All'indomani del terremoto, che ha devastato Amatrice ed i territori circostanti, si è immediatamente alzata la rituale litania sui mancati investimenti a tutela del territorio, sulla necessità di affrontare in modo organico ed efficace il problema della stabilizzazione del territorio italiano, sulla opportunità di mettere a punto un progetto che valga per il futuro e che consenta di evitare il ripetersi di disastri così luttuosi. A questo progetto, cui anche il governo dice di aver aderito, è stato dato anche un nome: quello di Casa Italia. Nessun dubbio sulla perfetta buona fede e sulle intenzioni di chi oggi si esibisce nella litania e mostra di voler concretamente realizzare il progetto.I dubbi, tuttavia, vengono se si guarda alla questione sotto un altro profilo. L'attuale sistema istituzionale italiano è caratterizzato da un potere di blocco riconosciuto a qualsiasi gruppo che sia minimamente organizzato. Basta pensare a quello che nei vari anni è successo prima alla legge finanziaria e poi alla legge di stabilità per avere un'idea quanto mai appropriata di quanto forte possa essere la capacità di bloccare ogni decisione da parte di gruppi anche minoritari e di quanto, alla fin fine, sia fortemente ridotta la capacità di decidere della cosiddetta maggioranza. Basta, per averne un'idea, pensare alle mediazioni cui è dovuto ricorrere il governo Prodi per ottenere in Senato l'approvazione della legge finanziaria.Ebbene, se si ha presente tutto questo, è credibile che con l'attuale sistema costituzionale possa essere realizzato il progetto Casa Italia? La realizzazione di un progetto del genere richiede, inevitabilmente, l'investimento di risorse enormi per più anni. Un vincolo siffatto, a parole condiviso da tutti, si tradurrebbe nella realtà in una diminuzione delle risorse cui aspirano i gruppi e gruppetti, che al loro soddisfacimento condizionano il consenso sia elettorale e sia parlamentare. Lo stanziamento delle risorse occorrenti, siccome dovrebbe comunque essere oggetto di approvazione da parte del Parlamento, richiederebbe da parte di tutti un livello di consapevolezza, di senso civico, di capacità di guardare al futuro, in buona sostanza di maturità politica e democratica, che l'esperienza passata non incoraggia a ritenere esistente.Un progetto come quello di Casa Italia può, perciò, essere portato avanti solo da un esecutivo forte e stabile, che non deve negoziare la propria sopravvivenza giorno per giorno accontentando di volta in volta tutti i gruppi che condizionano il loro consenso al soddisfacimento delle loro pretese. Un progetto del genere richiama, per entità delle risorse coinvolte, fatte le debite proporzioni, la riforma sanitaria che Obama ha realizzato e voluto negli Stati Uniti. Riforma che, appunto, è stata possibile proprio per le caratteristiche di quel sistema istituzionale, il quale ruota intorno ad una figura, quale quella del Presidente, che può contare su una prospettiva di stabilità per tutto il mandato. Il che non toglie certamente che si tratti di un sistema democratico e che, alla fine del mandato, gli elettori possano liberamente esprimersi per eleggere un nuovo Presidente.Queste considerazioni portano, inevitabilmente, a ritenere allora che le critiche alla riforma costituzionale fondate su un presunto deficit di democraticità che la medesima introdurrebbe, sono palesemente infondate. Esse appaiono, in realtà, la manifestazione del rifiuto, che tutti i gruppi hanno, di voler perdere quel potere di blocco che sta ingessando l'Italia, la sua economia e la sua vita istituzionale da diversi decenni. Proprio la vicenda del terremoto e le carenze che il medesimo ha messo in rilievo, sottolineano che un rafforzamento dell'esecutivo è assolutamente necessario. Il progetto Casa Italia intanto può essere realizzato in quanto abbia alle spalle una volontà politica forte e non condizionata dalla necessità di raccattare, di volta in volta, il consenso di tutti.