Come avviene in tutti i gialli che si rispettano, anche quello che riguarda i nuovi rapporti fra Putin ed Erdogan richiede che si faccia un passo indietro. Giustamente Giuliano Ferrara ha già scritto più volte su Il Foglio che le posizioni di Trump sono cosi aberranti e - aggiungiamo noi - cosi pericolose in politica estera che non si può non convergere sul politicamente corretto espresso oggi dal Partito Democratico e dalla candidatura di Hillary Clinton. Se però si vuole fare una analisi a trecentosessanta gradi si deve partire dal fallimento in politica estera, per opposte ragioni, delle due ultime presidenze americane, quella di Bush Jr e quella di Barak Obama: quella di Bush per un eccesso di interventismo, per di più gestito in Iraq in modo cervellotico, quella di Obama per essere partito con l'intenzione di una totale ritirata degli Usa dall'Afghanistan, dall'Iraq, da una sostanziale astensione in Siria all'appoggio alla fratellanza musulmana in Egitto, alla crescente conflittualità con Israele, all'inusitato intervento in Libia. Per di più Obama ha dovuto poi fare modifiche parziali e affannose in corso d'opera, con situazioni - in primis quelle in Siria e in Libia - già molto pregiudicate. Bush jr in Iraq non solo intervenne a sproposito, ma poi fece di peggio: sciogliendo il Baath e l'Esercito iracheno dando il via libera alle elezioni, ha consegnato il potere agli sciiti, ha dato via libera all'influenza iraniana, ha fatto impazzire i sunniti che prima hanno messo in campo un terrorismo parcellizzato e poi hanno contribuito a far crescere Daesh che ha come quadri gli ufficiali dell'esercito di Saddam Hussein.A sua volta Obama dichiarando il ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan e dall'Iraq, ha rischiato di provocare il collasso di entrambe queste due realtà, per cui ha poi dovuto ricorrere affannosamente ai ripari. Ancora peggio ha fatto Obama in Siria: non ha appoggiato la prima versione della Rivoluzione Siriana che era laica e filo occidentale per cui ha favorito l'innesco in essa dello jihadismo e poi su Assad - che per conservare il potere sta massacrando il suo popolo, provocando anche la fuga di milioni di siriani nel 2013 ha usato armi chimiche - non è intervenuto. È da quel momento che Putin, che già aveva mostrato le sue ambizioni imperiali nell'Europa del Nord ha accentuato il suo intervento in medio Oriente, in primo luogo per favorire Assad contro ogni forma di Rivoluzione Soiriana infine intervendo anche contro Daesh. Per tutta questa fase Putin si è scontrato con la Turchia di Erdogan, accusandolo anche di connivenze con Daesh. Nei confronti poi di Erdogan, a suo tempo l'Europa, specie la Germania nel 2002-2003, ha commesso l'errore gravissimo di non accettarne la richiesta di adesione all'Europa. Allora ha prevalso in Turchia una spinta islamista che Erdogan interpreta in una chiave autoritaria di potere personale. Abbiamo avuto l'impressione che i servizi russi abbiano avvertito in anticipo Erdogan del golpe che si preparava e di cui però egli stesso aveva qualche sentore. A fronte di ciò nella notte decisiva del golpe, per quattro lunghe ore gli occidentali - Obama in testa - hanno taciuto. Tutto ciò sta provocando una reazione di Erdogan che, a sua volta, sta utilizzando il fallito golpe per una svolta islamista autoritaria per conquistare tutto il potere in una chiave personale e illiberale. A questo punto scatta l'intesa Putin-Erdogan, che per un verso hanno tuttora una posizione diversa sulla Siria, ma che per altro verso possono essere definiti con questa battuta: "dio li fa e poi li accoppia". Identiche smisurate ambizioni geopolitiche, identica propensione alla gestione autoritaria del potere, identico contrasto in questa fase con gli Usa e col mondo occidentale. Tutto ciò avviene per l'attuale vuoto della politica americana e per l'opportunismo di una parte dell'Europa, Italia compresa, che vede la Russia, come la Cina, solo come area di intervento economico e non ne coglie la strategia geopolitica. Invece, per parte sua, la Russia punta a mettere in scacco gli Usa e a destabilizzare l'Europa, da un lato agganciando Erdogan e dall'altro lato stabilendo rapporti con tutte le forze populiste dalla Le Pen alla Lega Nord e ultimamente al movimento 5Stelle. Per di più proprio in queste ore la Russia sta riaprendo la conflittualità con l'Ucraina: solo degli sprovveduti possono credere che l'Ucraina, già in affanno di fronte al permanente attacco militare dei separatisti e dell'esercito russo nel Don Bass possa riaprire la questione Crimea. A nostro avviso si profila una situazione pericolosissima: la dichiarazione di Putin sulle possibili rotture delle relazioni diplomatiche e sulla inutilità del ritorno al gruppo della Normandia per una mediazione può preludere a tutto, anche a un altro intervento militare reso possibile dall'inesistenza dell'Europa e dal fatto che gli Usa sono in campagna elettorale per le presidenziali.Fabrizio Cicchitto NCD Presidente Commissione Esteri Camera Deputati