Per un talent dieci edizioni sono tante. Anche troppe. Ma ci sono quei format che se coccolati, curati e innovati senza rivoluzionarli solo per il gusto di farlo, crescono anche dopo tanto tempo. Soprattutto se le intuizioni e i cambiamenti sono ben ideati e volti a rendere la trasmissione più interessante sotto il profilo della varietà e della qualità. A Sky e Freemantle lo sanno, e questa volta dopo qualche passo falso, soprattutto nella scelta dei giudici - non sempre adatti, ma costantemente capaci di bucare lo schermo -, hanno fatto centro.Sì, ammettiamolo. Eravamo tutti prontissimi col dito sullo smartphone a criticare con sapidi tweet, magari anche un po' sbeffeggiare il buon Manuel Agnelli, reo di aver rotto quella regola da salotto radical chic che se fai il musicista indipendente, alternativo e underground, no, in tv a far soldi non puoi andare. Manuel, quando fu annunciato, lo disse senza problemi che le ragioni dell'abbraccio a questa nuova avventura erano dettate dal conto in banca - e di quanto il fatto che sia a più zeri ti assicuri libertà creativa - e dalla curiosità. E lo abbiamo visto sul piccolo schermo, l'altroieri. Manuel ricopre il suo ruolo con professionalità e rigore, ma anche con una simpatia ruvida che cattura lo spettatore. Non è lui a piegarsi al mezzo e al format, ma il contrario. Gioca con la sua immagine "triste" - ci aveva avvertito dicendo "sarò antipatico e arrogante" - e con la sua diversità rispetto agli altri tre giudici, in modo da ritagliarsi una nicchia e una luce che lo rendono protagonista nonostante non faccia nulla (apparentemente) per esserlo. Lui non ha bisogno di Morandi che gli dà del gay (vedi Fedez), né delle faccette di Arisa o della "figaggine" di Alvaro Solér (altra sorpresa), gli sufficiente dire, con minacciosa calma, «io sono qui per questo, questo è il mio compito» per rimettere tutti in riga e dire che Manuel Agnelli è sempre lui, ovunque sia. E sarà lui la pietra miliare di questa edizione, sarà lui probabilmente ad aprire anche ad un altro pubblico questo talent. X Factor, in fondo, ha conquistato molti per la sua capacità di volare alto senza mai smettere di essere pop, anche grazie a un casting di livello. Ma soffriva, ormai, di un meccanismo consumato, forse un po' scoperto, di sicuro eccessivamente affidato alle paturnie di chi giudicava.Agnelli fa capire che la musica è al centro: ok lo spettacolo, lo show e pure Gianni Morandi, che una volta di più dimostra di aver capito tutto di questo nuovo millennio e dei suoi segreti social-mediatici. Ma qui si canta e suona, si cercano nuovi talenti e il duro lavoro di trovarli qualcuno deve pur farlo. È cattivo Manuel, come lo è un professore di liceo onesto e all'antica che, appunto, non ha paura di cantarle e suonarle agli asini. È moderno nella messa in scena di se stesso, in sottrazione e perfettamente consapevole, affidata a poche parole, incisive, a sguardi mai gigioni. Non c'è più l'isteria di Morgan, gli urli e l'emotività scomposta di Skin, la ferocia bipolare di Mika. No, qui c'è un musicista che se ne frega di sentirsi e farci sentire comodi, non vuole mettere nessuno, neanche se stesso, a proprio agio. Allo stesso tempo non c'è nulla di compiaciuto e gratuito nel suo atteggiamento, c'è Manuel Agnelli. Alla faccia degli snob che pensano che la tv corrompa: lo fa solo con chi è disposto a farsi piegare da quelle logiche. Lui è lì e ai cani stonati dice che lo sono con sincerità inusuale in tv, in particolare agli youtubers, non ha bisogno di giocare con le altre primedonne, lui ha il suo carisma. E alla fine offusca gli altri: Arisa, che pure ormai è animale televisivo collaudato, si è fatta la prima puntata con il freno a mano tirato, nel look come nel programma. Fedez fa il padrone di casa, è molto a suo agio, ma siamo sicuri che farà meglio e sarà interessante capire come e se troverà un terreno di dialogo con il leader degli Afterhours. Alvaro Solér è sorprendente: gioca con la sua immagine, facendo sdilinquire le concorrenti con corteggiamenti ironici, ci tiene a offrire primi piani ormonali, ma con il suo italiano stentato ma buono fa capire che non sarà una bella statuina. O almeno ci prova. Ultime parole per Alessandro Cattelan: ovviamente le prime puntate lo rendono marginale, ma la sua partenza volta a ridicolizzare la retorica xfactoriana è da maestro.Ormai lui e i suoi autori sono un passo avanti a tutti, ha una padronanza di ritmi e parole, del mezzo tv e del format, che sono rare qui all'estero. Il migliore, nel suo ruolo, forse perché riesce a lavorare duro e a divertirsi parecchio. Se continua così, la sua carriera potrà diventare "all'americana", alla David Letterman. Basta solo avere un altro po' di coraggio.