 3/5.E velocizza, eccome, il processo legislativo, in particolare attraverso i disegni di legge "a data certa", cioè con l'introduzione di quella "corsia preferenziale" che Spadolini aveva proposto già nel 1982!Insomma, vengono rafforzati i due poteri, il Legislativo e l'Esecutivo, la cui legittimazione deriva dalla sovranità popolare, poteri oggi sovrastati dagli altri due poteri, Magistratura e Media (il doppio "fattore M", secondo la definizione di Mauro Calise), poteri oggi non solo indipendenti, come necessario, ma troppo spesso irresponsabili nei confronti di un attore terzo. Possibile che Cirino Pomicino si opponga ad un più corretto bilanciamento di questi poteri che indubbiamente deriverebbe da un sistema istituzionale più stabile e forte?La riforma non è certamente esente da difetti e lievi incongruenze (quante ve ne sono nella carta del 1948!) inevitabili dovendo la politica continuamente mediare di fronte a tante voci e propose. Ma si tratta di una buona riforma che modernizza il nostro sistema istituzionale avvicinandolo finalmente a quello delle maggiori democrazie europee.