Continui episodi di violenza causati anche dalle forti criticità sanitarie per la cura dei tossicodipendenti e la quasi totale assenza del magistrato di sorveglianza. È una situazione esplosiva quella del carcere modenese di Sant'Anna. Da mesi è un continuo susseguirsi di risse, gesti autolesionisti, botte da orbi tra guardie penitenziarie e detenuti. La struttura ad oggi è un luogo ad altissimo rischio, sia per la salute degli agenti di polizia penitenziaria, sia per l'incolumità stessa dei detenuti. L'ultimo episodio risale al 18 agosto scorso quando un detenuto extracomunitario, per evitare che venisse trasferito un altro ristretto nella sua cella, ha tentato di ribellarsi. L'uomo avrebbe aggredito il personale intervenuto e sarebbero serviti tre poliziotti penitenziari per bloccarlo e riportare la calma nel reparto: a seguito delle botte ricevute i tre agenti sono stati medicati e refertati con sette giorni di prognosi a testa. Qualche giorno prima, a ferragosto, era andata in scena un'altra aggressione che ha visto protagonista un detenuto extracomunitario che ha minacciato un ispettore e l'agente di servizio in infermeria brandendo una lametta per poi utilizzarla sul suo corpo provocandosi diversi tagli. Dopo una lunga trattativa per far desistere il detenuto dal tagliarsi, le guardie sono riuscite a convincerlo a medicarsi. Il detenuto ha poi deciso di barricarsi in infermeria, facendosi scudo con le sedie e il lettino, costringendo gli operatori penitenziari ad immobilizzarlo e, a fatica, ad accompagnarlo in isolamento.Ma ci sono state anche risse tra detenuti. A luglio ne era scoppiata una tra detenuti italiani e marocchini. Così aveva riferito il Sappe: "Un marocchino ha riportato la frattura del setto nasale, mentre un italiano ustioni su varie parti del corpo, a causa del lancio di olio bollente". E aveva concluso: "Solo grazie all'intervento della polizia penitenziaria è stato scongiurato il peggio". I sindacati della polizia denunciano che la situazione, per loro, è diventata insostenibile e per protesta circa 130 appartenenti al Corpo, in servizio al reparto di Modena, hanno presentato una istanza di assegnazione ad altre strutture. Ma quali sono le cause di tanta violenza? Il carcere, attualmente, risulta sovraffollato. Secondo gli ultimi dati messi a disposizione del Dap, su una capienza massima di 372 detenuti, ve ne sono ristretti 444. Ma non è quello il fattore scatenante. Il sindacato della polizia Alsippe ha emanato un comunicato dove ha spiegato i veri problemi. Non solo denuncia alcuni aspetti critici nella gestione amministrativa del carcere, ma parla di "problematiche di carattere sanitario dovute principalmente all'assenza di consapevolezza da parte del servizio sanitario preposto all'attività carceraria, che continua a effettuare interventi di cura non adeguati soprattutto per quei detenuti con gravi problemi di tossicodipendenza". Poi il sindacato spiega che il carcere modenese ormai "viene utilizzato ciclicamente per ospitare detenuti particolarmente violenti e che vengono trasferiti da altri istituti penitenziari per ragioni di sicurezza".Ma c'è anche un altro grave problema che contribuisce al disagio che provano i detenuti e che poi riversano in atti di violenza. A luglio è stata denunciata l'assenza totale del magistrato di sorveglianza il quale da più di otto mesi non va al carcere di Sant'Anna per ricevere i detenuti. Una situazione stigmatizzata anche dalla Garante regionale dei detenuti Desi Bruno. Il ruolo del magistrato di sorveglianza è importante: è colui che deve conoscere le storie dei detenuti e il loro fascicolo, è lui che deve decidere sulla detenzione. Sono tanti i detenuti che hanno avuto gravi problemi per i ritardi delle pratiche che permettevano loro di uscire dal carcere con pene alternative. E nascono anche storie tragiche. Come quella di un uomo con problemi di salute mentale che si è impiccato in cella poche ore prima che gli fosse notificata l'idoneità per scontare la pena ai domiciliari in una casa di accoglienza. O come un carcerato che aveva chiesto la libertà anticipata ma che per ottenere udienza al Tribunale del magistrato di sorveglianza ha dovuto aspettare e quando ha ottenuto ragione aveva già scontato due mesi in più di quanto doveva.Sono casi accaduti al carcere di Sant'Anna, ben noti anche agli operatori interni alla struttura. Tra i tanti c'è la storia tristissima di un 53enne che, avendo precedenti per piccoli reati, aveva patteggiato un anno di carcere nel 2011 diventato definito nel 2015. Ed era stato portato a Sant'Anna nell'aprile 2015: parliamo di un uomo minato nella salute dall'alcolismo, in cura al Centro salute mentale e che prima di essere ristretto era ospite di una casa di accoglienza in montagna. In carcere tutti si sono accorti di quanto fosse fragile. I suoi avvocati avevano avanzato richiesta per fargli scontare i mesi restanti in quel centro in Appennino. Tutti lo controllavano sapendo quanto fosse depresso. Ma lui non ce l'ha fatta e a fine luglio si era impiccato. Ma non è morto subito. Seppur prontamente soccorso, la sua agonia è durata in ospedale fino a gennaio scorso. Quando si muore in ospedale, il nome non rientra nemmeno tra le statistiche dei suicidi in carcere.