Quando, venerdì scorso, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha incontrato a Varsavia i leader dei paesi (Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria) che fanno parte del gruppo di Visegard, l'atmosfera del vertice non deve essere stata delle più serene. Solo qualche ora prima, parlando dai microfoni della radio nazionale, il premier magiaro Victor Orban, capo del partito ultranazionalista Fidesz, aveva rilasciato alcune dichiarazioni tranchant che hanno appesantito il compito diplomatico di frau Merkel. Per Orban, infatti, l'attuale sbarramento che corre lungo i 175 km della frontiera tra Ungheria e Serbia non è più sufficiente. La barriera costruita da esercito e disoccupati nel luglio del 2015, nel momento della massima pressione dei profughi provenienti in maggioranza dalla martoriata Siria (secondo le autorità ungheresi lo scorso anno sono state 400mila le persone che hanno attraversato il confine per arrivare in Europa occidentale), è alta 4 metri ed è composta di filo spinato e altro materiale tagliente, condizioni però che non sembrano garantire un'effettiva "protezione" per i confini ungheresi. Via dunque alla costruzione di un secondo muro ancora più difficile da penetrare anche se i dettagli - si parla genericamente di nuove tecnologie - non sono ancora stati resi noti. Inoltre Orban ha anche annunciato che verrà incrementato il numero di poliziotti che presidia la frontiera che passerà da 43mila a 47mila.I falchi di Visegard contro Berlino«I confini non si difendono con fiori e pelouche, ma con barriere, soldati e armi» ha affermato il leader ungherese, una dichiarazione che dunque ha pesato fortemente sui colloqui di Varsavia; gli altri paesi di Visegard hanno colto al volo l'occasione per incalzare la cancelliera tedesca sui temi della sicurezza, soprattutto hanno fatto registrare alla Merkel la netta opposizione ad una politica basata su quote di migranti da ricollocare nei paesi dell'ex cortina di ferro decisa dalla Ue. Ad esempio il premier ceco Sobotka ha parlato essenzialmente della creazione di un esercito comune europeo e non certo di accoglienza. Anche i polacchi, per bocca del primo ministro Beata Szydlo si sono espressi per un pacchetto di aiuti umanitari in Medio Oriente e Africa invece di consentire l'ingresso dei profughi. Dal canto suo, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, la Merkel ha preferito non forzare troppo la mano concentrandosi nel sottolineare quello che è l'intento del suo viaggio in giro per l'Europa.Il tour di Angela MerkelL'incontro con i falchi di Visegard è stato solo il primo, la sera stessa infatti la cancelliera si è confrontata con Olanda, Svezia, Danimarca e Finlandia, sabato ha visto i massimi rappresentanti di Austria, Croazia, Bulgaria e Slovenia. Un tour che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe servire a ricompattare la Ue prima del vertice - il primo del dopo Brexit - di Bratislava il 16 settembre. In questo senso Angela Merkel non ha mancato di ricordare come la decisione di non tenere il summit con i 27 paesi dell'Unione a Bruxelles rappresenta il tentativo di avvicinare un po' i leader all'Europa reale. Le mine disseminate da Orban però mostrano pericolosamente quella che potrebbe essere la "vera" Europa. Le dichiarazioni ungheresi infatti hanno puntato l'accento sull' inazione della Ue per quanto riguarda i profughi, Orban rivendica il diritto dei singoli stati a trattare questo gigantesco problema non cedendo sovranità all'Unione. In questo senso devono essere lette le parole del leader magiaro, a margine dell'incontro di Varsavia, che ha invitato la Commissione europea a smettere «di fare politica» e di cedere potere alle capitali.Il referendum magiaroUna posizione alla quale potrebbero seguire ben presto dei fatti concreti quando saranno resi noti i risultati del referendum che si terrà in Ungheria il 2 ottobre. Il quesito, al quale risponderanno i cittadini magiari, è chiaro: volete o no che la Ue possa obbligare l'Ungheria senza l'autorizzazione del parlamento nazionale al ricollocamento di cittadini non ungheresi? La sensazione è che il risultato sia abbastanza scontato in senso negativo. A Budapest e in tutto il paese la campagna del "no" è incentrata sulla paura dei migranti. I manifesti che campeggiano sui muri delle città indicano gli immigrati come autori di attacchi terroristici e molestatori di donne. Toni di odio che probabilmente il governo ungherese spera di utilizzare a suo vantaggio cercando di fermare la ricollocazione di migranti che, almeno nelle previsioni, dovrebbero essere circa 1300.L'accordo Ue-Turchia non funzionaOrban non ha nascosto come la decisione di costruire un secondo muro risieda nella paura che fallisca l'accordo tra Ue e Turchia del marzo scorso. Un'eventualità a dire il vero non del tutto infondata. Secondo l'agenzia Irinews, che fino al 2015 era parte integrante delle Nazioni Unite ed è ora indipendente, si è trattato di un accordo risultato controverso e con basi non molto solide fin dalle prime battute. Secondo l'agenzia fino ai mesi di giugno-luglio non si erano raggiunti numeri significativi di respingimenti e si sono moltiplicati i ricorsi di profughi siriani che dalla Grecia venivano deportati in Turchia. Inoltre è apparsa chiara l'intenzione di Erdogan di anteporre al mantenimento dei profughi nei campi e, man mano, la registrazione per i ricollocamenti in altri Stati europei, la richiesta dell'abolizione del visto che i cittadini turchi in entrata nella Ue.La tragedia dei migrantiNonostante tutte le ragioni proclamate da Orban per giustificare la costruzione di un secondo muro, ormai in Ungheria di migranti non ne rimangono molti. A causa di una modifica alla legge sull'immigrazione le autorità magiare possono respingere in Serbia chiunque abbia attraversato il confine illegalmente e venga catturato nei primi 8 chilometri di territorio ungherese. L'Alto Commissariato per i rifugiati dell'Onu (UNHCR) ha inoltre più volte denunciato i metodi sbrigativi e violenti dei poliziotti ungheresi. I profughi si ammassano nel campo attrezzato di Subotica gestito dalle autorità di Belgrado ma il costante sovraffollamento sta rendendo la vita molto dura. Esistono poi altri due campi, Kelebija e Horgos, lungo la frontiera serbo-ungherese per coloro che intendono entrare legalmente. Qui, secondo il New Internationalist Magazine, sono presenti 400 e 200 persone e come riporta il sito Moving Europe le condizioni sono tragiche sotto tutti i punti di vista. Gli ungheresi però accettano solamente 30 persone al giorno, 15 da un campo e altrettante dall'altro. Di questi, 14 sono membri di famiglie, mentre viene accolto solo un maschio che viaggia da solo, in questa maniera le attese per l'ingresso sono lunghe ed incerte.