Visto che non lo ha fatto nessuno, ci provo io a chiedere scusa a Bianca Berlinguer. Ma non per il torto che le avrebbero fatto gli amici di Matteo Renzi a toglierle la direzione del Tg3. La fine di una direzione nel nostro mestiere di giornalisti è una cosa che si deve mettere nel conto nel momento stesso in cui comincia.Personalmente sono peraltro convinto che se l’intenzione era veramente quella di penalizzarla, l’operazione appena compiuta ha tutte le premesse per rivelarsi un’autorete. L’esposizione di Bianca, nei nuovi spazi che le sono stati assegnati, risulterà maggiore e non minore di quella da lei procuratasi dirigendo e spesso anche conducendo il suo telegiornale. Se fossero queste le rimozioni, ci metterei la firma.No. Le scuse che spettano a Bianca Berlinguer sono per le solidarietà troppo pelose che le sono giunte da giornalisti di area, diciamo così, di centrodestra. Che, pagato il conto all’antirenzismo condividendo sul versante opposto alla sinistra del Pd le proteste per le motivazioni politiche del cambiamento operato al vertice del Tg3, le hanno fatto il torto, che non meritava e non merita, di rinfacciarle più o meno chiaramente, o allusivamente, le origini secondo loro politiche della sua carriera. Le hanno cioè rinfacciato – andiamo al sodo - di essere figlia di Enrico Berlinguer.Dalle colonne del Giornale di Indro Montanelli fui abitualmente critico dell’allora segretario del Pci, anche se grato professionalmente di avere colto l’occasione di una mia domanda, in una Tribuna Politica di fine 1981, per annunciare “l’esaurimento della spinta propulsiva della rivoluzione comunista d’ottobre”. In Polonia, per scongiurare l’invasione sovietica, che sarebbe stata doppiamente rovinosa sul piano politico dopo l’elezione di un polacco a Papa, si era appena insediato alla guida del governo con la proclamazione della legge marziale un generale di cui a Mosca si fidavano: Wojeicech Jaruzelski.Ricordo ancora nitidamente il volto cereo del mio amico Tonino Tatò, che gli sedeva accanto come portavoce, quando Berlinguer pronunciò quelle parole, forse ancora più clamorose dell’intervista a Giampaolo Pansa, allora al Corriere della Sera, in cui il segretario del Pci aveva dichiarato qualche anno prima di sentirsi pure lui protetto sotto l’ombrello della Nato.La stima che merita la memoria di Berlinguer, al di là del dissenso politico, non ha comunque nulla a che fare con le scuse dovute alla figlia Bianca. Rinfacciarle praticamente il cognome che porta, ricordando appunto la presunta origine politica della sua assunzione alla Rai e della successiva carriera, la ritengo personalmente una mascalzonata. Per giunta doppia perché compiuta da giornalisti, cioè da colleghi, che come casta competono con le altre di cui si occupano facendo loro giustamente le pulci, a cominciare dalla corporazione giudiziaria.Sarebbe troppo impietoso fare il conto dei figli e figlie, ma anche dei cugini, nipoti, fidanzate, mogli e amanti di giornalisti che hanno avuto ed hanno più fortuna, diciamo così, di altri colleghi. Scusaci, quindi, cara Bianca. E buon lavoro. Hai ringraziato tutti, di ogni parte, per la solidarietà espressati, ma non tutti lo meritavano.